Marco aveva i capelli nero corvino e gli occhi ruvidi e leggermente luccicanti come il carbone, quello dolce che il giorno della befana le mamme italiane mettono nelle calze delle bambine cattive. Marco era il carbone e io la bambina cattiva, ma il carbone si sa, ha lo scopo di insegnare che gli errori si commettono una volta sola.
Avevo 16 anni quando sono arrivata in Italia, che per me era solo un luogo dove non potevo parlare senza che la gente mi prendesse in giro per il mio accento strano, e allora io non parlavo, cercavo i più sfigati, ci uscivo un po' a volte, cercavo di portarli nei musei così da non dover interagire troppo. Loro non mi prendevano in giro, per loro io ero la salvezza da una vita di reclusione, ero una piccola speranza e a volte quella molla che dava il via alla loro trasformazione. Edoardo, per esempio, era dolce e i insicuro, poi senza apparente motivo mi ha ringraziato e ha iniziato a crescere per diventare un coglione senza rispetto. Non ne vado troppo fiera.
Sono stata una bambina cattiva, ho usato ognuno di loro per imparare a parlare, a relazionarmi con gli italiani e per appagarmi nel vedermi adorata. Ho usato la loro voglia di scoprire la loro sessualità per appagarmi ma non mi sono mai sentita felice e appagata davvero.
Marco, invece, correva. Lui era il più carino della scuola di musica e correva ogni mattina a villa borghese, e quando lo vedevo le mie guance diventavano calde e rosate, ogni giorno di più. Un giorno, avevo 17 anni decisi che sarei andata anche io a correre, o meglio, a cercare Marco in uno dei parchi più belli del mondo, e lo trovai. Correvamo nelle direzioni opposte e per fortuna ero già rossa per i chilometri percorsi, lui aveva una giacca attillata viola e dei pantaloncini neri e io sembravo un po' un orso con le mie cuffie di pelo sulle orecchie per non sentir il freddo pungente. Mi prese la mano e mi fece fare un mezzo giro perché continuassi a correre nella sua direzione. Fu l'inizio della mia fine emotiva. Marco mi travolgeva, mi annullava e mi riempiva. I suoi baci erano la mia condanna e la mia salvezza e io lo amavo come amano le 17enni. Con tutta me stessa e con tutta la sincerità.
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Up in the air
ChickLitSono Jane, ho 24 anni e vivo su un aereo. L'amore per me è il numero di miglia sulla mia carta frequent flyer, l'affetto è il calice di champagne in business class. E se un giorno trovassi l'amore sulla terra ferma? LA STORIA CONTIENE VARIE SCENE ES...