IX.

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Fu all'improvviso sera. Taehyung era stato tutto il giorno in casa sua a gongolare su quelle bozze che ancora dovevano essere perfette: se non lo fossero state, dovevano almeno sembrarlo.

Aveva scritto e riscritto su quel documento fra il salotto e la cucina, il bagno e la camera dei suoi, tutto il giorno fuori per affari; persino nella vasca da bagno, sperando di non mandare in tilt il computer.

Da ultimo s'era ritrovato lì, nell'unica stanza dove trovasse davvero ispirazione. Talvolta fissava lo schermo, talvolta ribatteva lesto le parti che non gli andavano: alzava di tanto in tanto la testa alla lavagnetta di fronte al suo letto e verificava che tutto si ricongiungesse perfettamente allo schema di sostegno della tesi.

Era nel letto, disteso allo schienale, con la testa china sulla tastiera mentre scriveva, quando: "È permesso?" a gambe incrociate sotto il computer, Taehyung voltò la testa, intento, per vedere chi lo disturbasse mezz'ora prima della cena.

"Chi ti ha fatto entrare?"

"Tuo padre." con un ginocchio piegato, ed una mano sullo stipite della porta.

"È già rientrato?" chiese Taehyung, col sopracciglio aggrottato al di sotto dei suoi occhiali rotondi. Varie montature, per varie occasioni, ma quella che teneva sempre sul comodino era la stessa che lì indossava.

"Evidentemente..."

Marcel era in piedi sulla porta. Va' via cagnaccio, aveva detto a Miri un attimo prima, mentre saliva le scale verso la soffitta di Taehyung. E se l'era tolta dai piedi con un calcio, quando lei assiduamente cercava di strappargli il polsino del pantalone: i rivoli di saliva e l'impronta del piccolo musino gli erano ancora sulla stoffa.

"Posso entrare?" aggiunse.

Una delle poche volte che Taehyung l'aveva visto così. Non vestiva mai di tute da ginnastica; indossava sempre e solo abiti informali. E, dunque, quella sua insolita mise indicava confidenza: Taehyung era stato chiaro al riguardo, niente più relazioni; da domani sarai solo il mio manager.

"Mmh..." ma Taehyung non gli disse né sì, né no. Era, per la verità, incerto; nei giorni stessi maturò quell'incertezza leggibile ora nella sua risposta.

Camminò fino al letto di Taehyung, ed un dettaglio saltò all'occhio de l'artiste: Marcel chiuse la porta. Taehyung non chiudeva mai la porta di camera sua, perché era rintanato al piano più alto della casa e nessun rumore ci sarebbe stato a disturbarlo. Solo il suono del boulevard al di sotto.

"Non ti sei più fatto sentire." con coraggio. Tu me manques, mon petit.

Ed una strana sensazione percorse il corpo di Taehyung: un brivido lungo la schiena, mentre Marcel si mordeva il labbro e gli si distendeva di fianco a pancia prona.

Marcel se ne accorse perché Taehyung fu scosso da un qualcosa che gli si propagò alle braccia ed alle gambe. Non può piacermi ancora, e forse allora cosa, se non paura; e non paura della persona stessa di Marcel, piuttosto la paura di solitudine, mossa dal desiderio di compagnia.

"Marcel, cosa vuoi? Mi sembrava di esser stato chiaro." Taehyung si strinse nelle spalle. "Preferirei un rapporto professionale." e nell'aspetto cercò di simulare il contrario. Era finito in un vortice: le conseguenze delle proprie azioni lo facevano pentire di non aver detto di no in passato; ma sul momento gli rimaneva difficile, perché ormai da troppo era incastonato in quella prigione circolare che lo riconduceva sempre a Marcel.

Solamente il mio manager.

Allora Marcel si nascose la faccia fra le mani, come per la vergogna. Ed intercorse silenzio fra i due, con lui che s'incolpava, e Taehyung che lo guardava.

MelRose | VKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora