Le storm.

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Durante i giorni seguenti riuscimmo a vivere in pace ma non sapevo ancora che quella sarebbe stata solo la preparazione al mio inferno.

I compagni ci trattavano sempre come se avessimo la lebbra ma non successe nulla di particolare con loro, riuscimmo a non incontrare Jason neanche una volta mentre Tyler si mostrava sempre più gentile ma io credevo che, come aveva detto Justin, non lo faceva perché ci teneva davvero a me ma solo per convincermi ad andare a letto con lui così cercavo di allontanarlo ogni volta finché un giorno mi disse:

- so che credi che io non ci tenga a te ma non è vero, vorrei aiutarti davvero, ti sei chiesta perché non vedi Jason da quasi una settimana? Gli ho parlato e credo che non tornerà più.
- grazie Tyler- risposi. - se c'è qualcosa che posso fare per te dimmelo.

Mi sentivo davvero sollevata del fatto di non dovere più preoccuparmi di lui e una seccatura non c'era più.

- una cosa ci sarebbe, non è che potresti mettere una buona parola su di me con tua cugina? Credo che sia molto sexy. - tossì e arrossì- molto bella, volevo dire bella.
- certo credo che ne sarà felice. - mi misi a ridere, ma ero contenta per lei perché sapevo che gli piaceva già da tempo. Quando glielo raccontai a casa iniziò a saltellare per la casa canticchiando, non l'avevo mai vista così.

Justin intanto aveva deciso con i suoi genitori che si sarebbe potuto vestire come voleva e che da grande avrebbe scelto il lavoro dei suoi sogni ma in cambio avrebbe comunque dovuto studiare tanto e dopo aver scelto un lavoro sarebbe dovuto diventare un uomo di successo in quel campo. Tutto era tornato perfetto in quella famiglia, l'unica cosa sulla quale ancora sia la madre sia il padre avevano da ridire erano i pantaloni di Justin a vita troppo bassa che mostravano tutte le mutande, veramente quelli non riuscivo a sopportarli neanche io e ogni volta mi avvicinavo dietro a lui e glieli alzavo, lui rideva e dopo qualche passo gli tornavano come prima ed eravamo di nuovo punto e daccapo.
Inoltre era tornato a dormire a casa e mi mancava terribilmente così passavamo spesso le notte a inviarci messaggi o a chiamarci, io avevo paura di poter ricominciare con i soliti incubi ma sapevo che ormai la mia vita era cambiata e nei pochi sogni che facevo c'eravamo solo io e Justin.

Da quando avevo detto al signor Collins che avevo riaperto il caso della morte dei miei genitori e di mia sorella era diventato ancora più strano e irrequieto e spesso si metteva le mani sulla faccia come se fosse disperato quando ne parlavamo.
E l'altra cosa che rovinò la settimana era l'agognata attesa della risposta da parte della polizia riguardo al caso dei miei genitori.

**

- Quanto è?
- 500 dollari.

Gli diedi i soldi, il commesso mi porse la custodia e uscii dal negozio.

- per chi è quella?

Un ragazzo mi toccò la spalla, riconobbi subito la sua presa forte e la sua voce. Sbiancai e mi mancò il respiro decisi di ignorarlo e mi incamminai verso casa, ma come immaginavo, lui mi seguì.

- allora? È tua?

Continuai a camminare e non risposi, speravo che Jason se ne andasse ma non sembrava voler ricevere un altro due di picche.

- ti posso parlare privato?
-no, devo posare questa a casa.- indicai il mio ultimo acquisto.
- dai un secondo, seguimi.

Mi prese per un braccio e mi tirò fortemente avrei voluto protestare ma come al solito non riuscivo ad allontanarmi da lui.
In quel momento l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che Justin mi avrebbe potuto salvare e io avevo paura.
Camminammo a passo svelto per circa 10 minuti poi si fermò davanti un vicolo piccolo, nascosto e buio e disse:

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