Diciassette

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Il giorno seguente, tutti si ritrovarono nello spogliatoio appena prima dell'inizio dell'allenamento del mattino.
Era una giornata leggermente fresca, che lasciava presupporre che quel giorno si potesse lavorare bene e decisamente meglio del solito. Il caldo era una delle cose più detestate da tutti degli allenamenti estivi. Sotto questo aspetto, era quasi meglio l'inverno.
Erano già tutti in campo tranne Daniele e Federico, che erano gli ultimi. Il secondo era già pronto ed aspettava sulla porta che il primo avesse finito. Poi l'altro si infilò la maglia, si alzò e si diresse verso l'uscita della stanza, ma Federico mise una mano sulla maniglia prima di lui per bloccarlo.

- Mi vuoi dire qual'è il problema? - gli domandò quando l'altro alzò lo sguardo su di lui con un'espressione interrogativa.

- Non c'è alcun problema. - rispose facendo per uscire, ma l'altro ancora lo bloccò. Daniele si girò di nuovo verso di lui con uno sguardo esasperato. - Facciamo tardi. - lo avvertì allora.

- È presto e il mister non c'è ancora. - ribattè Federico, come se avesse già immaginato la scusa che il suo amico avrebbe trovato per poter uscire dallo spogliatoio e non sentire quello che l'altro aveva da dire a proposito di qualcosa che probabilmente già immaginava.

- Così mi vuoi tenere qua dentro finchè non arriva? - gli chiese con fare ironico.

Federico lo ignorò. - Si vede lontano un chilometro che non stai bene. - constatò poi.

- Stanotte ho dormito male. - ribattè ancora Daniele.

- Smettila. - disse l'altro con un tono che non ammetteva repliche di alcun tipo.

- Di fare cosa? - domandò.

- Di cercare scuse. - rispose allora Federico. - Cosa ti passa per la testa? - continuò poi.

- Ti ho detto che sto bene! - esclamò, cercando di sambrare credibile il più possibile. - Non mi passa niente per la testa. - affermò dopo.

- Io non direi, dato che hai messo la maglia al contrario. - disse Mattiello.

Daniele abbassò la testa e si guardò. - Questo non significa niente, posso essermi sbagliato perchè ero distratto. - si giustificò poi, leggermente allarmato dal fatto che anche Federico, dopo gli altri, stesse trovando sempre più buchi nel muro che aveva costruito attorno a sè per proteggersi in quel periodo in cui non era più sicuro di qualcosa che prima reputava una delle cose più ferme, salde e sicure.

- In altre circostanze la causa sarebbe stata la distrazione, ma in questo caso no. - affermò.

- E quale sarebbe, allora? - temeva ancora la stessa risposta, quella che gli davano tutti.

- Giulia. -

A quel punto, Daniele distolse lo sguardo, incapace di negare ancora quanto aveva creduto passeggero in quelle ultime settimane. Si diresse verso la panchine dello spogliatoio con passo veloce, si sedette e appoggiò la schiena al muro. Poi si massaggiò le tempie con le dita e si coprì il volto con le mani. - Si vede tanto? - chiese senza guardarlo.

- Sì. - assicurò per convincerlo, sebbene lui stesso non se ne fosse accorto subito perchè aveva la testa piena di problemi non molto diversi dai suoi.

Daniele chiuse gli occhi e spostò indietro la testa per appoggiarla contro il muro. Guardò il soffitto.

Federico lasciò il suo posto vicino alla porta per andare a sedersi di fianco al suo compagno di squadra. - Se posso chiederlo, perchè stai zitto? - domandò poi. Voleva aiutarlo davvero: non si perdonava il fatto di non averlo potuto fare prima.

- No, non puoi chiederlo. - ribattè Daniele cercando di far cadere la conversazione, ma sapeva anche lui che era un tentativo estremamente patetico. Forse sarebbe stata anche divertente come risposta, ma non c'era il clima adatto affinchè sembrasse una battuta.

- Invece ora me lo dici. -

Daniele sospirò. Si prese qualche secondo prima di rispondere. C'erano così tanti motivi per cui non le diceva di essere innamorato di lei, ma scelse il meno complicato. - Ieri, era sola con Domenico nello spogliatoio. - spiegò.

- E questo cosa vuol dire? - chiese allora l'altro realmente sorpreso. Poi ci pensò. - Ah, tu pensi che... - iniziò.

- Sì. - confermò senza lasciarlo finire di parlare.

- Ma non è vero! È una tua impressione! - esclamò Federico. Sperò che il suo tono racchiudesse tutto lo stupore che aveva seguito l'affermazione dell'altro e rendesse l'idea di quanto sorpreso l'avesse lasciato. Cominciò davvero a credere che se sei innamorato ti fai un milione di paranoie inutili e il più delle volte completamente inesistenti.

- Dici? - domandò Daniele dubbioso.

- Sì, dico. - affermò. - È per questo che ieri te ne sei andato quando ti ho fatto notare che avevi una brutta faccia? - chiese allora, collegando quell'informazione con quanto accaduto il giorno precedente.

- Hai altre motivazioni in mente? - domandò retoricamente con aria sconfortata.

Federico non rispose. - Devi fare qualcosa. - lo incoraggiò, dopo qualche secondo di silenzio in cui si sentirono solo i colpi dei piedi sui palloni provenire da fuori. Daniele sembrava seriamente rassegnato.

- Non lo so... - disse pensieroso. Non considerava quella possibilità come una soluzione.

- Dimmi almeno che ci penserai. Non ti posso vedere così e, se me ne sono accorto io, prima o poi ci arriveranno anche gli altri a capire che non sei più lo stesso. - era davvero sincero.

- Va bene. - acconsentì. L'aveva fatto solo per poter cambiare argomento, in realtà non sapeva se avrebbe deciso di parlarle o no, anche se era decisamente più propenso verso la seconda opzione. - E tu, che mi dici? - chiese tirando su la schiena. - Che è successo dopo che vi ho lasciati soli? - domandò con un sorrisetto e sogghignando.

- Come cambi umore facilmente! Se sei così bravo, gli altri potrebbero anche non accorgersi che anche Daniele Rugani ha perso la testa! - rise Federico.

- Scemo. - disse, anche se rideva anche lui. - Non mi hai risposto, comunque. - proseguì, tornando serio.

- Niente, non è successo niente. - assicurò allora l'altro. - Ma abbiamo deciso di ricominciare da capo, niente più inutili litigi. - spiegò.

- Si inizia così... - iniziò. - e si arriva con due figli. - terminò senza riuscire a trattenere le risate.

- Smettila deficiente! - disse spingendolo più in là sulla panchina, ma poi scoppiò a ridere anche lui. Loro in quel momento scherzavano, ma Federico era leggermente in imbarazzo perchè, anche se prima si odiavano, Valentina l'aveva sempre attratto, molto anche.

Si sentì bussare alla porta e successivamente Álvaro Morata gridare ai due di darsi una mossa. E se anche il ritardatario cronico Àlvaro Morata ti diceva di sbrigarti, allora era tutto detto.

I due si alzarono e uscirono dallo spogliatoio, senza smettere di ridere.

Ho imparato già ad amarti senza più riserva alcuna - Daniele Rugani [REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora