L'edificio che gli si trovava davanti aveva più cose in comune con una bettola che con una minimamente rispettabile abitazione ma Evan si costrinse lo stesso ad entrarci. Era su due piani, le finestre distrutte rattoppate con teli di nylon e l'intonaco che cadeva a pezzi. Quando la porta, mezza asta di legno tenuta in piedi da un cardine solo, cedette sotto il suo tocco aprendosi, venne investito da un forte odore dolciastro mischiato a quello meno intenso di muffa e tabacco.
Evan tossì un paio di volte all'odore familiare dell'erba sentendo gli occhi farsi lucidi per l'umidità. Voleva accendere la bacchetta ma sapeva di non poterlo fare, era una casa babbana dopo tutto. Dei rumori dal piano di sopra confusi e attutiti dalla sottili pareti lo convinsero a salire. Quel posto era uno squallore assoluto e Evan pensò di essersi sbagliato, lo sperò con ogni fibra del suo corpo anche quando, raggiunto il piano superiore, lo vide.
Era dimagrito dall'ultima volta che l'aveva visto, quando aveva accusato lui è Regulus di essere dei traditori e aveva torturato un babbano sotto i loro occhi. Aveva gli stessi lineamenti nobili anche se completamente deturpati dallo stato in cui si trovava, mezzo nudo e strafatto in mezzo ad altri sei corpi semicoscienti. Evan distolse lo sguardo, improvvisamente fin troppo consapevole della scena che si trovava davanti a lui. Voleva gridare e per la prima volta sapeva che non ci sarebbe stato nessuno a impedirgli di farlo e cedere definitivamente. Sentì il suo sguardo addosso come l'ennesima pugnalata e si costrinse a ricambiarlo. L'altro sorrise, scoprendo dei denti pericolosamente immacolati nel contesto di quella scena, distruggendo anche la minima facciata di sanità che sembrava essergli rimasta addosso. Guardarlo era come camminare su uno specchio rotto, consapevole di ogni singola scheggia che ti ferisce i piedi ma incapace di sottrarti a quel dolore. Il suo sguardo gli scavava dentro, intrappolandolo in un gioco pericoloso. Si alzò scostandosi di dosso una ragazza e un ragazzo che infastiditi gli imprecarono contro. Lui si rigirò verso di loro solo per un secondo, la bacchetta comparsa da non si sa dove e sotto lo sguardo inerte di Evan li cruciò. I loro pigri gemiti vennero sostituiti da urla di dolore mentre i corpi di tutti quei babbani si contorcevano a terra.
Barty Crouch Jr sembrava totalmente immune alla scena, ora completamente concentrato sul ragazzo davanti a lui.
- Non saluti nemmeno - lo disse senza distogliere lo sguardo, i suoi occhi verdi che vagavano in quelli scuri di Evan. Al di là di tutta la follia che lo circondava in quel momento sembrava incerto, quasi non sapesse come approcciarsi.
Evan non degnò la sua frase di risposta troppo scosso da quello che stava succedendo.
- Regulus è morto - la notizia era finita sui giornali e probabilmente Barty lo sapeva già ma lui aveva bisogno di dirglielo, di scoprire che in realtà non ne era a conoscenza e che era proprio per questo che non si era presentato al funerale. Barty l'aveva capito e sapeva che sarebbe stato più facile fingersi sorpreso da quella notizia ma non se la sentì e gli concesse la verità o almeno una sua parte.
- Lo so - disse semplicemente e non aggiunse che era proprio quello il motivo per cui si trovava lì in quel momento, che non appena l'aveva saputo si era precipitato sotto casa sua per scoprire che lui non c'era e sentirsi uno stupido per aver compiuto quel gesto. Non gli disse che subito dopo si era smaterializzato in centro a Londra in cerca di qualche distrazione e non gli disse nemmeno che per tutta la settimana trascorsa in quel posto drogandosi per non dover pensare non aveva potuto fare a meno di farlo invece.
Evan non reagì alle sue parole, non visibilmente almeno, si limitò a continuare a fissarlo, le urla dei babbani che ormai si erano spente.
- Ho sbagliato a venire qui - disse dopo un attimo di silenzio e a Barty fece male. Si inumidì le labbra in un tic febbrile che aveva da dopo l'incidente sul treno. Nella sua testa c'era qualcosa di sbagliato e lo sapeva ma in quel momento non importava, non quanto la presenza di Evan davanti a lui. Non voleva che se ne andasse e si rese conto che la parte più malata di lui l'avrebbe anche costretto a restare se fosse servito. L'altro si stava allontanando, quasi percepisse il pericolo di stare in sua presenza e Barty si chiese se fosse davvero solo paura quella che vedeva nel suo sguardo. La paura era facile da gestire, la delusione invece lo feriva.
- Ros non farlo - sussurrò quasi inconsapevolmente. Era da anni che Evan non sentiva quel nomignolo, era una cosa stupida, nata dal fatto che un dodicenne Barty sostenesse che Evan fosse un nome da vecchio e che Ros invece fosse molto più fico. Erano nate discussioni al riguardo, con Regulus che sosteneva che "Ros" non fosse neanche un nome vero e che invece l'omonimo "Rose" fosse da ragazza. Evan all'epoca si era sentito insultato e Barty aveva iniziato a chiamarlo allegramente "Rose" in un falsetto osceno mentre Regulus dava ad entrambi degli idioti. Ora racchiudeva un tono amaro, era il ricordo di una complicità che si era spezzata anni prima e entrambi sembrarono percepire il peso che fece calare tra loro.
Evan si era bloccato, gli occhi fissi sul pavimento. Stava combattendo una guerra dentro di se, una promessa da mantenere ma il dolore del tradimento vivido in testa. Voleva e doveva salvarlo ma alla stesso tempo non sapeva più se la persona che aveva davanti fosse ancora il suo amico, non sapeva cosa andasse salvato, se c'era ancora qualcosa da salvare.
Sentì una pressione sulla schiena e per un attimo fu invaso dall'ormai familiare terrore di aver abbassato la guardia.
Era Barty, però, è nonostante tutto per lui non rappresentava una minaccia. Si girò lentamente finché non se lo ritrovò davanti, la testa china sul suo petto dove prima c'era la sua schiena. Era distrutto, entrambi lo erano.
Pensò alla promessa fatta a Regulus - salvalo - e se lo immaginò lì con loro in quel momento, algido come sempre gli piaceva mostrarsi mentre gli intimava di lasciar perdere le divergenze e smettere di comportarsi da idioti. Lui sarebbe stato in grado di tenerli insieme, l'aveva sempre fatto ma ora non c'era più. Abbassò lo sguardo verso Barty e prese un respiro. Il suo odore era un misto tra fumo e sudore ma sotto la superficie sapeva ancora di casa. Era qualcosa che Evan non era mai stato in grado di spiegarsi, un odore che era solo suo e che percepiva ogni volta che l'amico gli veniva vicino. Era l'odore del vecchio e Evan si rese conto che gli ci erano voluti quasi dieci anni per capirlo. L'odore di Barty lo calmava perché contro ogni aspettativa era l'odore della sua casa. Mosse incerto una mano fino a portarla tra i suoi capelli iniziando ad accarezzarli lentamente. Sentì l'altro rilassarsi sotto il suo tocco e farsi sempre più vicino.
- Grazie - sussurrò Barty e Evan sorrise.
- Andiamo via da qui - Per il momento poteva anche non essere necessariamente la Francia, bastava un angolo di pace, quattro mura dove potevano tornare ad essere ragazzini, senza la guerra.
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𝕾𝖑𝖞𝖙𝖍𝖊𝖗𝖎𝖓 𝕳𝖔𝖓𝖔𝖗 ~ 𝒜 𝑀𝒶𝓇𝒶𝓊𝒹𝑒𝓇𝓈 𝐸𝓇𝒶 𝒮𝓉𝑜𝓇𝓎
FanfictionStoria in continua - ma lenta - revisione ᴿᵉᵍᵘˡᵘˢ ᴮˡᵃᶜᵏ ᴱᵛᵃⁿ ᴿᵒˢⁱᵉʳ ᴮᵃʳᵗʸ ᶜʳᵒᵘᶜʰ ᴶʳ "υη ¢αттινσ è ѕσℓσ υηα νιттιмα ℓα ¢υι ѕтσяια ηση è мαι ѕтαтα яα¢¢σηтαтα" -----------------------------------------------