Photo's day

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Eve's pov

Continuai a camminare per strada per ben venti minuti, sembrava non arrivassi più. Ero stanca morta, dovevo prendermi la macchina o non mi sarei più mossa di casa.
Come potevo avere sedici anni e non avere una patente? Se ora ne l'avessi avuta sarei tornata a casa in cinque minuti e senza i paparazzi che mi puntavano le fotocamere e i flash addosso ogni due passi.
<<Eveleen, guarda qui>>
<<Eveleen, girati>>
<<Qui, Eveleen, guarda>>
Tutti dicevano queste frasi e io andavo in confusione, dove dovevo fermarmi?
Mi fermai e iniziai a sorridere a tutti mettendomi in posa, pose creative. Li avrei accontentati e magari potevo tornare a casa senza portare venti persone con me.
<<Bellissima!>>
<<Stupenda>>
<<Eveleen guarda qui, a sinistra>>
<<Perfetta>>
<<Bel top>>
<<Bel chignon>>
Erano davvero bei complimenti, mi facevano sorridere.
Il bello dei paparazzi era questo, quando erano gentili. Il brutto invece era che ti perseguitavano ovunque e non riuscivi a camminare normalmente.
<<Eveleen posso farti delle domande?>>
Un giornalista si avvicinò a me e io sorrisi con cortesia.
<<Certo>>
<<Dove sei andata oggi?>>
<<A fare dei provini>>
<<Provini per cosa?>>
<<Per delle sfilate>>
<<Grandioso! Seguirai le orme di tua madre?>>
<<Si ma spero di seguire anche quelle di mio padre>>
Mio padre era attore e amavo recitare, mi sarebbe piaciuto fare tutto.
<<Sarai fantastica>>
<<Grazie mille>>
<<I tuoi fratelli dove sono? Come mai non sono con te?>>
<<Avevano da fare>>
<<Abbiamo avvistato London con una ragazza, la conosci? Puoi darci qualche informazione in più?>>
<<Non sono cose che mi riguardano e non riguardano neanche voi, vorrei che queste cose rimangano private poiché lo sono>>
Iniziai a camminare nuovamente ma continuavano a seguirmi, come potevo pedinarli?
Continuai a camminare cercando di essere cortese anche con i paparazzi ma era davvero incredibile ciò che facevano: domande sulle ragazze dei miei fratelli, sui miei genitori, sulla mia vita privata.
Appena potei svoltai l'angolo, credendo di averli seminati ma andai a sbattere contro qualcuno.
<<Caspita, scusami non guardavo dove andavo>>
<<Non preoccuparti, Eve>>
La persona ammiccò una risata, la riconobbi subito.
Alzai lo sguardo e vidi Ares.
<<Ares, hey>>
<<Hey>>
iniziò a ridere e io gli sorrisi, persi un battito.
Ma quell'attimo venne interrotto dai mille paparazzi che mi seguivano.
<<Dio mio, non ancora>>
Il mio era un sussurro ma Ares lo sentì.
<<Vuoi che ti porto via da qui?>>
<<Per favore si>>
I nostri sussurri erano veloci ma completi tra loro.
Lui mi prese per mano per poi iniziare a correre.
Correva come un folle e io ridevo a crepapelle e, dopo dei secondi, la mia risata lo contagiò.
Quell'immagine di noi che correvano per tutta Los Angeles ridendo come dei bambini tenendoci per mano mentre dei paparazzi ci inseguivano era davvero bella e divertente.
I paparazzi iniziarono a farci foto su foto, i flash accessi puntati su di noi e voci che blateravano come non mai.
<<State insieme?>>
<<Chi è lui?>>
<<Siete una bella coppia>>
Le loro voci raggiungevano le nostre orecchie da dietro provocando ancora di più un divertimento in noi, mi sentivo una bambina in quel momento.
Improvvisamente Ares mi tirò all'interno di un hotel i paparazzi furono costretti a rimanere fuori.
<<Dio mio che corsa>>
Non riuscivo a parlare, quelle parole erano un mischiate a risate e respiro affannato.
<<Gia, è stata una maratona>>
Anche Ares rideva, il suo ciuffo biondo ricadeva sulla fronte leggermente sudata e i suoi occhi erano più luminosi del solito.
<<Grazie Ares, mi hai salvata>>
<<Di nulla Leen, è sempre un piacere>>
Sorrisi nuovamente, era carino quel soprannome.
<<Che posto è questo?>>
<<È l'hotel di mio padre e difronte c'è la boutique di mia madre. Sai, prova a diventare stilista>>
Mi indico la boutique difronte l'hotel, era davvero bella: una grossa insegna rosa dalla scritta dorata e luminosa "Giselle's boutique", le vetrine erano piene di vestiti dai mille colori, alcuni erano vestiti eleganti e raffinati, altri per un perfetto pomeriggio in campagna. C'era tantissima folla all'interno, era stupenda.
<<È bellissima la boutique, ma anche l'hotel lo è>>
Sorrise a questa mia affermazione, come non se lo aspettasse di questi miei improvvisi complimenti.
<<Grazie mille>>
Iniziammo a fissarci negli occhi, i suoi due smeraldi erano incastonati nei miei occhi ghiacciati.
Il silenzio ci avvolgeva accompagnato da una dolce sensazione: quella di star bene ed essere felice.
Ma purtroppo quell'atmosfera venne rovinata da una voce di una bambina.
<<Ares!>>
Gli corse in braccio e, quest'ultimo, l'afferro prendendola tra le braccia e baciandole la guancia.
<<Hey principessa>>
Avrà avuto tre anni, era piccola.
<<Oh, lei è Eveleen. Una mia amica. Eveleen, lei è mia sorella Margharet>>
<<Piacere di conoscerti, Margharet. Sei davvero bellissima>>
Il suo dolce visino assunse un espressione ancor più felice, i suoi occhi erano identici a quelli di Ares, lo stesso per i capelli. Erano due fotocopie, impossibile da non credere che fossero fratelli.
Potevi scambiarli per gemelli ma la cosa che li distingueva e che rendeva ciò impossibile era l'età.
<<Anche tu sei bellissima>>
La sua voce infantile mi riscaldò il cuore, era davvero dolce.
<<Grazie mille>>
<<Bhe Leen, hai conosciuto mia sorella e ora non te ne libererà mai più >>
<<Che intendi?>>
<<Che questa bambina con la faccia da angioletto e con le treccine bionde che la fanno sembrare innocente, invece è una piccola sanguisuga: appena ti vedrà ti si appicicherà addosso e non ti lascerà andare>>
La sua spiegazione era divertente, forse perché rideva. La cosa fece ridere anche me.
Se le sanguisughe erano così belle e dolci, me ne sarei fatta una ragione per averla sempre appiccicata.
<<Non mi dispiace>>




Margharet alla fine mi costrinse a giocare con lei a nascondino nella hall dell'hotel e, per puro e purissimo caso, vinse sempre lei.
Ares ci guardava sorridendo e in alcuni turni giocava con noi.
Ma dopo due ore intense di giochi ci dovettero sedere sui divanetti li presenti vicino al camino spento mentre Margharet andò via.
<<È davvero una bimba dolce>>
<<Gia, mi sento molto fortunato ad averla>>
<<Bhe, lo sei>>
Lui mi sorrise e io mi incantai.
Quel sorriso, era davvero stregato. Incantava chiunque lo guardasse.
Il mio telefono squillò e io lo afferrai.
Era una chiamata di Mason, la mia faccia si stranì, cosa voleva?
<<Pronto, Mason. Dimmi>>
Ares continuò a fissarmi attentamente, come se volesse memorizzare ogni lineamento del mio viso.
<<Dove sei? È tardi!>>
<<Sono- aspetta che ore sono?>>
<<Sono le dieci di sera, Eve!>>
<<Come le dieci di sera!?>>
Mi alzai di scatto e controllai l'orario.
Si, erano le dieci di sera.
<<Diamine, non me ne rro accorta, sto arrivando>>
<<Dove sei?>>
<<Perché?>>
<<Ti vengo a prendere>>
<<Ehm, Ares dove siamo?>>
<<Aspetta, sei con Ares?>>
La voce di Mason era coperta da un velo di gelosia ma non gli diedi retta.
<<All'hotel Luxurious>>
<<Hai sentito?>>
<<Si ma, sei con Ares?>>
<<Si Mason, sono con lui. Quindi muovi le chiappa e vieni a prendermi o?>>
<<Sto arrivando>>
Terminò la chiamata e io mi sedetti dinuovo accanto ad Ares.
<<Scusa, ti ho fatta tardare>>
<<No, tranquillo. Mi avete fatto passare una bellissima giornata e tu mi hai salvata da tutti quei paparazzi>>
Sul suo volto, come sul mio, si stampò un sorriso carico di felicità.
<<Mi fa piacere salvare le donzelle in difficoltà >>
Inizia a ridere come una pazza.


Aprii lo sportello della macchina di Mason non appena arrivò fuori l'hotel e, prima di sedermi, accennai un saluto con la mano ad Ares che mi guardava dall'entrata dell'hotel.
Mi fece un sorriso e mi salutò con la mano.
Entrai in macchina e chiusi lo sportello.
Mason avviò la macchina e iniziò a guidare per tornare a casa.
<<Cosa ci facevi con Ares?>>
<<L'ho incontrato per strada>>
<<Quando?>>
<<Oggi pomeriggio>>
<<Come lo hai incontrato? Era un appuntamento?>>
<<No, Mason>>
<<Allora vi siete incontrati casualmente?>>
<<No, l'ho pedinato tutta la giornata e poi ho fatti finta di averlo incontrato casualmente così che lui non si accorgesse del mio lavoro da stalker>>
Mi guardò e io roteai gli occhi all'insù.
<<Scemo, si che è stato causale. Poi per salvarmi dai paparazzi mi ha portata nell'hotel dei suoi>>
A volte era davvero scemo che dovevi spiegargli tutto passo per passo, o non avrebbe capito. Avrebbe creduto anche alle storie più improbabili quando era geloso.
<<E che avete fatto?>>
<<Abbiamo giocato con la sorella>>
<<Davvero?>>
<<No, abbiamo derubato la cassaforte del padre e poi ci sono andata a letto>>
<<Eve!>>
<<Ok, ok calmati. Si, ho solo giocato con la sorella, davvero>>
<<Bene>>

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