A good brother

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Mason's pov

Per tutta la mattinata di Ares non c'era stata traccia, non era venuto a scuola e ne avevo visto Eve telefonarlo. Era strano, di solito due persone dopo un appuntamento dovrebbero essere in armonia se non fosse finito male.
Eve diceva che era stata bene con Ares, eppure c'era qualcosa di strano che non mi convinceva.
Che avessero chiuso? Potrebbe anche essere un ipotesi ma non in così poco tempo, non era da Eve.
Che lui l'avesse trattata male?
Eve non si sarebbe alzata dal letto se fosse stato così.
Che non c'era niente tra loro?
Impossibile, da come si guardavano negli occhi di solito, sarebbe stato impossibile non far accadere nulla.
Che non ci fosse uscita veramente insieme e lei fosse andata in uno di quei party con Loren?
Dio, Mason vai troppo a perderti nelle fantasie.
Ma in passato era successo.
Non sarebbe più successo,  me lo avevano promesso.
<<A cosa pensi?>>
Loren si sedette proprio affianco a me su una delle panchine del cortile di scuola.
<<A nulla>>
Il viso della bionda mi scrutò con occhi socchiusi e attenti, quasi a voler leggermi nel pensiero.
<<Caro Mason, non mi freghi. Ti si legge negli occhi che pensi a qualcosa>>
<<Sto solo pensando che tra cinque minuti finisce la scuola>>
La fine della scuola era l'ultimo dei miei problemi, Eve adesso era in testa alla lista.
<<Mason, mi stai mentendo?>>
Le sue pupille castane vagavano sul mio corpo in cerca di segnali che affermassero il suo pensiero.
Loren era fatta così, cercava sempre il fondo delle cose anche se spesso era troppo impulsiva, spesso faceva cose che non andrebbero fatte, si metteva nei guai ma era una brava amica. Ti aiutava se ne avevi bisogno e spesso ti chiariva dubbi che ti porgervi da solo senza avere una risposta.
<<Sai cosa è successo tra Eve e Mason ieri?>>
Lei abbassò lo sguardo e negò lentamente con la testa, lo sapeva e non mi avrebbe detto niente?
<<No, Mason. Non lo so. Eve non mi ha ancora detto nulla>>
Un altro colpo sparato inutilmente, nessuno sapeva niente. Come era possibile?
<<Loren, se gli avesse fatto qualcosa giuro che lo ammazzerei>>
<<So quali sono le tue preoccupazioni, sono preoccupata anche io ma Ares non è il tipo e lo sappiamo bene>>
La guardai, non sapevo se fidarmi. Erano cose che secondo molti non ci riguardavano probabilmente, ma era mia sorella e avevo il diritto di proteggerla.
<<Loren, anche lui era un bravo ragazzo eppure...>>
Le parole mi morivano in gola, al solo pensiero quel ragazzo tornava a farmi girare lo stomaco e il viso di Eve in lacrime tornava davanti ai miei occhi.
<<Mason, Eve ieri è stata bene. Stamattina sorride come una stupida innamorata.  Vedrai che le cose sono andate benissimo sul serio>>
Mi alzai, non potevo aspettare che mia sorella me lo raccontasse, non c'è la facevo: dovevo sapere.
<<Ci vediamo dopo>>
<<Ma dove vai, Mason? Non è ancora suo->>
Le sue parole cessarono poiché bloccate dalla campanella e io iniziai a correre verso l'uscita.





Bussai alla porta della grande casa di Ares, era molto elegante e raffinata, poteva assomigliare  a qualche antica costruzione. Le grandi colonne, che costeggiavano tutti i lati della casa, sorreggevano un enorme balcone. Probabilmente era un ottimo luogo dove organizzare le cene o delle feste.
A

d aprirmi fu proprio Ares, ma un Ares strano, diverso, triste.
<<Stai bene?>>
Il suo volto era pallido, i suoi occhi arrossati e lucidi e i capelli erano arruffati.
<<Ciao, Mason. Si sto bene. Come mai qui?>>
<<Ares, possiamo parlare?>>
La mia frase portò qualche dubbio e un'espressione di stranezza sul viso del biondino che, però,  accettò invitandomi ad entrare.

