Capitolo 3:Non Voglio Essere Tua

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Quando potrò tornare libera?... 💔

Dopo un pò il mio corpo ricominciò a muoversi e ebbi la forza di rialzarmi in piedi. Ero piena di lividi, ma almeno riuscivo a camminare. Così mi avviai piano verso la mensa.
I mie passi erano lenti e la mia mano era poggiata sugli armadietti che mi facevano da appoggio per evitare di cadere. Ero debole, ma non mi arresi e continuai a camminare, almeno finchè non sentii il mio corpo cadere dinuovo a terra per colpa di una mano che mi spinse.
Vidi il piccolo mostriciattolo che mi aveva spinta andarsene via correndo mentre rideva come un matto. Anche le altre persone ci trovavano gusto a massacrarmi, volevano vedermi soffrire, proprio come Lily e le altre. Ormai io ero diventata come una bambola piena di graffi, nessuno piú mi voleva quindi tanto valeva rompermi, strapparmi via ogni centimetro di stoffa e buttarmi in un cestino. Avrebbero potuto buttarmi via, ma preferivano di gran lunga vedermi soffrire e consumarmi nel mio dolore. Lì tutti erano dei mostri assetati di sangue, del mio sangue. Tutti tranne Liam, non sapevo niente di lui, ma era l'unico che aveva avuto pietà di me, l'unico che non era restato indifferente.
In tutto questo non riuscivo ancora a rialzarmi, ero veramente sfinita.
Però vidi arrivare qualcuno che si mise davanti a me e mi tese la sua mano :era dinuovo Liam.
Io lo fissati per qualche secondo, poi gli presi la mano e riuscii ad alzarmi. Era come un Angelo sceso dal cielo venuto a salvarmi, finalmente qualcuno mi tendeva la propria mano e non mi guardava con lo schifo negli occhi. Era come una sorta di miracolo.
"tutto bene?" mi chiese.
"s-sì" sussurrai.
"vuoi che ti accompagni in mensa?"
"n-non preoccuparti... Posso andare da sola..." risposi.
"va bene, allora ci vediamo..." mi disse mentre se ne andava via.
Il mio cuore ricominciò a battere, sembrava come se fossi resuscitata, come se in quel mondo fatto di tenebre e di paure ci fosse finalmente una luce, una luce chiamata Liam.
Il mio corpo ricominciò a prendere forza e gli angoli della bocca si alzarono lievemente fino a formare un piccolo sorriso. Tutta quella gentilezza mi aveva dato un pò piú di forza. Bastava poco per aumentare la mia autostima, ma altrettanto poco bastava per distruggerla e ridurla in frantumi.
Dopo un pò decisi di andare a pranzare, così andai verso la mensa, ma quando varcai la soglia della porta tutti cominciarono a fissarmi come se volessero che sparissi da davanti a loro. Io mi sentivo male, mi sentivo quegli sguardi pensanti addosso e la mia testa che girava. Non potevano mai avere un attimo di tregua, ero pur sempre rinchiusa in una gabbia.
Cercai di fare un passo in avanti, ma le gambe mi tremavano e non mi permettevano di fare un solo passo,così restai congelata sulla soglia della porta.
Quei diavoli continuarono a fissarmi e cominciarono a ridere, ridevano come dei malati, come degli assassini assetati di sangue. Poi si alzarono con i vassoi ancora in mano e, uno ad uno, me lo sbatterono in faccia.
Il mio sguardo restò a fissare il vuoto e la mia faccia si riempii di saliva e di cibo, in tutto questo la mia testa continuava a girare e cominciai a vedere tutto sfocato. Quegli sguardi... Mi avevano lacerato l'anima, mi avevano fatto quasi perdere fiducia nell'umanità.
"hahaha, tutto bene, verme?" dissero all'unisono Lily e le altre.
Io non ebbi la forza di rispondere.
Poi Emma mi spinse, caddi per terra e lei mi mise la scarpa in faccia.
"fai schifo." disse mentre se ne andava.
Dopo un pò di tempo passato a ridere anche le altre se ne andarono.
Io rimasi distesa sul pavimento della mesa con la divisa sporca e il corpo inerme.
Erano tutte bugie, il bene non trionfava mai, era il male che vinceva sempre. Questa era la verità, non c'era mai un lieto fine, mai, anche se si sperava di essere salvati si rimaneva sempre soli nel dolore.
Quando mi svegliai mi ritrovai in camera mia adagiata sul mio soffice letto. Vicino a me c'era Sophia che stava parlando a telefono con qualcuno.
"... S-sorellona..." sussurrai con la poca voce che avevo.
Appena sentì la mia voce attaccò la chiamata e mi diede un bacio sulla fronte.
"mi stavo cominciando a preoccupare, avevi la febbre a quaranta!"
"ecco perchè sono svenuta..." dissi con un filo di voce.
"ora come ti senti?!" esclamò preoccupata.
"... Bene... Come tutti i giorni..." dissi con un pò di ironia.
"dai, smettila!"
"... Non devo smetterla io,devono smetterla loro..."
"chi?! "
"TUTTI!" gridai arrabbiata. "voglio che tutti la smettano di farmi soffrire! Voglio tornare libera!"
"noi... Noi non possiamo tornare  libere..."
"perché no?! In Francia lo eravamo!"
"ma noi siamo piú in Francia! Noi siamo qui, a San Francisco e finché non ci permetteranno di andare via noi non potremo mai tornare libere. Mi dispiace." disse mente se ne andava.
Anche mia sorella aveva smesso di sperare, per lei non saremo mai tornate libere. Non aveva piú fiducia nell'umanità e aveva ragione a non avere piú fiducia. Prima l'omicidio di nostra madre e poi le costanti dulusioni nella scuola e nell'amore. Sophia era forte, ma non indistruttibile, era pur sempre un essere umano.
Dopo un pò cercai di alzarmi, ma le ossa mi facevano troppo male. Forse sarei dovuta restare nella mia stanza per tutto il resto del giorno.
Mi piaceva restare da sola, ma volevo camminare.
I mie pensieri vennero interrotti dalla porta che si riapriva, era dinuovo Sophia. Notai che aveva tra le mani una piccola scatola gialla e una lettera, mi mise quelle cose sul letto e se ne andò.
Curiosa allungai il braccio, presi la lettera e la lessi:"per non farti dimenticare che la dolcezza esiste.
Liam."
Non potevo crederci, qualcuno mi aveva mandato una lettera! E quel qualcuno era proprio Liam.
Io sorrisi come se lui potesse vedermi e aprii la scatola:dentro c'erano dei piccoli dolcetti con sopra un pò di panna.
Ne assaggiai uno e i miei occhi si illuminano, erano buonissimi!
Mi faceva piacere sapere che almeno una persona in quel mondo mi pensasse, mi faceva pensare di essere meno sola in quel mondo di sofferenza.
Presi un altro dolcetto e lo mangiai, era troppo buoni.
Quel piccolo gesto mi fece tirare un pò su nonostante la brutta giornata. A quel punto decisi di alzarmi e sorprendentemente ci riuscii! Ero molto contenta, quindi decisi di cambiarmi e andare a prendere il libro che avevo adocchiato quella mattina.
Dopo un pò uscii dalla mia stanza e andai verso il bagno, appena entrai vidi il mio volto distrutto. Piú mi guardavo piú mi sentivo male, mi sentivo un verme, un verme schifoso e viscido. Non volevo continuare a sentirmi male quindi andai verso la doccia, aprii l'acqua e misi la faccia sotto il getto della doccia.
L'acqua era gelata e i mie capelli erano già tutti bagnati, ma non mi importava. Il suono delle gocce che sbattevano sul pavimento sovrastavano i mie pensieri.
"Emily!!"urlò Sophia interrompendo il silenzio." Dove sei?! "
" mi sto facendo la doccia. "risposi.
" ma devi riposarti!! "
" non mi importa"dissi indifferente.
Dopo quella mia risposta non sentii piú niente e continuai a sentire il tumore delle goccioline che battevano sul pavimento.
Dopo poco decisi di andare ad asciugarmi i capelli.
Quando i mie capelli furono, finalmente, asciutti uscii dal bagno e scesi le scale. I mie passi erano lenti e pensanti, ma almeno riuscivo a camminare e non cadevo.
Appena arrivata al piano di sotto non vidi nessuno, ero completamente sola. Mi avviai a passi lenti verso la libreria e cominciai a cercare il libro, ma non lo trovai, forse era caduto o Sophia lo aveva preso battendomi sul tempo.
Passai quasi cinque minuti a cercarlo, ma non lo trovai comunque,così mi arresi e decisi di tornare in camera a leggere qualche altro capitolo del mio libro preferito. Appena arrivai al piano di sopra trovai la giacca della divisa di mia sorella sul pavimento. Cosa ci faceva lì?
In piú notai che la porta della sua camera era socchiusa, forse si era dimenticata di chiuderla.
Incuriosita andai a vedere cosa stesse combinando Sophia, così presi la giacca e mi avvicinai piano alla porta e sbircia dentro.
Quello che vidi mi sconvolse, mi fece rimanere senza parole.....

Fine terzo capitolo.

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