CAPITOLO 14

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Ronfava piano, Crowley. Questo fece intenerire Aziraphale, ma la posizione non era delle più confortevoli, con le gambe penzolanti fuori dal materasso e l'aria un po' troppo fresca che punzecchiava il corpo nudo e accaldato, quindi decise che dovevano infilarsi sotto le lenzuola, comodamente appoggiati ai cuscini.

Si mise seduto, trasportando l'altro con sé, che bofonchiò qualcosa contro la sua spalla e gli passò le braccia attorno al collo. Meglio così, più facile da sollevare. Il demone era magro e piuttosto leggero, non fu difficile condurlo fino alla giusta posizione. Aziraphale si sistemò accanto a lui, di fianco e coprì entrambi. Lo guardò per qualche istante, prima di chiedere in un sussurro alla luce di abbassarsi.

Il sesso, una scoperta davvero interessante e, come era accaduto per altre cose che Aziraphale amava, tutto merito di quel demone tentatore. Sorrise, alzò una mano e gli sfiorò il profilo, la curva del naso, la linea delle labbra. Certo che mentre dormiva aveva un'aria molto poco demoniaca.

No, decisamente non poteva sacrificare se stesso, neanche se davvero fosse stata quella la giusta via da seguire, lo doveva a Crowley, anzi, lo doveva a entrambi.

Gli tornarono in mente alcune parole della canzone su cui avevano ballato:

Da solo, sono solo.

La metà di quello che potrei essere.

Non posso fare a meno di te.

Quanto era vero! Tutte le volte che Crowley era corso da lui, anche per la più piccola richiesta. Aveva sempre potuto fare affidamento sul demone, a discapito delle leggi del Paradiso, dei grattacapi dell'Inferno o del caotico incedere dell'umanità.

Siamo cuciti insieme.

Avvicinò la fronte fino a toccare quella dell'altro. Se anche l'indomani le cose fossero andate male loro sarebbero stati insieme. «Fuggiremo su Alpha Centauri, o dove vuoi tu, non importa, ma lo faremo tenendoci per mano.» Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal tepore dei loro corpi vicini e dal respiro lento dell'altro.


* * * *


Quando Crowley si svegliò la prima cosa che fece fu accertarsi che Aziraphale fosse rimasto al suo fianco. E lo era. Circostanza ancora più suggestiva, la sua mano destra aveva le dita intrecciate a quelle della mano sinistra dell'angelo, come se Aziraphale non avesse voluto lasciarlo solo neanche nel sonno, o una roba romantica del genere. Qualunque fosse il significato a Crowley piaceva perché, e quello gli era stato ben chiaro sin dai tempi della Caduta, la solitudine era stata la peggiore delle conseguenze.

Nella penombra, fuori dalla finestra, tra le persiane chiuse, si intravedeva una languida luminosità rosata. L'alba incombente e l'inizio di quel giorno fastidioso in cui avrebbero di nuovo dovuto affrontare le due entità più potenti del Creato.

Si voltò verso l'altro, addormentato al suo fianco. Che espressione innocente e pacifica, il massimo dell'"angelitudine". Si permise un sorriso e con la punta dell'indice sinistro gli punzecchiò la guancia. Gli dispiaceva quasi svegliarlo, ma almeno prima del dramma avrebbero potuto concedersi quella famosa colazione alcolica che aveva sperato di fare dopo l'uscita di scena di Belzebù e Gabriele. Aziraphale fece una smorfia buffa ma non aprì gli occhi, così Crowley si sollevò su un gomito e si curvò su di lui, infilò il naso tra il collo e la spalla dell'altro e annusò quel profumo che tanto amava e che avrebbe riconosciuto ovunque, poi prese a mordicchiare la pelle.

Piccoli morsi, di varia consistenza, che fecero dapprima sbuffare l'angelo e poi ridacchiare.

«Angelo pigro,» bisbigliò, subito prima di mordergli il lobo dell'orecchio.

Aziraphale lasciò andare la mano con cui lo teneva per avvolgerlo in un abbraccio. «Posso cortesemente farti notare che ieri sera ti sei addormentato come un ghiro e ho dovuto prenderti in braccio per metterti a letto e non hai aperto nemmeno un occhio?»

«Avevo lavorato sodo per te.» Gli abbracci, umana invenzione, bella tanto quanto i baci e il sesso. E l'alcol, per l'appunto. «Che ne dici di andare al Ritz e goderci una tranquilla mattinata londinese?»

«Oh, splendida idea, mio caro! I sandwich tagliati in piccoli triangoli, le tartine di caviale, gli scones appena sfornati con la panna della Cornovaglia e la marmellata di ribes e i pasticcini con la crema al limone.»

«Naturalmente, e tutta la possibile selezione di vini e champagne!»

Le dita di Aziraphale si infilarono tra i suoi capelli, gli tennero ben ferma la testa mentre la sollevavano per far sì che si guardassero negli occhi. «Ti amo, Crowley.»

Lo disse con dolcezza e senza fare alcuna fatica.

Crowley si umettò le labbra. Anche lui glielo aveva detto, in tanti modi diversi, ma mai in modo così diretto.

Aziraphale lo baciò rapido e fece per alzarsi. «Su, dobbiamo prepararci per l'occasione.»

«Aspetta.»

L'angelo si fermò e attese, con quella sua dannata espressione felice che Crowley non si stancava mai di guardare.

«Anche io...» I demoni non avevano perso la capacità d'amare, dopo la Caduta, ma senza dubbio avevano perso la possibilità di esprimerlo tanto liberamente. «Anche io ti amo.»

Aziraphale annuì, la gioia del suo sguardo non venne meno, solo si soffuse di tenerezza.

Crowley sollevò un sopracciglio, alla fine non era stato poi così male, comunque si voltò di schiena e raccattò i suoi vestiti da terra, fingendo noncuranza.

WILL THE NIGHTINGALE SING AGAIN?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora