After the storm.

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- sei felice? Finalmente hai risolto il caso. - Ronnie sorrise ingoiando un boccone di carne cucinata da zia Lea.
- in questi ultimi tempi la mia vita è cambiata in meglio e non sarebbe successo senza Justin.

Lui abbassò la testa arrossato poi continuai - Tu e Lea siete diventate così gentili, ho accanto delle persone che davvero mi vogliono bene, tutta questa storia e iniziata con la sofferenza perché i miei sono morti, gli atti di Jason e del signor Collins mi hannop segnato a vita ma ormai è tutto finito. Li ho persi non li rivedrò mai più ma sto meglio perché so chi li ha uccisi e come sono andate veramente le cose- sorrisi.
- sapevo che prima o poi la tua sofferenza sarebbe finita. - disse Justin alzandosi da tavola e portando i piatti via.
- Ora possiamo finalmente dire e vissero felici e contenti. - dissi ridendo.
- no, non ancora. - rispose Justin serio.

**

- dove stiamo andando? - chiesi la mattina seguente salendo in macchina di Justin.
- non lo so neanche io ma ti ci devo portare.

La risposta era strana ma mi fidavo di lui. Passarono circa due ore quando si fermò davanti a una villa, scese e io feci lo stesso.

- dove siamo?
- non lo so. - prese lo stesso bigliettino che gli avevo visto lo stesso giorno che avevano condannato Matthew e lo guardò attentamente.
-cos'è?- chiesi sperando che mi rispondesse.
- è un indirizzo che mi ha dato il signor Collins per farsi perdonare.
- ah si? Una casa di cura? - dissi con tono freddo.
- no, l'indirizzo è di questa villa, vieni entriamo.- mi prese per un polso e mi tirò verso la porta ma io mi piantai con i piedi per terra.
- no io non vengo da nessuna parte.
- perché?
- è l'indirizzo che ti ha dato un assassino.
- una persona che si è pentita.- corresse lui.
- io non lo perdono lo stesso andiamocene.

Mi incamminai verso la macchina Justin mi seguì e mi sussurrò all'orecchio:

- fallo per me, non ti costa nulla.

Poi mi baciò il collo e io mi girai, salì fino alle labbra e mi baciò appassionatamente dopo un po' chiese:

- allora?
- dopo che entriamo che diciamo?
- improvvisiamo.
- va bene. - dissi svogliata.

Arrivammo alla porta e bussammo venne ad aprirci una donna dall'aria simpatica più o meno dell'età di Lea.

- cosa posso fare per voi giovanotti?
- possiamo parlarle? - disse Justin.
- certo accomodatevi.

Entrammo e ci portò in un salone. La casa era enorme e bellissima assomigliava molto alla mia di quando ero piccola, c'era lo stesso odore di mobili antichi ed era anche questa piena di tappeti.
Ci sedemmo e osservai:

- che bella casa.
- grazie ma è un po' disordinata per colpa dei miei figli.

In quel momento entrarono due bambini uno di circa 10 anni e l'altro di 6 con degli aeroplani giocattoli in mano, ci ignorarono e cominciarono a saltare su un divano, sembravano felicissimi. Stavano vivendo l'infanzia che io non avevo mai potuto godermi. Un po' di tempo fa mi sarei solo rattristata invece adesso sorrisi perché mi mettevano allegria.

- Mike! Mark! Non fate i maleducati e venite a salutare.

Urlò la madre loro si girarono e dissero in coro:

- ciaaao.

Poi corsero giù dal divano e si precipitarono in un'altra stanza dicendo cose del tipo:

- abbiamo un guasto al motore dobbiamo correre al riparo
- forza! Andiamo alla pista di atterraggio.
- che bei bambini. - disse Justin sorridendo.
- grazie ho anche una figlia femmina più o meno della vostra età ma deve ancora tornare a casa, allora di cosa mi volevate parlare?
- ecco le sembrerà strano ma un uomo...

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