Non come mi aspettavo

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Avrei dovuto essere qui alle otto e mezza. Sono le otto e ho perso il conto dei minuti che ho passato fuori da questo cancello. La strada è deserta, da quando sono arrivato non è passato nessuno, l'unico rumore che sento è quello del vento che muove le fronde degli alberi.

"Sei in anticipo" la sua voce rompe qualsiasi quiete fosse presente fino a poco fa, ma ne porta una diversa, probabilmente migliore della precedente.

"Lo so"

"Da quanto sei qui fuori?"

"Credo da venti minuti"

"Wow, ci tieni proprio tanto a questa storia"

"Tengo a noi"

Lei mi guarda come se avessi detto qualcosa che non si aspettava, nasconde un sorriso e chiude il cancello dietro di lei. Inizia ad allontanarsi, ma io rimango a guardarla mentre cammina. I suoi movimenti sono ipnotici, me l'ero quasi dimenticato.

"Vuoi venire o no?"

"Sì...arrivo" mi alzo dal muretto e in due passi le sono affianco.

Fiancheggiamo la strada per un po' prima di parlare. Nessuno dei due vorrebbe fare questo discorso, ma è giusto che si faccia. "Non dico che non volessi andare, ma sono stato obbligato a farlo in quel modo. Non volevo tirare per le lunghe qualcosa che bisognava fare subito."

"Dovevi comunque parlarmene. Potevi scrivermi un messaggio, chiamarmi, anche alle due del mattino, sai che ti rispondo sempre, magari avresti potuto venire a casa mia e svegliarmi. Queste sono le cose che bisogna dirsi."

"Non volevo metterti in pericolo"

"Perché? Avevate a che fare con un assassino? Con un pazzo?"

"Assassino ancora no, ma ci siamo andati molto vicino" lo dico con tono piatto, ma Emma si blocca smettendo di camminare.

"Cosa significa?"

"Prima che venissi qui, Mare era stata minacciata con una pistola durante un diverbio, ma avevo pensato che tutto fosse successo perché aveva superato il limite rispondendo a un ragazzo di un gruppo nemico, ma quando sono venuti in Italia mi sono arrivati dei messaggi sospetti e ho chiesto spiegazioni ai miei amici." Racconto senza fermarmi, senza lasciarle tempo per fare domande, perché so che se lasciassi spazio ai suoi dubbi dovrei rispondere a domande che non vorrei ascoltare. "In poco tempo ho scoperto che l'autore di quei messaggi era Evan, il leader della banda che ci ha sempre fatto concorrenza ad Amadora, Mare aveva rubato una Lamborghini al ragazzo che l'aveva minacciata, per quello era scoppiato e aveva tirato fuori la pistola: l'aveva riconosciuta per una parola che lei aveva usato per rivolgersi a lui. In cambio dell'incolumità di Mare voleva una gara. I nostri gruppi sono famosi a casa per le nostre corse: creiamo dei percorsi che facciamo con le auto in un enorme parcheggio abbandonato e chi vince...beh ha la gloria finché non c'è un'altra occasione per una corsa e tutti i soldi delle scommesse. Noi vinciamo sempre, e questa cosa a Evan non va giù."

"Oh. Avete vinto?"

"Sì, ma durante la gara di Mare, sono salito con lei sull'auto perché la vedevo particolarmente in ansia, e ho fatto bene. C'è stato un piccolo incidente e ha preso una bella botta. Poi c'è stata la mia gara e l'ho fatta pagare alla banda di Evan, tranquilla."

"Cos'hai fatto?"

"Solo quello che era giusto fare"

"Manuel, dimmi che hai fatto"

"Niente tranquilla"

"Manuel, giuro che-"

"Gli ho sparato al ginocchio" la interrompo io, bruscamente. Non avrei voluto dirglielo, ma non posso nasconderle certe cose: non sono in grado. "Lui mi ha puntato una pistola alla nuca, era fatto e io...volevo pareggiare i conti. Lui ha detto alla giornalista della storia di mia madre, era lui quel mio amico. In quel momento mi sono trovato con un'arma e una rabbia incontrollata e non ho saputo fermarmi. Avrei dovuto farlo, ma...ti prego, di' qualcosa."

Io che sento i tuoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora