Sette

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Pur avendo staccato gli occhi dai dispositivi elettronici già da un po', Giulia non riusciva proprio a dormire. Le aveva provate tutte: leggere, mettersi ad ascoltare musica, guardare la televisione... ma niente: quella sera riuscire ad addormentarsi le risultava impossibile. Aveva troppe cose in testa e provava sensazioni strane che la rendevano confusa, inquieta e nervosa. Così aveva deciso di andare a fare un giro all'ultimo piano dell'albergo: una grande terrazza rettangolare circondata da ringhiere e con un divanetto da esterni al centro dello spiazzo.
In quel momento era appoggiata verso la parte rivolta alle montagne. Per tenere la mente occupata mentre osservava le stelle, decise di riflettere su quel casino che si ritrovava in testa. Fermarsi e pensare era una cosa che amava fare quando era sola e in silenzio.
Subito la sua mente corse a Daniele. Era qualche giorno che sentiva che qualcosa era cambiato e non sapeva nemmeno lei se in meglio o in peggio: non riusciva a capirlo. Sentiva di provare un affetto maggiore verso di lui. Probabilmente per il fatto che in quel periodo aveva un intenso bisogno della sua presenza. Quando aveva così tanti grilli per la testa si sentiva vulnerabile, mentre con il suo amico si sentiva protetta, come se nessuno di quei pensieri potesse scalfire il suo umore. Magari aveva solo bisogno di stare con lui, di parlarci e di sentire le sue battute sceme, ma a quell'ora non era il caso.
Poi il suoi pensieri toccarono ancora una volta a ciò per cui aveva pianto quel pomeriggio della settimana scorsa allo Juventus Stadium, ma solo per poco, perchè poi si ricordò che Daniele stava facendo di tutto per fargliela passare. Ecco, di nuovo Daniele, ancora!
Sentì un rumore di passi salire le scale alle sue spalle, così si girò. Era Domenico, che si accorse della sua presenza dopo essersi guardato intorno.

- Ciao. - la salutò lui affiancandosi a lei sul bordo della ringhiera. - Non riesci a dormire? -

- No, per niente. Nemmeno tu? -

- No. - rispose con un sospiro. - Te come mai? -

- Non lo so. - mentì.

- Non è vero che non lo sai, altrimenti faresti di tutto per prendere sonno, invece ti sei arresa a non riuscire a non dormire. - ribattè lui.

- Il fatto è che... che è un periodo di confusione. - disse lei in modo vago.

- Che intendi dire? -

- Che ho troppe cose che mi girano in testa. Non sono tranquilla. -

Dopo la risposta della ragazza, Domenico sembrò incupirsi e non disse altro. Per un po' ci fu totale silenzio. Giulia capì che forse lui aveva un problema simile, così decise di approfondire il suo strano carattere.

- E tu? Come mai non dormi? -

Passò qualche istante prima che lui rispondesse, poi fece un sospiro e parlò. Lei lo guardava. - Per il tuo stesso motivo. Sono tormentato da pensieri che mi agitano. Tipo... -

Lei lo interruppe. - Se non vuoi parlarne... -

- No, devo. Non ne ho mai parlato a nessuno e riconosco che è sbagliato. Non ne ho mai parlato con nessun compagno di squadra perchè poi non mi avrebbero preso sul serio o l'avrebbero considerato cosa da poco. - la interruppe lui a sua volta.

- Allora va bene, ti ascolto. - disse lei con naturalezza. Si accorse che stava accadendo la stessa identica cosa del pomeriggio precedente: si sentiva a suo agio a chiaccherare con quel ragazzo, come se lo conoscesse da tempo.

- Ho paura di non riuscire a fare bene, ora che sono alla Juve. Ho paura di non riuscire a controllarmi... di arrabbiarmi in campo e farmi espellere... - iniziò a spiegare fissando un punto lontano.

- Non ci pensare, gioca e basta. Dimostra quello che sai fare e vedrai che andrà tutto bene. - provò a rassicurarlo Giulia.

- Sono fatto così. - continuò. - Voglio dare il massimo, mi faccio prendere dall'agonismo e combino dei casini... -

- Ti impegni molto e vedrai che sull'aspetto del comportamento migliorerai poco a poco e i ragazzi ti aiuteranno in questo. -

- E se non ci riesco? E se, nonostante tutti i loro aiuti, dovessi continuare ad arrabbiarmi per nulla? -

- Ci riuscirai. Fidati. Loro sono un gruppo fantastico e si aiutano sempre quando qualcuno è giù o ha dei problemi. Anche se ci dovesse volere molto. -

Si stavano guardando e dopo questa frase lui le sorrise, le prese una mano e gliela strinse. - Grazie. -

- Di niente. Ma, miraccomando: stai tranquillo. -

Sorrise ancora. - Vado, altrimenti domani svengo in campo. Buonanotte. -

- Ciao, notte. -

Giulia aveva risolto i problemi altrui, ma non ancora i suoi. Le faceva piacere aiutare gli altri, specialemente quel ragazzo che le suscitava tanta simpatia e curiosità.
Poco dopo scese in camera e si rassegnò a passare una notte insonne, con la consapevolezza che l'unica persona che le avrebbe fatto sentire la testa sgombra da pensieri l'avrebbe rivista solo il giorno dopo.

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La mattina seguente Daniele era entrato in campo per primo e, dopo aver firmato parecchi autografi e aver scattato diverse foto con i pochi tifosi già seduti nella piccola tribuna del campo di allenamento, si era allontanato e camminava per il campo aspettando l'arrivo di qualche compagno.
Giulia era sotto ad un tendone che cercava, senza esito, di far funzionare una cassa. Intanto sbuffava perchè, a quanto sembrava a Daniele, il cavo era rotto o aveva dei problemi. Poi si alzò e si mise le mani sui fianchi, guardando l'oggetto e meditando una soluzione.
Il ragazzo era incuriosito dai comportamenti della sua amica e la osservava da lontano. Involontariamente sorrise.

- Allora? - era stato Paulo Dybala a parlare, che era appena arrivato alle sue spalle.

- Allora cosa? - rispose Daniele non capendo.

- Quando hai intenzione di dirglielo? - domandò con le braccia conserte e facendo una faccia che era tutta un programma.

- Cosa? -

- Come cosa?! Che ti piace! - rispose l'attaccante come se ciò che stava dicendo fosse la cosa più ovvia del mondo.

- Ma chi? -

- Giulia. - disse esasperato alzando gli occhi al cielo.

- È una mia amica. - si accorse di stare arrossendo, così distolse lo sguardo dal suo compagno di squadra e finse di guardare altrove. - E tu lo sai. - aggiunse dopo.

- Sì, sì. Ma, se ti interessa saperlo.. mentre la guardavi sorridevi come un ebete. -

- Non è vero! -

- Come vuoi tu, ma quando te ne sarai reso conto, cosa che prima o poi accadrà, mi verrai a dire che avevo ragione. -

Il discorso finì così dato che erano entrati gli altri e il Mister, il quale aveva comandato l'inizio dell'allenamento.
Mentre correva ripensò alle parole di Paulo. Si disse che voleva solo fare lo scemo. Eppure perchè gli importava così tanto di quello che aveva detto? In fondo, non gliel'aveva detto anche lui che erano amici? Sì appunto, gliel'ho detto. Se non ci crede affari suoi concluse, continuando l'allenamento del mattino.

Ho imparato già ad amarti senza più riserva alcuna - Daniele Rugani [REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora