Cammino lentamente su via del corso, in cui la frenesia e la calma del turismo si combinano a malapena. Una coppia mi ferma e mi chiede di fargli una foto, vorrei dirgli che il palazzo di una banca non é esattamente la migliore attrazione di questa città, ma poi me li immagino a farsi fotografare insieme ogni 100 metri e accetto. Scatto il momento in cui lei lo guarda e sorride e il momento in cui le loro labbra si incontrano. "In bocca al lupo" dico mentre continuo a camminare. Mia madre mi aspetta davanti alla galleria Alberto Sordi guardando il suo cellulare, ed é raggiante come sempre. Mi bacia e mi prende sotto braccio. Camminiamo parlando del più e del meno, sta pensando di andare in vacanza in Marocco con le sue amiche e la cosa mi fa ridere. Poi lo dice.
"Perché continui a stare da sola? Possibile che non ci sia un uomo che ti piaccia?"
Penso a Marco, a Ray e a quelle settimane felici con Gustav l'anno scorso.
"Mi piacciono tutti gli uomini con cui vado a letto mamma" dico provocandola
Lei mi fulmina e dice "sii una signorina a modo. Sei stata educata come una brava ragazza e tale devi essere."
Poi continua, e io penso a quanto mi siano state strette le cene formali, i corsi di mille lingue e le giornate passate a imparare e stare a tavola. La prima volta che sono uscita con Gustav, un postino un sacco carino con cui mi sono frequentata per un po', ho sbucciato una mela con forchetta e coltello. Ecco, é stata proprio la mia educazione da brava ragazza a farmi diventare inadatta, ma questo, a mia madre, non lo dico.Quando usciamo dall'ultimo negozio sulla lista sono distrutta e i miei piedi sono distrutti. Il pomeriggio é passato tra frivolezze e cabine di prova, ma forse era quello che mi ci voleva. Saluto mia madre e prendo un taxi fino al mio hotel, ordino la cena in camera e chiacchiero per un po su Skype con Claire, raccontandole tutto per filo e per segno su quello che é successo con Ray. Mi dice che forse dovrei smetterla di comportarmi da inadatta e buttarmi, ma io di tutta risposta mi butto solo sul letto, e dormo.
Mi sveglio alle 6.30 senza apparente motivo e decido di andare a correre. Indosso la mia tuta e le scarpe da corsa, prendo le cuffiette e comincio a camminare. Da via Veneto il posto più vicino per farsi una bella corsa é villa borghese, così mi avvio verso di lì. Major Lazer mi suona nelle orecchie mentre corro in quel parco meraviglioso e poi lo vedo. Mi fermo come se avessi corso 10 chilometri. Ho il fiatone e sono piegata su me stessa come se non reggessi più la corsa. Marco mi corre incontro, e non so se si é reso conto di me così mi giro per correre indietro ma non ce la faccio, sono bloccata e ancora piegata su me stessa, con le mani sulle ginocchia e la coda di cavallo a penzoloni. Sento il rumore della breccia solcata dai passi, ma appunto sono passi di camminata, non di corsa. Marco non corre, si avvicina chiedendo a distanza "tutto bene?", e io non riesco a rispondere. Dalla mia bocca non escono suoni e lui non mi ha ancora visto in faccia. "Signorina?". Mi alzo in piedi provando calmare il respiro e il battito, ma non riesco a girarmi. Annuisco con la testa e riprendo a camminare.
"Grazie a lei dell'attenzione" dice lui sarcastico alle mie spalle
Quella frase, quel sarcasmo che ti colpisce sotto la pelle mi hanno dato la forza di girarmi e parlare.
"Non c'è di che."
Marco mi fissa. È muto e incuriosito.
"Jane"
"Ciao"
"Scusa, io, non volevo essere scortese. Sembrava stessi male"
"Stavo meglio prima di vederti, si"
"Sei sempre la solita stronza" - sorride. Forse voleva essere simpatico.
"Da che pulpito"
Il mio cuore va a mille e tutto nel mio corpo mi suggerisce di scappare, ma io proprio non ci riesco. Sono li con i piedi piantati a terra e i miei occhi incollati a quelli suoi, come se fossero magneti.
"Sono passati due anni e mezzo, forse dovresti lasciar correre"
"Sai, io non credo che ci sia la data di scadenza sui cuori spezzati e le speranze distrutte, e sicuramente non ci sono tempi per perdonare le.. " la mia voce si spezza. Quella parola rimane lì, nel mio stomaco in subbuglio e io non voglio neanche pensarla.
"Lo sai che mi dispiace. sai che non ero io."
"Eri e sei tu Marco, non prendermi per il culo ancora, tanto sono solo di passaggio"
"Prendiamo un caffè"
Ha lo sguardo di chi ha davvero bisogno di parlare, uno sguardo che chiede aiuto, chiede comprensione e perdono e io non riesco a dire di no.
"Tra due ore al mio hotel" dico. Lui sorride e annuisce. Io mi giro e corro indietro sconfitta. Cosa voglio dimostrarmi? Perché mi fai questo effetto?Tornata in hotel mi butto sotto la doccia e piango, piango come non facevo da tempo. Piango tanto da sentire il dolore in petto. Singhiozzo e lascio che l'acqua calda faccia il lavoro di provare a darmi del conforto ma non ce la faccio. Piango per tutto, piango per aver accumulato, perché non sarei dovuta andare a correre, perché non avrei dovuto salutare Ray e perché va tutto storto. Mi accascio in doccia e rimango seduta con le ginocchia al petto e la testa piegata mentre l'acqua continua a scorrere.
Mi alzo solo quando ho versato l'ultima lacrima, la lacrima dalla quale nasce sempre la voglia di rialzarsi più forte di prima, scaricata di ogni peso accumulato.
Mi tampono il viso, mi asciugo i capelli e mi vesto.
Metto un pantalone a sigaretta beige e maglia nera e bianca, una collana di perle finissima e le mie louboutin, senza le quali mi sentirei ancora meno sicura di me. Ragionare sul proprio modo di vestire è fondamentale. Io ho scelto apposta qualcosa che rimandi al formale, per non lasciare spazio di casualità e amicizia. Anche il trucco é studiato. Un filo di eye-liner è un rossetto rosa, un po di blush servirà a coprire gli eventuali arrossamenti delle mie gote. Infondo quando il cuore ti batte una volta ti batte per sempre.
Afferro la pochette e scendo alla reception. Marco se ne sta in piedi, in un pantalone beige e una camicia bianca con dei mocassini verdi. Ah se non é sempre stato bellissimo. Mi sorride e mi si avvicina ma non prova a sfiorarmi le guancia nè ad abbracciarmi. Il mio corpo parla da solo, e non vuole toccarlo.
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Up in the air
ChickLitSono Jane, ho 24 anni e vivo su un aereo. L'amore per me è il numero di miglia sulla mia carta frequent flyer, l'affetto è il calice di champagne in business class. E se un giorno trovassi l'amore sulla terra ferma? LA STORIA CONTIENE VARIE SCENE ES...