𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟐

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𝑰𝒐 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒏𝒏𝒂𝒕𝒐 𝒂 𝒗𝒊𝒕𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒖𝒏𝒂 𝒓𝒐𝒔𝒂

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𝑰𝒐 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒏𝒏𝒂𝒕𝒐 𝒂 𝒗𝒊𝒕𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒖𝒏𝒂 𝒓𝒐𝒔𝒂.


❦ 𝑬𝒗𝒆𝒍𝒚𝒏 ❦

Rimasi immobile per un altro secondo. Non sapevo il russo, ma dalla voce capii che lo sconosciuto non era felice della mia presenza.

Mi voltai e riuscii a distinguere solo la sagoma di quell'uomo. «Cosa avete detto? Chi siete?»

«Ho detto: Chi siete voi e cosa ci fate nel mio castello?» l'accento era molto marcato e la sua voce, che mi aveva colpita anche prima, era sempre profonda.

«Sono venuta per mio fratello. Per favore, liberatelo, non vedete che è ferito?»

«Ha provato a strappare e a rubare una delle mie rose. È un ladro» le sue parole mi fecero salire la rabbia. Non poteva parlare male di mio fratello.

«Mio fratello non è un ladro! E non vedo perché fare tutta questa scena solo per una rosa.»

«Solo per una rosa? La mia intera esistenza è stata maledetta solo per una rosa» la voce era indignata e irata. Solo allora mi accorsi che non riuscivo ad afferrare i suoi pensieri, non mi era mai accaduto prima. La sua mente per me era un tabù.

«Vostro fratello rimarrà qui.»

No, non l'avrei permesso. Quell'uomo, di cui non vedevo nemmeno il volto, non avrebbe lasciato soffrire mio fratello.

Il volto... Volevo vedergli il viso, parlare con un'ombra non mi aiutava e forse vedendolo in faccia avrei capito quali pensieri si annidavano nella sua mente.

«Venite alla luce» dissi avanzando con il candelabro ancora in mano.

Lui in principio non si mosse, poi fece un passo e un altro; alzò il viso e sgranai gli occhi... Era giovane, aveva i capelli neri come il petrolio e il viso era deturpato da una cicatrice che partiva dalla parte destra alta e andava fino alla parte sinistra bassa. Come se l'era procurata?

Lo sconosciuto non disse niente, ma i suoi occhi oscurati dalla luce delle candele le fecero capire che era veramente infastidito da come lo stava guardando. Se fossi stata capace di arrossire l'avrei fatto esattamente in quel momento.

Dovevo prendere una decisione.

«Liberate mio fratello, prenderò io il suo posto.» Le mie parole lo sorpresero, o almeno così mi parve.

«No!» esclamò Cody dietro di lei.

«Prendereste veramente il suo posto?» il tono era scettico.

«Sì, è mio fratello.»

«E voi una stupida.» Quell'insulto non mi fece né caldo né freddo, io volevo aiutare mio fratello e lui non era nessuno per giudicare la mia scelta.

L'estraneo mi lanciò una chiave e la usai per far uscire Cody da quella lurida cella. «Non avresti dovuto farlo» mormorò.

Lo sconosciuto prese mio fratello per il colletto della giacca e lo trascinò fuori dalle segrete. Io li seguii e provai a dire a quello di non far del male a mio fratello, ma mi ignorò.

Rimasi a fissarli da una finestra mentre il padrone del castello lo lasciava fuori dal cancello, che si chiuse subito dopo con un rumore sordo.

"Evelyn!" pensò Cody guardando verso di me.

Me ne sarei andata da quel posto, dovevo solo attendere il momento giusto.

Guardai l'estraneo avanzare spedito verso il castello e sollevare lo sguardo per incontrare il mio sguardo. I suoi occhi non erano scuri, erano di una sfumatura chiarissima di azzurro.

Cosa mi avrebbe fatto? Non conoscevo i suoi pensieri e praticamente non avevo idea su cosa lui fosse in grado di farmi.

Ora lo sconosciuto era quasi arrivato di fronte a lei, tutta la sua andatura presagiva uno strano nervosismo e rabbia. Era rivolta verso di me? Non mi mossi, non avevo paura di lui.

«Seguitemi, vi mostro la vostra camera» le disse, stupendola.

«Come? Non mi chiuderete in cella?»

Si voltò verso di lei con espressione neutrale. «Lo preferireste?»

Era ironia? Sapeva fare del sarcasmo quel burbero?

Salimmo quelle splendide scale all'ingresso e mi condusse nel lussuosissimo corridoio del secondo piano. D'un tratto si fermò e andai quasi a sbattergli contro, aveva la schiena dura come una roccia e delle spalle larghe, segno che era molto atletico. Eppure non sembrava un tipo da palestra.

La mia stanza era bellissima: i dettagli in oro sul soffitto, il letto a baldacchino, le grandi finestre che davano una vista mozzafiato... Non aveva nulla da invidiare alla mia camera al Palazzo Reale.

«La governante la tiene sempre pulita e in ordine. Spero sia di vostro gradimento» la cortesia era in contrasto con la faccia seria e austera dell'uomo.

Non dissi niente e annuii soltanto.

«Siete invitata a cena.» L'invito mi stupì e feci del mio meglio per non rispondere con una battuta tagliente.

«No, vi ringrazio. Sono a posto così.» Infatti il sangue della giovane libraria mi sarebbe bastato per almeno una settimana.

«Ho usato la parola "invitata" per cortesia. Voi verrete a cena.» Esisteva un modo per mandarlo a quel paese dicendogli che non poteva mangiare quel genere di cibo e che se anche fosse non avrebbe mai cenato con colui che aveva alzato le mani su suo fratello?

«Me lo ordinate, allora» mormorai. «Sapete, io non prendo ordini da nessuno. Specialmente da chi ha fatto del male alla mia famiglia.»

Mi guardò irato prima di sparire sbattendo la porta.

Avevo i nervi a fior di pelle per via di quell'uomo senza nome e senza educazione. Dovevo andare via da lì.

MI avvicinai alla portafinestra e la aprii, guardai giù e stimai che l'altezza era di almeno trenta metri. Era il momento di fuggire e di lasciare quello strano posto.


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Angolo autrice ✍🏻

Ciao a tutt*! Ecco a voi un altro capitolo!

Cosa ne pensate? ☺️

Evelyn ha trovato suo fratello e ha preso il suo posto. Ha fatto bene? Ma riuscirà a fuggire?

Vi lascio il prestavolto del misterioso padrone del castello 👇🏻


Purtroppo non ha la cicatrice

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Purtroppo non ha la cicatrice. 😕

A presto,

La Cappellaia Matta 🎩

𝑳𝒂 𝑴𝒂𝒍𝒆𝒅𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝑹𝒐𝒔𝒂 𝑺𝒂𝒏𝒈𝒖𝒊𝒏𝒂𝒏𝒕𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora