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Devon.

Chiusi il getto dell'acqua e mi avvolsi un asciugamano intorno alla vita. Camminai fino allo specchio e mi guardai dritto in faccia, inorridito. Lo zigomo mi faceva ancora male, ma in quarantotto ore era guarito abbastanza bene, avrei avuto una cicatrice del cazzo per il resto della vita. Il mio petto era un ammazzo di cuciture e lividi ancora ben visibili, ma la cosa che mi infastidiva di più erano i miei tatuaggi schifosamente rovinati.

Tirai la schiena indietro per dirizzare le spalle e strinsi i denti. Faceva ancora un male cane, ma potevo sopportarlo abbastanza da non starmene più rintanato in casa.

Mi ero fatto dare da Connor qualcosa di forte da prendere, e mi sentivo così stordito da essere rimasto a letto quasi tutto il tempo negli ultimi giorni. Ma avevo finito tutto e dovevo andare io da lui a recuperare qualcosa, visto che il suo cazzo di telefono risultava ancora spento dal giorno precedente. E dovevo farlo in fretta, prima che il dolore potesse tornare ad intensificarsi.

Non mi piaceva l'idea di aver ricominciato con quella roba, ma avrei smesso, non appena tutto sarebbe passato.

Infilai una tuta e tamponai i capelli con un asciugamano, avevo bisogno di prendere aria, non ero mai stato chiuso in casa così allungo.

Sentì la porta del mio appartamento aprirsi e il tonfo di qualcosa schiantarsi al suolo, aggrottai le sopracciglia e mi sporsi in corridoio, guardando la figura di Rylie venire in fretta e furia verso di me con una mano sulla bocca, ma io sembravo invisibile per lei. Nemmeno mi guardò quando mi passò affianco.

Entrò in bagno a testa bassa e si sporse verso il water, si abbassò e con un conato di vomito le liberò lo stomaco.

Sbarrai gli occhi ed il fiato si bloccò in gola.

«Ma che cazzo?» Feci un passo verso di lei, ma alzò una mano, mi trucidò con lo sguardo e mi obbligò a starmene dov'ero.

Le successe ancora una volta e dopo una manciata di secondi si alzò tirando lo sciacquone, si sporse verso il lavandino e si ficcò la faccia sotto il getto dell'acqua, lavandosi la bocca più volte.

Mi avvicinai a lei, le serrai la mano intorno ad braccio e la costrinsi a guardarmi quando il suo viso si rispecchiò di fronte a se.

Un cadavere.

Mi sembrava di avere davanti un cadavere.

«Che cazzo succede?» Ringhiai, stanco di vederla in quelle condizioni e non avere il potere di poter fare niente.

I suoi occhi si incupirono, il verde dei suoi occhi divento scuro e buio.

«Nulla, sono solo nervosa ed il pranzo della mensa fa schifo.» Sbottò, scrollandosi di 'dosso la mia mano come se fosse infastidita.

Prese un'asciugamano e si tamponò il viso tanto da affogarsi nella stoffa, poi lo gettò in un angolo e si sfilò la felpa come se fosse accaldata. Cominciò a grattarsi le braccia nude, a conficcare le unghia nella pelle e lasciarsi segni, si guardava intorno e camminava avanti e indietro, in modo estremamente isterico.

«Ehi!» Tuonai alzando la voce e bloccandole le braccia, quando i suoi movimenti cominciarono a farsi più intensi.

Strinsi la presa forte su di lei, costringendola a stare ferma. Non mi importava se le stessi facendo male, doveva smetterla e stare lì con me senza perdersi nelle sue paranoie.

«Mi sento nel panico, Devon.» Ammise con voce rotta, lasciando che i lineamenti del suo viso si contornassero di tristezza.

Spostai le mano sul suo viso, cercando di tenerla ferma.

Fino ai tuoi occhi - Secondo volumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora