Capitolo 2 - Il Segreto

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Emmett arrivò in un villaggio poco dopo aver lasciato il campo di mais. L'aria era desolata e triste, e non si vedeva nessuno per le strade. Le case erano vecchie e cadenti, fatte di legno e di fango. Emmett si chiese se ci fosse qualcuno che viveva ancora lì.
Vide da lontano un vecchio contadino che lavorava il fieno con un forcone, in un piccolo appezzamento di terra. Si avvicinò per chiedere informazioni, sperando di trovare qualcuno disposto ad aiutarlo.

"Buongiorno, signore", disse Emmett con un sorriso. "Mi scusi, ma potrebbe dirmi dove mi trovo? Sono un giornalista e mi sono perso..."

Il contadino si voltò e lo guardò con sospetto. Appena vide la cicatrice rossa sulla mano di Emmett, rimase scioccato per un attimo, poi assunse un tono difensivo e aggressivo.

"Che cosa vuoi da me?", sbottò il contadino. "Non ti conosco e non voglio saperne niente di te. Vattene via da qui, non sei il benvenuto. Questo è un posto tranquillo e onesto, non abbiamo bisogno di gente come te."

Emmett rimase perplesso e spaventato dalla reazione del contadino. Non capiva perché lo trattasse così male, solo per avergli fatto una domanda e notò che il contadino continuava a fissare la sua cicatrice terrorizzato.

"Cosa intende dire?", chiese Emmett.

Il contadino alzò il forcone come se volesse difendersi da lui.

"Non fare il furbo con me", disse il contadino. "So bene cosa significa quella cicatrice. Sei uno di loro, uno dei maledetti. Sei venuto qui per portare sventura e distruzione. Non ti voglio vedere mai più in questo villaggio. Vai via, e non tornare indietro."

Emmett alzò le mani in segno di resa e fece un passo indietro.

"Ascolti, signore, non voglio farle del male", disse Emmett con voce pacata. "Non so chi siano questi maledetti di cui parla, né cosa abbia a che fare la mia cicatrice con loro. Sono solo un giornalista che si è perso in questa zona. Ho bisogno solo di una mano per tornare alla civiltà."

Il contadino lo guardò con diffidenza, ma abbassò leggermente il forcone.

"Un giornalista?", ripeté il contadino. "E cosa ci fai qui? Non c'è niente di interessante da raccontare in questo villaggio. Solo gente semplice e onesta che cerca di vivere in pace."

"Lo so, lo so", disse Emmett. "Era solo una scusa per avvicinarmi a lei senza spaventarla. In realtà non ricordo cosa sia successo prima di svegliarmi con questa cicatrice."

Emmett sperava che il contadino gli offrisse ospitalità o almeno qualche informazione utile. Ma il contadino rimase impassibile e scosse la testa.

"Non mi interessa la tua storia", disse il contadino. "Non mi fido di te e non voglio problemi. Se vuoi andartene da qui, ti consiglio di seguire quella strada fino alla stazione di servizio. Lì troverai delle macchine e delle persone che potranno portarti via. Ma non tornare mai più in questo villaggio, capito?."

"Va bene, va bene", disse Emmett. "Me ne vado, non si preoccupi. Mi scusi se l'ho disturbata."

Emmett non capiva a chi si riferisse il contadino con "loro" o con "i maledetti". Non sapeva cosa avesse a che fare la sua cicatrice con la sventura e la distruzione. Ma capì che era inutile insistere con quel vecchio ostile e pauroso ed accettare il suo consiglio .
Si allontanò dal contadino e riprese a camminare lungo la strada principale del villaggio.
Il contadino gli aveva detto che c'era una stazione di servizio poco distante, dove poteva chiedere tutto l'aiuto che necessitava. Emmett sperava di trovare qualcuno più gentile e più ragionevole lì.
Camminó per un tempo che gli sembrò infinito. I morsi della fame e della disidratazione si facevano sentire prepotenti nella calura del paesaggio ed il silenzio che lo circondava non faceva presagire nulla di buono, quando ad un tratto intravide la stazione di servizio, era una struttura modesta ma funzionale, con una pompa di benzina, un negozio di alimentari, una libreria e una caffetteria. Emmett vide una macchina nel parcheggio della stazione di servizio e pensò che forse poteva noleggiarla o comprarla per raggiungere la sua destinazione.
Entrò nel chioschetto della stazione di servizio, coprendosi la cicatrice con la camicia. Non voleva rischiare di incontrare un'altra persona ostile come il contadino.
Mentre camminava verso la cassa, notò una libreria dove c'erano molti volumi antichi e polverosi. Si fermò per curiosità e sfogliò alcuni titoli. Erano tutti libri che parlavano della storia e della cultura del Perù, con particolare attenzione alle civiltà precolombiane e ai loro misteri. Emmett ne individuò alcuni che parlavano e veneravano alcune figure strane quasi leggendarie, come il dio Viracocha, il dio Pachacamac, il dio Inti, la dea Mama Killa, il dio Supay, la dea Pachamama, altri libri strani come uno in particolare, sembrava fatto di pelle rappresentante una figura tentacolosa dal titolo Necronomicon e altri ancora.
Ad un tratto si fermò di scatto, intravedendo un libro semi coperto dagli altri. Non recava nè titolo nè autore sulla copertina, ma con un'immagine sopra la copertina. Un'immagine che raffigurava una montagna con sopra un simbolo strano. Un simbolo che era uguale alla sua cicatrice.
Emmett sentì un brivido lungo la schiena. Prese il libro e lo aprì, sperando di trovare qualche informazione su quel simbolo e su quella montagna. Ma le pagine erano bianche, come se il libro fosse vuoto, si chiese se fosse uno scherzo o se il libro fosse stato cancellato da qualcuno, se quel libro avesse un qualche collegamento con la rovina che aveva visitato e con la sua scomparsa e se quel libro fosse un segno o un avvertimento.
Portò il libro con sé e si recò alla cassa, dove c'era una ragazza giovane e sorridente che lo salutò cordialmente.

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