Nove

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- Avete capito? - chiese Stefano alla fine del suo discorso.

- Eh? - disse Daniele, riscuotendosi.

- Sì, Ste, tutto. - rispose Álvaro.

- Bene, allora ci vediamo al campo. A dopo. - detto ciò, Stefano Sturaro se ne andò, lasciando gli altri due soli.

- Non hai ascoltato una parola, vero? - domandò Morata al suo compagno di squadra, una volta che l'altro si fu allontanato. Lo aveva visto assorto e distante mentre Stefano gli spiegava il motivo per cui l'allenamento sarebbe iniziato dieci minuti più tardi.

- No, no. Ho ascoltato. Perchè dici così? - chiese a sua volta l'altro.

- Beh... per tutto... -

La spiegazione di Álvaro fu interrotta da Daniele che, dopo aver guardato l'orologio appeso al muro, disse: - Álvaro, muoviti. Siamo in ritardo. - dopodichè si alzò e fece per prendere in mano il cellulare che aveva appoggiato sul tavolino che si trovava tra la poltrona su cui era seduto lui e quella su cui era l'attaccante spagnolo.

- Menomale che avevi ascoltato... - disse lui guardando la faccia stranita dell'amico e ridendo.

- In che senso? - domandò l'altro, con uno sguardo interrogativo e non capendo ciò a cui alludeva Álvaro.

- Nel senso che Stefano ci è venuto a dire che l'allenamento inizia dopo. - rispose, senza smettere di ridere.

Daniele pensò velocemente a cosa dire per non apparire più scemo di quanto lo sembrasse già. - Ehm... sì, cioè... l'avevo capito. È che magari partiamo già ora così... - disse in maniera insicura. Smise di parlare quando ricevette uno sguardo da Morata che lasciava intendere di non cercare scuse inutili. Il difensore si lascò ricadere sul divano sbuffando. - Hai ragione, scusa. Ero distratto. - ammise allora.

- Immagino il motivo... - sorrise Álvaro.

Daniele pensò che evidentemente quel giorno lo spagnolo era in vena di scherzare e i suoi comportamenti non contribuivano di certo a diminuire le sue battute. - Álvaro, non capisco. Mi diresti le cose chiare e tonde? - disse un filo esasperato.

- Non ti innervosire, stavo scherzando. - gli spiegò l'altro, che si sentiva un pochino in colpa per aver esagerato con le battute pur vedendolo già abbastanza sulle nuvole.

- Lo so. E non è colpa tua. - lo rassicurò. Si sostenne la testa con una mano e sbuffò. - Sono io che sono troppo stanco. - continuò poi socchiudendo gli occhi.

- Non sei stanco, sei distante. Hai la testa altrove. - affermò lo spagnolo. Aveva intenzione di metterlo al corrente di una situazione di cui, lo sapeva, nemmeno lui si era reso conto. E voleva vedere le sue reazioni, prima di metterlo di fronte ai fatti.

- Credo che dovrei riposare di più... - proseguì Daniele ignorando le constatazioni del compagno, prendendole come frasi dette tanto per dire.

- Se fai così non fai che convincermi sempre di più di ciò che sto pensando. - proseguì con la sua tattica, ossia di fargli capire da solo dove voleva andare a parare. Gli sembrava che non avesse minimamente idea nemmeno lui di ciò che iniziava a provare, anche se, da fuori, era evidente agli occhi più attenti e a chi conosceva bene lui e i suoi comportamenti che qualcosa lo distraesse.

- Ossia? - gli domandò sollevando appena il capo per guardarlo mentre gli rispondeva.

Decise di aggiungere un indizio al tutto. - Continui a pensare a Giulia. - constatò Álvaro, sicuro di ciò che stava dicendo.

- Ma finiscila! Non ci penso più di quanto penserei a un'amica. - ribattè distogliendo lo sguardo e guardandosi altrove nella stanza.

- Non ci credo manco un po'. - l'altro ridacchiò.

- Sei liberissimo di non crederci. - gli disse Daniele, serissimo e voglioso di far valere la sua idea che riteneva la verità.

- Ti dirò di più: te ne sei reso conto quando ti sei accorto di essere geloso. - lo spagnolo decise di concludere il suo ragionamento aggiungendo l'ultimo dettaglio. Sperava di essere stato incisivo e di averlo convinto, perchè si arrendesse a ciò che il suo compagno di squadra, secondo lui, sentiva di provare da tempo.

Il ragazzo si sentì un nodo in gola. - Ma geloso di chi? - Temeva che gli facesse il nome di colui che sospettava piacesse a Giulia. Non per altro, ma perchè poi l'unica cosa da dimostrare sarebbe rimasta il fatto che lui non era geloso. Non poteva negare che negli ultimi giorni i due erano spesso insieme e che la cosa gli desse un po' fastidio, ma solamente a livello di amicizia, lui sosteneva.

- Dai, Daniele! Non farti spiegare tutto! -

- Invece credo che mi dovrai spiegare proprio tutto, perchè del tuo ragionamento contorto e assolutamente inventato non capisco nulla. -

- Tu non ci arrivi perchè sei innamorato, e non capisci un cazzo. - provò ancora a farlo cedere, se non ai suoi occhi, almeno a sè stesso. Nel secondo caso non l'avrebbe saputo, però poteva sempre sperare nel tempo.

- Ma... - provò a dire.

- Ma niente. Le cose stanno così: a te Giulia piace. E per me sei anche geloso di chi le sta attorno, soprattutto di Domenico. - affermò, finalmente sollevato dall'aver almeno provato ad aprire gli occhi al suo amico.

Daniele iniziò a fissare alternativamente le sue scarpe e il pavimento sottostante. - Dai, è impossibile... - disse ridendo e provando a sdrammatizzare il clima serio che avevano creato le affermazioni convinte di Àlvaro.

- Quindi, mi vuoi dire che non ti da fastidio il fatto che Giulia passi del tempo con Domenico piuttosto che con te? - domandò curioso.

- Non ho detto questo. - abbassò di nuovo lo sguardo: temeva di essere arrossito.

- Ah! - esclamò, convinto di avercela fatta.

- Ma non ho nemmeno detto che mi piace. - si affretto a precisare Daniele.

- Vediamo quanto riesci a tirare avanti 'sta scusa unicamente dell'amicizia... -

- Non ho niente da tirare avanti. È così e basta. - disse fermo.

- Se lo dici tu... - guardò l'ora. - Ora dobbiamo andare sul serio. - Si sarebbero dovuti sbrigare, si erano fatti trasportare dalle chiacchere e avevano perso la condizione del tempo.

- Io non ci devo stare con te! Mi trascini nel tuo vizio di arrivare in ritardo! - scherzò il difensore, ansioso di avere l'occasione di cambiare discorso.

Lo spagnolo rispose con una risata.
Durante il breve tragitto da percorrere a piedi, pensò che era il secondo che glielo diceva, dopo Paulo. I suoi compagni non avevano mai parlato della loro amicizia sotto quell'aspetto e il fatto che, ora, due di loro avessero iniziato a farlo contribuì ad insinuare in lui un leggero dubbio, che represse velocemente classificandolo come una stupidaggine, come quella che si era ritrovato a pensare l'altra sera con lei appoggiata sulla sua spalla che gli diceva di volergli bene. E a lui importava solo quello, che si volessero bene, e nient'altro.

Ho imparato già ad amarti senza più riserva alcuna - Daniele Rugani [REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora