CAPITOLI 47

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MIHAI

oggi...

<<Per un paio di mesi sono stata anche la madre di tuo figlio.>>

Quelle parole mi rimbombavano in testa come un eco interminabile che mi lacerava a poco a poco quel poco di bello che in me era rimasto, quel piccolo pezzo che si era ricostruito nella mia anima con il passare di quelle settimane. La mia rabbia si bloccò, come il mio corpo che sembrò divenire di pietra, privo di alcuna anima, in quel momento era stato come se fossi ritornato indietro di dieci passi dopo che in un paio di mesi ne avevo fatti forse cinque.

Il respiro mi si mozzò in gola e la mente si spense, fu come se per un secondo mi fossi distaccato dalla realtà, per non voler assimilare quella frase che mi era arrivata così nel profondo che non riuscivo più a trovarla, ma intanto continuava ad affondare lacerando le carni. Dividendo a metà ciò che stavo cercando di ritornare ad essere e ciò che ero diventato, nonchè anche la parte che in quel momento si rivelò predominante, privandomi della possibilità di controllarmi.

Mi spensi. Di nuovo e ancora a causa sua.

Il tempo passava ma le cose non sembravano essere cambiate.

Davanti ai miei occhi avevo il diavolo in persona, un essere tanto spregevole che avrei desiderato di bruciare tra le fiamme del mio dolore, ma come si poteva bruciare un mostro che delle fiamme ne aveva fatte la propria casa? Non potevo nulla contro quella donna.

Mi guardava impassibile, con una freddezza nello sguardo che sembrava allontanarla da tutta quella situazione privandola di ogni minima emozione, ogni sentimento. Ciò che aveva appena rivelato non la tangeva, assolutamente, era completamente calma. Distante, indifferente.

E quello non fece altro che aizzare ancor di più la mia collera che sembrò diventare ancor più ardente, più rovente, dannatamente scottante. Peccato che scottasse solo me.

<<Cosa?>> Fu tutto ciò che fui capace di dire con un filo di voce che mi morì in gola subito dopo, diedi la colpa alla possibilità di aver udito male ciò che aveva appena detto ma la serietà in quegli occhi blu, che fino a poco prima avevo visto brillare, mi riportò alla realtà con una brutalità che fece male. Solo lei era sempre stata capace di colpire nei punti giusti per farmi così male da farmi crollare, e ci era riuscita ancora, sentivo le ferite dilaniarsi ancora una volta riprendendo a perdere sangue.

<<Siediti Mihai, abbiamo ancora molte cose da chiarire.>> Sembrò che stesse parlando con uno dei suoi clienti, la serietà con cui mi parlava, la freddezza con cui si ergeva su quella sua poltrona mi mandava fuori di testa. <<Cosa hai appena detto Keira?>> Mi sporsi meglio verso di lei che sperava in quel briciolo di sanità mentale che mi era rimasto, inconsapevole che non vi era ormai più traccia di esso, ero completamente allo sbando e a poco a poco mi sarei schiantato. <<Mihai.>> Mi richiamò. <<Parla porca puttana!>> Sbattei un pugno sulla sua scrivania con così tanta veemenza che le nocche incominciarono a dolermi, ma lei non sobbalzò minimamente, non si scompose neanche di un centimetro. Avevo come l'impressione che nella sua testa quella conversazione si fosse ripetuta talmente tante volte, che oramai era per lei una scenetta già recitata, una parte già fatta. <<D'accordo, come vuoi.>> Acconsentì poggiando la schiena contro lo schienale della poltrona su cui era seduta.

<<Dopo la morte di Henry e il tuo arresto ormai ero completamente persa, non mangiavo più, non uscivo mai da camera mia, rimanevo nel letto al buio lontana da tutti e da tutto, immersa in uno stato di dolore fisico e mentale che mi stava distruggendo a poco a poco.>> Iniziò a spiegarsi. <<A sedici anni arrivai a pesare trentacinque chili, ero uno scheletro che non attendeva altro se non di morire di nuovo e per davvero.>> Persino nel raccontare di quel periodo appariva completamente intangibile.

Painful melody Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora