Capitolo 26

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Bennett 

Click.

La luce illuminò l'interno della stanza di Lee quando premetti l'interruttore. Sentii la mia gola stringersi nel vedere il letto abbandonato, ormai da tempo. Da allora, nulla era mai cambiato. Né nella stanza, né nel mio cuore.

Dire ad Henley che poteva usare la stanza di Lee era stato facile. Pensare che Henley avrebbe usato la stanza di Lee era meno facile. Essere nella stanza di Lee... Non era affatto facile. Volevo che rimanesse solo e soltanto sua. Mantenerla tale così che avesse un posto dove tornare.

Nonostante sapessi che non sarebbe tornato.

La mia mano si strinse attorno alla maniglia, mentre sentivo l'impellente bisogno di sbattere la porta ed uscire da quella stanza, fingendo che non esistesse come avevo fatto nel corso dei mesi precedenti.

Cresci, mi ripresi malamente. Lee non vorrebbe questo. Se non potevo farlo per me e se non potevo farlo per Henley, almeno lo dovevo a Lee. Se Lee fosse stato qui, sarebbe stato il primo ad offrire il suo letto ad Henley, dall'esatto istante in cui aveva messo piede in questa casa per la prima volta. Non l'avrebbe obbligata a dormire su quello scomodo divano in salotto.

Soltanto ora realizzavo quanto terribile dovesse essere stato per lei. E lo stavo realizzando soltanto ora perché non volevo che se ne andasse. Lee mi aveva sempre detto che ero ignorante. Aveva ragione.

Raddrizzando la schiena, entrai nella stanza. Odiavo come mi faceva sentire. Mi sembrava di entrare in un cimitero e di dover trattenere il respiro per motivazioni che ancora non riuscivo a comprendere.

Henley avrebbe potuto cambiare questa mia concezione. Avrebbe potuto riportare la luce nella stanza che avevo lasciato morire. Dovevo soltanto accettare il fatto che, quella, non fosse più la stanza di Lee. E questo era difficile. Molto.

La mia mano sfiorò la superficie della scrivania davanti alla quale Lee rimaneva sveglio tutta la notte, facendo ricerche e piani per il resort in Wailea. Uno strato di polvere mi impregnò i polpastrelli, mentre notavo la scia del mio passaggio sul legno. C'erano dei graffi sulla superficie levigata. Probabilmente a causa delle penne di Lee. Gli piacevano quelle appuntite. Erano quelle con più inchiostro e, con il suo carico di lavoro, aveva bisogno di oggetti che non si scaricassero mentre firmava centinaia di documenti necessari.

L'aria stantia mi opprimeva, così mi incamminai verso la finestra, permettendo all'aria pulita di sostituire quella, ormai stagna. Il telescopio di Lee era puntato verso il cielo e sorrisi, ricordandomi delle notti in cui rimaneva sveglio, identificando le costellazioni. Aveva mensole ricolme di libri ai lati della stanza. Alcuni trattavano di costellazioni e astronomia, altri di miti e leggende, altri ancora di fisica. Non smetteva mai di leggere.

Guardai la sua libreria, sentendo l'improvviso impulso di rigettare. In quel momento compresi di non poterlo fare da solo. Avevo bisogno che qualcuno mi aiutasse ad andare avanti. Se avessi continuato così, ci avrei sicuramente ripensato, tornando al punto di partenza. Come era già capitato ogni singola volta che ci avevo provato.

Tenendomi una mano sulla fronte, uscii dalla stanza, chiudendo la porta un po' troppo rumorosamente alle mie spalle. Non volevo procurarmi un'altra emicrania. Non oggi. Avevo dei piani con Henley. Non volevo permettere alle mie emozioni di rovinare tutto. Era ancora mattina presto, dal momento che volevo ripulire la stanza di Lee prima che Henley si svegliasse, così pensai di poter tornare a dormire per qualche altra ora, cercando di fortificare me stesso.

"Stai bene?"

Sussultai, voltando il mio capo verso una Henley assonnata sulle scale, con indosso una delle mie magliette a maniche lunghe, un po' troppo grande per la sua figura. I suoi occhi erano socchiusi e sembrava che stesse lottando per cercare di rimanere sveglia. La sensazione di disagio che avevo provato fino all'attimo prima venne immediatamente scacciata via, rimpiazzata dalla tenerezza. Era adorabile al mattino. "Ti ho svegliata?"

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