Canto 3 - Il fielìn e la Baba Yaga (Prima parte)

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Il chiaror del mattino svegliò il mondo,

allegria e attività con sé portando.

Anche la villa prese presto a fremere

d'azione e dopo svelta colazione

si recò Alman dal colto professore.

Con lui era un uomo, dal suo corpo verdi

e azzurre penne spuntavano, un becco

largo e piatto sul volto era qual bocca.

«Questo è il tuo maestro, Bàldandor, potente

e esperto mago. Ti affido al suo becco.

Ora vi lascio, in fretta i fatti evolvono,

l'Asgard deve agire e di me ha bisogno.»

«Allegria a te Alman! Lieto di conoscerti!

Io sono Bàlandor, ti insegnerò

la magia, ciò che più ti servirà.»

Ben vivace il fielìn si presentò.

Ben vivace il fielìn si presentò

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«Piacere. Ammetto di non saper nulla

della magia, pur avendola usata.»

«Niente paura! Sanjid mi ha già spiegato!

Sei il Vata, non avrai certo problemi!

Ma dimmi: la magia, cos'è per te?

Questa domanda può essere essenziale.

La stessa che pose il mio caro maestro

quando iniziai la magia anch'io a studiare.

Quel vecchio gufo! Che tipo bizzarro

per essere un fielìn! Io gli risposi

che per me la magia è una fragorosa

risata, il migliore fra tutti i doni.

Cos'è magia per te, Alman?» Lesti e briosi

guizzavan gli occhi del fielìn pimpante.

Rifletté Alman assorto qualche istante,

finché richiamò un lontano ricordo.

«Quando ancor ero un bambino, e abitavo

a Blavik, il villaggio mio natale,

un giorno mi imbattei nella bottega

di uno scultore del legno; ammirato

rimasi dalla sua arte e alcune volte

da lui tornai, perché mi desse qualche

lezione. Anche suo figlio, cui voleva

trasmettere il mestiere, le seguiva,

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