<<Posso offrirti qualcosa?>> vidi la sua figura arrivare in cucina e girarsi verso di me, lo scrutai per capire cosa potesse esser successo, sembrava davvero giù di morale.
<<No, grazie>> 
Lo guardai sedersi allo snacks e così feci anche io, come avrei potuto iniziare? Non potevo mica attaccarlo subito per qualcosa che molto probabilmente non era mai successa.
Eppure non ero bravo con le parole, non sapevo come potevo giostrare un discorso del quale non avevo neanche delle parole.  Sono sempre stato una frana con i discorsi e i miei temi scolastici lo confermavano.
Andai dritto al punto, se non sapevo cosa dire non potevo di certo aspettare che qualcuno entrasse nel mio cervello per sussurrarmi le parole che mi servivano.
<<Ehm, Ares. Per caso ieri è successo qualcosa con Eve?>>
Appena pronunciai il nome di mia sorella accennò un sorriso al lato della bocca ma poi, immediatamente, sbiancò ancora più di prima: aveva realizzato qualcosa.
<<Cazzo, non l'ho contattata>>
Il suo sussurro gli fece chiudere gli occhi e si portò le mani alla faccia, quasi come se avesse commesso un peccato irrimediabile. Non aveva capito il punto, non aveva ancora afferrato il discorso ma il fatto che si preoccupò per quella minima cosa fu già confortevole.
<<No, intendo ieri sera>>
Sollevò lo sguardo su di me, il suo sguardo stava rivivendo la sera passata con mia sorella in cerca di qualcosa di sbagliato.
Dimmi di no, dimmi di no, dimmi di no.
La sua fronte si corrugò, e gli occhi si assottigliarono in uno sguardo confuso e preoccupato.
<<No, ansi quando l'ho accompagnata a casa aveva il sorriso stampato in faccia e la serata è proceduta benissimo>>
Allora perché tu stai cosi e mia sorella non ti ha neanche chiamato? Perché non ha ancora parlato di voi e della "splendida" serata passata insieme? Troppe cose non mi erano chiare ma forse ero solo troppo affrettato?
<<Mason, per caso ha detto che non è stata bene, che non le è piaciuta?>>
Il suo volto era in panico, come se la cosa l'avesse davvero a cuore e sembrava che se mia sorella non fosse stata bene con lui, non se lo sarebbe perdonato.
<<No, ansi Eve sorride come una cretina>>
Mi sentii ancora più stupido di prima, ancora più confuso.
Il mio sguardo vagò verso le mie mani poggiate sul tavolo e il mio tono di voce era frustrato e rauco. Era davvero stata bene con un ragazzo dopo tutto quello che era successo?
Era vero, Eve non dimostrava più di avere comportamenti strani per quella notte ma era sempre meglio assicurarsene.
<<Non capisco qual'è il problema allora>>
<<Nulla Ares, lascia stare. Grazie per questi cinque minuti, a domani>>








Loren's pov

Mason scappò via come un razzo e io rimasi a guardare il cancello dal quale uscì. Capivo le sue preoccupazioni,  i suoi ma, i forse, i perché. Non era facile accettarlo,  non era facile comprendere, non era facile svegliarsi nel bel mezzo della notte con una chiamata di tua sorella in lacrime. Se solo fossi stata più attenta quella sera niente sarebbe successo, nessuno si sarebbe ferito. Eve non voleva che mi dessi la colpa, ma era tutta colpa mia e di quel mio fare spropositato. La me di quel passato non mi piaceva affatto, stavo imparando a gestirla e mai avrei accettato un suo ritorno.
Mi alzai dalla panchina e guardai il display del mio telefono, tre minuti all'uscita. Dovevo trovare Eve e parlarle, con me si sarebbe confidata. Iniziai a camminare per i corridoi, l'ultima lezione l'avrebbe avuta nell'aula di storia. Bussai alla porta ed entrai. In classe, dietro la cattedra,c'era solo una donna ben vestita con un età sui cinquanta anni. La professoressa mi guardò e si girò verso di me.
<<Ha bisogno di qualcosa?>>
L'aula era vuota, ma certo: i ragazzi erano tutti già andati a posare le cose agli armadietti.
<<No, mi scusi>>
Guardai il telefono, mancava solo un minuto al suono della campana.
Girai e mi diressi al bagno che era proprio a tre metri di lontananzadalla classe, magari Eve si trovava lì.
Entrai e una ragazza dai capelli nero carbone mi dava le spalle.
<<Eve>>
Lei si girò e mi guardò sorridendo, io le sorrisi con i mille sensi di colpa che mi urlavano dentro come i  condannati all'inferno. 
Feci per aprire bocca ma la campanella suonò, maledetta.





Eve's pov


Loren insistette per accompagnarmi a casa con la sua auto così avvisai i miei fratelli che non sarei tornata con loro.
In macchina c'era un silenzio assordante, più assordante delle casse in discoteca. Percepivo quella situazione, si sentiva ancora così. Era ferita, si ferì da sola e io provai più volte a sanarla ma non ci riuscii mai. Non ci sarei mai riuscita.
<<Eve...>
La bionda pronunciò quelle parole quasi con frustrazione e tristezza, le stesse che usava sempre quando questo discorso tornava a fiorire. Iniziai a sentire le ferite riaprirsi, i lividi tornare e quella brutta sensazione si innescò in me. Diamine. <<Loren, non hai colpe>>
Prese un lungo sospiro,  voleva rispondermi ma non ci riusciva. I sensi di colpa la divoravano e lo capivo, chi ha una colpa se la porta per sempre.
<<Eve, io so che mi dirai di non sentirmi così eppure io muoio ogni volta che quella notte viene ricordata. Convivo  con i sensi di colpa ogni giorno e mi urlano dentro senza lasciarmi pace perché,  mia cara Eve, mai mi potrò dare pace per quella notte>>
Una lacrima le lasciò gli occhi castani e le rigò il viso. Era ancora sofferente, non sarebbe mai stata in pace con il suo stesso animo.
<<Loren, non hai colpe>>
Mi mancava il respiro, non riuscivo a djre altro. Era l'unica frase che riusciva ad uscire dalle mie labbra.
<<No, Eve. Non puoi dire così. Ho tutte le colpe di questo mondo, dalla prima all'ultima.  Non puoi dirmi il contrario. È così e lo sanno tutti>>
I miei occhi si fissarono davanti la strada, eravamo arrivati. Eravamo davanti casa mia. Non riuscivo più a distogliere lo sguardo dell'asfalto, mi era impossibile.  Non riuscivo a guardare Loren.
<<Quella sera ho deciso io di venire con te, ho deciso io di bere, ho deciso io di andare con Luke. Non puoi darti colpe che non hai>>
La vidi sospirare,  sentivo gli occhi bruciare e le cicatrici diventare dolorose come se appena inflitte.
<<Ci vediamo domani>>
Aprii lo sportello e uscii dalla macchina, la guardai un ultima volta  e mi diressi alla porta di casa.
<<A domani, Eve>>
La sua voce non era dolce o felice, ma spezzata e addolorata. Era un animo tormentato, proprio come il mio. Cercavo di farle capire che non aveva colpe, che non era sua la responsabilità di tutto ciò,  ma come potevo riuscirci se io ero sempre la prima a darsi delle colpe per una cosa più grande di me? Una cosa che ancora mi faceva rabbia, che mi portava un enorme rammarico e risentimento nei confronti di qualcuno che non c'era più?
<<Eve>>
Mi girai verso la bionda seduta in macchina, le lacrime le rigavano ancora il viso come cascate senza fine.
<<Grazie>>
Questa parola dolce le lasciò le labbra e arrivò da me svolazzando come un colibrì.
<<Di nulla, Loren. Tu non hai colpe>>
Entrai in casa con un peso in più sul petto e delle ferite aperte che mai cessava di sanguinare, non potevo starci ancora male.

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