𝕾𝖑𝖞𝖙𝖍𝖊𝖗𝖎𝖓 𝕳𝖔𝖓𝖔𝖗 ~ 𝕰𝖘𝖙𝖆𝖙𝖊 1977

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- Non farti mai più sentire mentre dici certe cavolate - la voce fredda di suo padre era tradita dal terrore che gli traspariva negli occhi. Barty Crouch Jr sorrise e il sapore metallico del sangue gli invase la bocca e poi scese giù fino alla gola dove sembrò formargli uno spiacevole nodo. Osservò con attenzione i suoi genitori, l'austera freddezza del padre e la timorosa preoccupazione di sua madre, intenta a torturarsi le dita nel tentativo di impedire alle sue mani di raggiungere il viso martoriato di suo figlio. Barty sentì un leggero calore nell'osservare la donna ma fu costretto a reprimerlo quando si sentì tirare all'indietro i capelli con violenza.
- Mi hai sentito - gli sibilò suo padre all'orecchio
- Io non ho cresciuto ligiamente un figlio per sentirlo dire che il signore oscuro è un visionario che noi tutti soccomberemo se non gli presteremo fiducia- sembrava terrorizzato, orripilato dalla sola idea che qualcuno sentisse quei discorsi
- Tu non sei mio figlio ma solo un pazzo- non avrebbe dovuto fare male, non dopo tutto quello che il padre gli aveva detto nel corso degli anni ma non poté fare a meno di sentirsi crollare. Ormai non si sentiva più vivo, lontano da Hogwarts e dalle uniche due persone di cui si fidava non si era mai sentito tanto solo. Era l'estate del suo sesto anno e fu anche l'estate in cui decise di compiere una scelta avventata, guidata puramente dal desiderio di punire se stesso e suo padre. A settembre quando arrivò alla stazione di Londra era cambiato e non solo perché le sue gambe si erano allungate e il viso aveva definitivamente perso ogni traccia infantile. Era qualcosa di più profondo, strettamente legato al tatuaggio che pulsava sul suo polso: un serpente che usciva dalla bocca di un teschio e dalla luce folle che accendeva i suoi occhi, più cupa e meno geniale di un tempo, alimentata puramente dalla sua disperazione.
Fu doloroso tornare a muoversi dopo un'estate passata per metà in uno stato di intorpidimento completo. Era stato dopo che si era fatto il tatuaggio, suo padre l'aveva picchiato e poi sotto le preghiere disperate della moglie si era limitato a soggiogarlo, imprigionandolo con la maledizione Imperius per gli ultimi due mesi. Erano bastati quelli per far arrendere la sua volontà e ora si sentiva vuoto. Dopo aver passato le prime settimane a cercare di liberarsi il resto era stato tutto un disperato tentativo per non impazzire. Quando, una settimana prima, avevano spezzato la maledizione era stato rinchiuso in una stanza per farlo calmare e poi costretto sotto giuramento a non scappare fino all'inizio della scuola.
Ora arrancava verso lo scompartimento del treno con la sola forza di volontà. Sentiva dolore dappertutto per via delle volte in cui aveva provato a gettarsi contro la porta che lo rinchiudeva e per i suoi tentativi di opporsi alla maledizione del padre. Vide una testa di capelli neri e si avvicinò aggrappandosi febbrilmente alla sua spalla.
Il ragazzo attirato da quel gesto si girò mostrando un paio di stanchi occhi grigi che si sgranarono non appena si accorsero del suo stato. Barty sapeva come doveva apparire, la pelle dal colorito malsano, le guance infossate e gli occhi appannati. Era stata la sua unica vendetta, opporsi con tutte le sue forze dal toccare cibo e dormire di modo che il padre avrebbe dovuto delle spiegazioni per le sue condizioni ma in quel momento si sentì in colpa. Non voleva farsi vedere così da Regulus, non voleva che il suo amico pretendesse di ignorare le occhiaie che gli marcavano il viso e il graffio che gli strisciava lo zigomo per preoccuparsi della sua situazione. Lui non era l'unico a voler scappare dalla sua famiglia e guardandolo capì che neanche la sua estate era stata piacevole.
Si accasciò sul suo petto per quanto fosse più stretto e sottile e vi seppellì il viso intenzionato a nascondere le lacrime che aveva trattenuto da mesi. L'altro lo strinse a se in cerca anche lui di conforto. Quando Evan raggiunse i due ragazzi li trovò stretti in un sedile di uno scompartimento vuoto, come se il contatto fisico fosse l'unica cosa a impedirgli di scoppiare. Fece passare lo sguardo dall'uno all'altro e quello che vide fu doloroso. Si sedette di fianco a loro, ribollente di una rabbia che non sembrava mai abbandonarlo ma allo stesso tempo rilassato dalla consapevolezza che per ora fossero tutti e tre al sicuro. Fece scivolare la testa sulla spalla di Barty e il ragazzo gli strinse una mano, un sorriso rassegnato sulle labbra.
- Allora... - iniziò quest'ultimo con voce roca
- Mio padre mi ha maledetto per mezza estate quindi se non ho risposto alle vostre lettere era perché non potevo controllare più le mie mani - disse allegramente. Regulus strinse gli occhi fissandolo e si sollevò dalla posizione rilassata in cui era stato fino a quel momento. Il suo stato di debolezza era passato e ora era tornato ad essere Regulus Black.
- È illegale - disse serio, il suo tono di voce che si scaldava.
- Potresti denunciarlo e lo sbatterebbero ad Akzaban - continuò più freddamente, cercando di celare la rabbia.
- Sbatterebbero me lì dentro - sussurrò lui " e forse sarebbe meglio così" gli ricordò la voce di suo padre. Sul suo polso il marchio nero era diventato pesante e provò la voglia di strapparsi la pelle pur di smettere di sentirselo addosso, invece non fece altro che scostare la mano di Evan e sollevarsi la manica. Gli occhi di Regulus si fissarono ai suoi per secondi che gli sembrarono interminabili e poi fece lo stesso. Per entrambi fu come togliersi un peso e guadagnarne un altro peggiore in cambio. Questo prima che sentissero il verso strozzato di Evan.
- Che cazzo avete fatto - era furioso e Barty si chiese se non si fosse mai reso conto che entrambi sapevano che anche lui ce l'aveva. Certo era stato discreto, svegliandosi anche ore prima per coprirlo con complicati incantesimi quando faceva caldo e ostinandosi a coprirsi sempre le braccia quando gli era possibile ma Regulus e Barty avevano sempre saputo.
- Nessuno di noi ha avuto scelta- disse Regulus guardandolo.
- Se non per le nostre famiglie - continuò indicando se stesso e Evan
- Allora come via di fuga - Barty abbassò lo sguardo.
- Voi non capite- mormorò Evan alzandosi di scatto.
- Non era questo che volevo per voi... voi dovevate farcela, scappare da questa cazzo di guerra - sembrava che dentro di lui qualcosa si fosse rotto e forse era così.
- Credi che io non lo voglia- gli urlò di rimando Regulus prima di mordersi il labbro, gli occhi lucidi di rabbia.
Barty osservò la scena, turbato dalle urla, incapace di reagire. Le sue mani tremavano ma gli altri due erano troppo impegnati ad urlarsi contro per accorgersene. Poi non ce la fece più. Nella sua testa c'erano mesi di prigionia, una settimana di digiuno e la speranza infranta di essere finalmente al sicuro. Era stanco, stanco di lottare, di opporsi, di vivere. La presa sulla sua bacchetta era salda nonostante il lieve tremore della mani, gli occhi brillavano della sua follia come uno specchio di quello che sentiva. Regulus urlò il suo nome mentre Evan afferrava la bacchetta per cercare di disarmarlo. Non fece abbastanza in fretta però e Barty si accasciò sul sedile del treno, la vista ormai ridotta a poche ombre indistinte e le orecchie che fischiavano, ancora sensibili dallo scoppio del colpo che si era auto inferto. Poi fu tutto buio.

𝕾𝖑𝖞𝖙𝖍𝖊𝖗𝖎𝖓 𝕳𝖔𝖓𝖔𝖗 ~ 𝒜 𝑀𝒶𝓇𝒶𝓊𝒹𝑒𝓇𝓈 𝐸𝓇𝒶 𝒮𝓉𝑜𝓇𝓎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora