†
"Gli incontri più importanti
sono già combinati dalle anime
prim'ancora che i corpi si vedano. Generalmente,
essi avvengono quando arriviamo a un limite, quando abbiamo bisogno di morire
e rinascere emotivamente."
-Paulo Coelho†
Cinque ore dopo mi ritrovavo dietro le sbarre di una fredda cella d'attesa.
Una volta arrivata in caserma, scortata dall'auto della polizia, venni controllata da capo a piedi, e, presi i miei documenti, fui sottoposta ad un breve interrogatorio. Per circa una buona mezz'ora stetti seduta ad un tavolo stretto, in compagnia del poliziotto più giovane, che si rivelò un gran parlatore: mi chiese infatti cosa ci facessi nell'ufficio della preside Johnson - la quale scoprii essere stata la mittente della chiamata -, e perché, come aveva detto esplicitamente lei, "avevo fatto irruzione nel suo ufficio come una pazza per minacciarla". Inoltre lo sbirro mi chiese anche per quale motivo, al loro arrivo, stessi facendo paura ad un ragazzino.
Io, dal mio canto, non mi feci scrupoli a rispondergli di farsi educatamente i cazzi suoi, con tanto di sorriso insolente, ché tanto non avrei risposto a mezza delle sue stupide domande.
«Le conviene parlare e darmi una buona motivazione alle sue azioni prima che m'incazzi sul serio e decida di sbatterla direttamente in tribunale, con l'accusa di duplice minaccia e calunnie, aggravata dalla presenza di un minore. Dopo sì che morirebbe dalla voglia di parlare, dietro le sbarre di uno schifoso carcere».
E aveva sorriso il bastardo biondo. Aveva sfoggiato un sorriso da un milione di dollari nel pronunciare quelle parole. Quelle parole che, alla fine, mi convinsero a spiegargli nei minimi dettagli cosa fosse successo, a partire dal pestaggio di Jason. Gli dissi tutto, senza tralasciare nulla. Gli dissi anche che con me, seduta difronte a lui su quella sedia scomoda e traballante, stava solo perdendo il suo tempo, che le persone su cui doveva indagare erano altre, erano gli aguzzini di Jason. E, a quel punto, lui non rise più. Si fece serio e, solo dopo avermi rifilato un'occhiata soppesante, mi aveva fatta uscire dalla stanza, congedandomi con un paio di semplici indicazioni.
«Può fare una chiamata se vuole, giusto per avvisare un familiare di quanto accaduto. Dovrà pagare una multa, firmare un paio di scartoffie e poi sarà libera».
Indubbiamente avevo colto quell'occasione al volo, chiamando l'unica persona che mi era rimasta. Tuttavia quest'ultima non aveva risposto, così mi ero ritrovata a dovergli lasciare un messaggio in segreteria, nella speranza che lo ascoltasse il prima possibile.
Con le mani giunte e lo sguardo rivolto verso il freddo pavimento di quelle quattro pareti scolorite, ad ora speravo solo che colui che avevo contattato arrivasse il prima possibile. E che, ovviamente, pagasse anche la multa, visto che non avevo con me nemmeno un soldo.
STAI LEGGENDO
Sins » h.s
Fanfiction"Ti avevo avvisata, tempo fa. Ti dissi che avresti fatto meglio a non innamorarti di me, sarebbe stato un peccato." "Ci sono peccati che sarebbe un peccato non commettere." ATTENZIONE: PRESENZA DI SCENE FORTI E SESSUALI BEN DESCRITTE, USO DI DROGHE...