2. Il giorno prima del danno

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Stamattina devo dire che mi sono svegliata proprio bene. Ho fatto un bel sogno e, anche se non mi ricordo molto, so per certo che c'era Tommaso, a petto nudo. Quindi sì, questo basta per renderlo un bel sogno. 

E, anche se rimane il fatto che sia stato pessimo insieme agli altri, l'ho perdonato per ieri, in fondo anche i migliori sbagliano.

Ieri notte invece, appena visti i messaggi, ho subito chiesto a Giada spiegazioni su cosa avesse in mente e soprattutto cosa ha combinato ma nulla. Ha bellamente ignorato le mie domande e mi ha scritto un'ora fa dicendo semplicemente di prepararmi per l'ora di pranzo perché saremo andate al mare e mi avrebbe spiegato tutto lì, aggiungendo poi che ci avrebbe accompagnate Sara, sua sorella. 

Lei ha due anni più di noi e si è da poco patentata. Credo che presto o tardi ci manderà definitivamente a quel paese per tutti i passaggi che le chiediamo.

Noi abitiamo in una piccola città vicino a Roma, da qui il posto più vicino per andare in spiaggia dista mezz'ora circa, non so cosa c'entri andare lì con tutta la storia di Tommaso ma ok, il mare non si rifiuta mai. E poi pensandoci ci vuole, è da molto che non ci svaghiamo. 

Per mantenere il mio buon umore ora sto preparando il caffè per la colazione, rigorosamente con la moka, da accompagnare ai pancake fatti prima da Mattia. Cuore, ogni tanto anche lui fa qualcosa di buono. 

Sento il caffè salire così lo richiamo. «Vieni! E' prontoo!» Sì, il nostro mezzo di comunicazione preferito sono le urla, semplici e veloci. 

Verso nelle tazzine e intanto lo sento scendere dalle scale sbuffando «Che hai da gridare già di prima mattina?»

Mi giro e lo guardo male mentre sistemo le cose nel tavolo, ovviamente non può mancare la nutella. «Come se tu non facessi sempre lo stesso con me. E poi guarda che è già mezzogiorno altro che prima mattina. Io ero a lavoro fino a tardi, tu che scusa hai?» Sogghigno sapendo di avere il coltello dalla parte del manico. 

«Io non sono stato rimandato almeno» Copia il mio tono e la mia espressione. E' un piccolo bastardo, l'ho educato fin troppo bene.

Sospiro con melodramma e gli rivolgo una finta espressione offesa. «Se non la smetti mi riprendo il caffè».

«E io i pancake allora».

Ci guardiamo negli occhi qualche secondo e per poi ridere. A volte mi sorprendo del bel rapporto che abbiamo, so che alcuni fratelli manco si parlano, io non ce la farei mai senza di lui. Pure se è un po' scemo.

«Che fai oggi?» Gli domando curiosa. 

«Esco dopo in centro con gli altri» Si aggiusta i capelli tutti scompigliati con la mano. «Tu hai il turno anche oggi?»

«No oggi no per fortuna. Vado domani alla stessa ora di ieri».

«Ok».

Mentre metto altra nutella sui pancake lo sento aggiungere «Ma sbaglio o hai sempre gli stessi turni? Stessi giorni e stessi orari». 

Sgrano gli occhi. Temevo che qualcuno potesse notare questo piccolo dettaglio a lungo andare ma non così di punto in bianco, mi ha colta di sorpresa. Menomale non lo stavo guardando in faccia, avrebbe subito capito quanto sono sospetta.

La mia strategia in questi casi? Fare la finta tonta ovviamente. «Ah davvero?» Fingo di pensarci. «In effetti si. Boh, sarà che coincidono proprio con i momenti in cui c'è più gente e Sandra preferisce avermi lì».

Mattia mi guarda ancora qualche secondo, mi sembra quasi di sentire gli ingranaggi del suo cervello girare, ma alla fine annuisce «Beh ha senso. Povera Sandra però, è evidente che non sia messa molto bene se sei tu quella su cui deve fare affidamento». Si sistema meglio nella sedia e inizia ad elencare. «Qua in casa rompi cose ogni due per tre, per non parlare di quando sei incazzata e rispondi male, poveri clienti.» Conclude la sua frase facendo un ghigno che rende palese la sua presa in giro. 

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