Piani

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Paradiso - Ufficio dell'Arcangelo Supremo - Oggi




Aziraphale, i gomiti puntati sulla sua scrivania di vetro satinato, si passò nervosamente le mani tra i capelli.

Qualche scintilla dorata si liberò dalla chioma bionda, rimanendo sospesa attorno alla sua testa come una leggera nube.

Non c'era modo. Nemmeno una singola, piccola, marginale possibilità. Aveva trascorso tutto l'anno precedente a modificare dettagli più o meno importanti, testare luoghi, mutare accadimenti, cambiare orari. In nessuno dei tremiladuecentoventitré scenari che aveva composto sarebbe stato in grado di salvare la Terra.

Certo: quello era il volere di Dio e, come tale, non avrebbe dovuto trovare ostacoli o ripensamenti, soprattutto ad opera di uno dei più alti ufficiali del Paradiso.

E, a ogni modo, i Giusti si sarebbero salvati (era stata in assoluto la prima cosa che si era premurato di controllare, trovando un intero paragrafo del Grande Piano dedicato alla spartizione delle Anime al "termine di Tutto").

Ma non riusciva a non pensare agli altri. Ai giusti di animo, anche se non ospitati sotto le ali del loro dogma. Ai bambini di ogni angolo del globo appartenenti ad altre confessioni o così piccoli da non essere ancora stati battezzati (continuava a rimbombargli nelle orecchie una frase sentita chissà dove ma che non riusciva in alcun modo a ignorare: "non i bambini... non puoi uccidere i bambini!")1). Certo, per loro era stato preparato il limbo. Ma era davvero un bel destino? Soli, senza genitori, eternamente immobili in un'enorme sala giochi con due angeli (nemmeno i più simpatici, da quanto aveva potuto sbirciare dalle assegnazioni) a custodirne l'ingresso?

Serrò gli occhi, le dita ancora affondate nei riccioli chiari.

E l'erba? Il sole? Il vento? La pioggia d'estate, gli animali, le piante? I pesci, i fiori, gli usignoli?

L'intero Universo sarebbe stato strappato via come una vecchia carta da parati. 2)

E che dire dell'improvviso sovraffollamento che si sarebbe creato all'Inferno? Era già abbastanza buio e angusto senza scaraventarvi dentro quasi sei miliardi di persone in un sol colpo. Considerando poi che le Schiere Celesti contavano un ventesimo di quella unità, non sarebbe passato molto tempo prima che gli inquilini del piano di sotto venissero a esigere un po' di spazio. E una seconda Guerra Celeste era davvero l'ultima delle cose che avrebbe voluto veder accadere (o per meglio dire la seconda: la distruzione del Globo rimaneva salda al primo posto degli scenari da incubo).

Avrebbe potuto provare a istruire il Redentore sulla Terra... forse, conoscendola e imparando ad amarla, avrebbe fatto una chiamata alla Madre per comunicarle che "no, non se ne faceva nulla". Ma non aveva un solo appiglio legale per poterlo fare. Le Sanctissima Scholarum si trovavano in Paradiso e, anche se avesse convinto l'Altissima della bontà dell'idea (il che, comunque, significava mentirle), sicuramente gli sarebbe stato affiancato almeno un altro Arcangelo come aiuto. E, a quel punto, tanto valeva rimanere Lassù e sperare di riuscire a svolgere qualche lezione "a porte chiuse".

Per la tremiladuecentoventiquattresima volta, non trovando vie di uscita, sospirò e fece comparire una tazza di tè fumante alla sua destra e un blocco da disegno alla sua sinistra.

Aveva scoperto che disegnare riusciva a rischiarargli la mente e a mettere a tacere, almeno per qualche attimo, il suo tormento. Non avrebbe potuto continuare a farlo per sempre - Michele e Uriel avevano fissato la data di arrivo del Salvatore allo scoccare del secondo anno di sua reggenza del Paradiso («Ci sono un po' di fascicoli arretrati da visionare - lo aveva avvisato Uriel aprendo la porta del suo ufficio, spalancando davanti ai suoi occhi una pila di faldoni che si ergevano traballanti gli uni sugli altri fino a sparire alla vista - Gabriele non amava molto la parte burocratica del lavoro... Penseremo alla Seconda Venuta quando saremo in pari!») - ma, fino a quel momento, aveva funzionato abbastanza bene nell'evitare che cedesse troppo allo sconforto o alla rabbia.

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