LO PSICOLOGO GREGORI

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Mi stavo stritolando le dita aspettando che qualcuno entrasse.
Dei passi catturarono la mia attenzione e nell'ufficio fece capolino un uomo grassoccio e abbastanza allegro.
Era quasi del tutto pelato, tranne sui lati della testa che erano occupati da ciocche di capelli rossicce.
Una barba rossiccia, folta e ben curata gli ornava il viso. Era un'uomo molto elegante ed ordinato.
- Oh, salve! Scusi il ritardo!- dalle sue labbra spuntarono delle parole con un accento irlandese irritantissimo.
Il colletto della camicia color canarino gli stava stritolando il collo gonfio.
Prese entrambi gli indici e fece per allargarsi quella specie di collare.
Poi prese una valigetta 24 ore e la posò sulla scrivania tirando fuori un paio di semplici occhialetti da vista che si posò sul suo nasone rosso.
Ero ancora ferma a fissare lui che si sistemava e finalmente si sedette alla scrivania, prendendo posto.
- Chi è lei!?- gli chiesi arrabbiata.
- Oh, non mi sono presentato, scusami. Posso parlare con il tu? Io sono Roberto Gregori, lo psicologo di questo reparto d'ospedale, aiuto i casi meno gravi.-
Mo irrigidì: io dire i miei problemi ad estranei? In me arrivarono strane sensazioni ed è come se scoppiò una bomba enorme ma senza fare rumore.
Gregori prese il solito fascicolo su di me e, guardando dentro gli occhialetti viola fluo, lesse con attenzione e a mente.
- Allora, qui mi dice che vivi a casa dei tuoi zii, com'è? Divertente?-
Mi chiese sorridendomi, quel sorriso mi ricordò proprio quello di Alex e così, sentendomelo accanto, risposi a tutte le domande.
- Beh, divertente non è. Pur sempre affronto la vita, in più da sola.-
Gregori strizzò gli occhi all'ultima parola e continuò.
- Intendi che sei da sola nel campo nemico? Nella vita di tutto i giorni?-
Parevano le solite domande di comprensione del testo che si trovano nelle verifiche di italiano.
- Beh, in un certo senso sì, con me ho molte cose che mi aiutano, però.
Il tutto però non basta a farmi sentire completamente meglio.-
- Cos'è che ti fa sentire meglio?- mi chiese un dottore gesticolando all'unisono.
- ... il box.... scrivere sul mio diario... un mio amico....-
Il dottore mi sorrise.
- Questo tuo "amico" potrebbe essere più utile rispetto alle altre cose non concrete come l'anima di una persona.
Questo tuo amico potrebbe aiutarti ancora di più.-
Mi disse.
Ed io gli credetti.
Credetti ad ogni singola parola.
Era la prima volta che credevo a qualcosa, e quella volta avrei continuato a credere.
Annuii e lui continuò a farmi qualche domanda sulla mi vita non accennandone nessuna sui miei.
Mi salutò ringraziandomi per aver risposto e mi disse che erao una ragazza forte e che credeva in un mio miglioramento.
Le dottoresse rientrarono e mi portarono via con la sedia a rotelle.
Stavo già pensando a che cosa fare quando le dottoresse aprirono la porta, ma... Alex!
Alex era lì! Finalmente!
Mi stavo per alzare ma le dottoresse mi bloccarono subito.
Alex mi venne incontro e chiese alle dottoresse qualcosa all'orecchio, appena loro se ne andarono lui mi prese per i fianchi facendomi ondeggiare in aria, ero felicissima: lui era lì con me.
Sentii una voce familiare che proveniva dalla stanza accanto, feci per alzarmi ma Alex mi bloccò e andò ad origliare lui.
- Cosa senti?- gli chiesi incuriosita.
- Qualcuno sta parlando di te. Tuo padre è qui con tua madre. Credo stiano parlando della tua condizione e di cosa sia meglio fare.- disse Alex traducendo le parole delle voci inudibili.
Una stretta allo stomaco mi assalì, mi piega con sofferenza e i crampi si fecero sentire.
Alex si voltò di colpo e mi venne subito a soccorrere.
- INFERM- gli bloccai le labbra con le mani sudate per il dolore.
Lui capì, non volevo altra gente in quel momento.
Mi prese in braccio e mi portò al letto, mettendomi delle coperte pesanti addosso.
- Rimani calma...- le sue mani andavano su e giù mentre lui non sapeva cosa fare.
Il dolore mi scoppiò nello stomaco ed emisi uno strillo così forte che fece entrare le infermiere e la dottoressa a mio soccorso.
Fui circondata da loro e, in quel momento, persi quel sorriso, quello che mi faceva sempre stare bene.
Il sorriso di Alex.

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