†
"Capitano a volte incontri
con persone a noi assolutamente estranee,
per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo,
all'improvviso,
in maniera inaspettata,
prima che una sola parola venga pronunciata."
-Fëdor Dostoevskij†
Aprii gli occhi.
Girava tutto, tutto era indefinito.Sbattei le palpebre innumerevoli volte, nel tentativo di abituarmi alla fredda e penetrate luce che era posta proprio sopra la mia testa, puntata dritta nelle mie iridi.
Sapevo di aver appena sostenuto un incontro, ma non riuscivo a ricordare quasi niente. Scene sconnesse ritraenti un volto insanguinato e sconosciuto vagavano nella mia mente, stordendomi ancora di più.
Mi sentii cadere nel vuoto, poi un forte dolore alla testa mi colpì all'improvviso.«Ma che diamine...» borbottai, portandomi una mano sulla tempia dolorante.
Mi guardai attorno spaesata, scoprendo di essere sdraiata su una sudicia panchina all'interno di uno degli spogliatoi. Provai ad alzarmi, ma il male si fece subito più acuto, impedendomi qualsiasi ulteriore movimento.
Proprio in quel momento la porta sgangherata dello spogliatoio si aprì, rivelando la figura di mia cugina.«Hey, hey, hey, bell'addormentata stai ferma dove sei e non muoverti!» raccomandò, affrettandosi a raggiungermi immediatamente non appena vide i miei scarsi risultati nel cercare di mettermi seduta.
Sarah si inginocchiò subito accanto a me, e poggiò delicatamente una mano dietro la mia nuca, aiutandomi a sdraiarmi di nuovo. Era sempre stata molto premurosa nei miei confronti, infatti fin da piccola, essendo lei la più grande tra le due, si era presa cura di me. Ricordo ancora quando, di solito, dopo una delle mie frequenti cadute, andavo da lei piangendo, perché sapevo che lei era la mia "infermierina" -come la definivo io all'epoca- e che quindi mi avrebbe puntualmente medicato. E in effetti accadeva proprio così: una volta finito di disinfettarmi le ginocchia sbucciate, sulle quali applicava anche uno dei tanti cerottini colorati che io adoravo, mi portava a comprare un gelato per farmi tornare il sorriso; così come mi ricordo della sua costante presenza ad una mia recita scolastica o ad un mio saggio di danza, poichè non s'era mai persa nulla di ciò che mi riguardasse, era onnipresente ad ogni mio evento, anche al più insignificante; ricordo di tutte quelle volte in cui mi aveva sostenuta in ogni scelta, dalla più banale alla più importante, e aveva coperto ogni mia cazzata, facendomi da palo quando dovevo uscire con un ragazzo e inventando una marea di bugie ai miei per far sì che mi lasciassero andare ad una festa o mi permettessero di indossare una gonna un po' più corta; ricordo quando aveva gioito in quei momenti in cui ero stata al settimo cielo, e anche quando non aveva esitato a piangere con me o porgermi la sua spalla negli attimi in cui, invece, avevo visto ogni mia certezza crollare e il mio mondo frantumarsi difronte agli occhi.
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Sins » h.s
Fanfiction"Ti avevo avvisata, tempo fa. Ti dissi che avresti fatto meglio a non innamorarti di me, sarebbe stato un peccato." "Ci sono peccati che sarebbe un peccato non commettere." ATTENZIONE: PRESENZA DI SCENE FORTI E SESSUALI BEN DESCRITTE, USO DI DROGHE...