3. Pericolo

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Il mio battito cardiaco sembrò cessare. Credevo di essere completamente andata all' aldilà quando sentii il mio cuore lottare contro il desiderio di restare impassibile.

-Mi rendi le cose più semplici se ti comporti in questo modo, ma sfortunatamente le complichi a te stessa. Mi dai un motivo per non essere gentile- con il pollice e l'indice portò la cartina consumata alle labbra e fece un tiro.

La mia incapacità di spostarmi difronte a quegli occhi grigi mi costrinse a restare ancorata alle sue espressioni inebrianti mentre tutto il fumo che aveva inalato mi andava in faccia.

Ma io non mi mossi nemmeno in quel caso.

-Cosa vuoi fare? Spingermi a buttarmi dal terrazzo di un locale sconcio?- sussurrai rigida mentre l'odore della cicca si mischiava al suo rendendo l'atmosfera qualcosa di illecito.

Rise ma, le mie espressioni si fecero ancora più dure.
-Cosa c'è da ridere? Sei un pazzo, uno squilibrato, un deviato!-

Mi sentii anch'io così dopo avergli detto tutte quelle cose. Mi metteva i brividi, avrei voluto scappare da lui, cavarmi gli occhi pur di non guardarlo e tapparmi le orecchie come una bambina pur di non ascoltarlo.

La sua mano intorno al mio polso si fece pesante, mi spinse all' indietro alzandosi dalla sua comoda postazione e finendomi a un tocco dal naso come quella sera.

-Oh, sono un pazzo, uno squilibrato, un deviato? Allora, forse dovresti iniziare a parlarmi più dolcemente- si chinò in modo da sfiorarmi il lobo. -I pazzi sono pericolosi e imprevedibili- sussurrò.

Avrei già dovuto capirlo quella sera.
Rotto dalla disperazione.
Incapace di gestire un dolore più grande di se.

-Sei, senza dubbio, la persona più fastidiosa con cui abbia mai avuto a che fare- mi allontanai con uno spintone dopo avergli dedicato un occhiata omicida.

Lo sentii addirittura ridere.

-Bel faccino- mi chiamò. -L'accendino-

-Mettitelo in culo-

Non mi voltai nemmeno.

Entrai nella macchina con Pablo dopo aver salutato i ragazzi -Dean e JJ per l'appunto- e mio padre, che prima di lasciarmi si assicurò che alla macchina e all'autista andasse tutto bene.

Guardai i palazzi alti e le case accoglienti di Manhattan, il buio era già calato e il cielo già puntellato di stelle.

So dove si trova Noah, in questo momento.

Lessi il messaggio di Ellie due volte prima di ricevere un secondo con un indirizzo mai sentito.

Ve lo avevo già detto che ero impulsiva?

-Pablo! Ho bisogno che cambi strada..ecco vedi- gli mostrai l'indirizzo. -Siamo diretti qui adesso-

-Non mi inganni chica, pablo no es idiota-
-Ti prego Pab! È importante per me-
I suoi occhi neri si alternarono insicuri tra me e la strada.

Mi conosceva da quando ero una bambina, mi insegnava qualche parola della sua lingua durante il tragitto di quelle volte che mi accompagnava a casa o a scuola.

-E va bene, non farlo. Ma sappi che informerò mio padre- sbuffai.

-Signorina Alya, jefe è stato claro, devo portarla en su casa-

Mi portai una mano al petto e imitai un tono offeso. -Hai appena detto che la mia parola non conta nulla in confronto a quella di mio padre...Cosa sono allora se non ho nemmeno il diritto di essere ascoltata..è perché sono una donna? È questo il problema? Ti senti superiore? Perché tu sei un uomo e io solo..-

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