16.

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Devon.

A cosa era servito tutto quel tempo via da lì se era bastato un solo sguardo per far sì che tutto andasse in fumo?

Come poteva permettersi di insinuarsi ancora dentro di me e annullarmi del tutto, cadendo ai suoi piedi, fragile e rotto?

La verità era che non me l'aspettavo. Non a quel punto che stavo per mettere fine alla mia vita a Bedford, non a quel punto che stavo finalmente andando via da lì.

Sarebbe bastato un solo giorno, solo uno avrebbe fatto la differenza.

Ma lei, come giusto che sia, aveva avuto il potere di rovinare ogni cosa, ogni piano, ogni appunto che mi ero prestabilito in quelle tre settimane che avevo passato a scrollarmi di 'dosso i problemi creati da quello stronzo di mio padre.

Era arrivato il momento di andarmene, ma era arrivata lei, e tutto era andato a farsi fottere.

Avevo passato la notte in bianco, a camminare avanti e indietro per casa, ad affogare nell'alcool e nella disperazione, e poi ero dovuto uscire per farmi un giro, evitando così di impazzire. Quando pensavo di essermi calmato ero tornato a casa, mi ero fatto una doccia e mi ero buttato a letto. Ma era l'alba ormai, e di dormire con la luce del giorno non se ne parlava proprio.

Era bastato sentire quel portone della casa accanto, per far si che sprofondassi di nuovo nella disperazione di volerla.

Mugolai per la frustrazione, passandomi le mani sul volto, e mi alzai di scatto. Infilai i pantaloni della tuta, le scarpe e mi precipitai di sotto.

La fissai passare davanti casa mia, non accennò nemmeno a voltarsi, come se non gliene fregasse nulla. Strinsi con forza il pomello e poi uscì del tutto, spingendomi sul marciapiede, proprio a pochi passi dietro di lei.

«Te ne vai?» La provocai, quando si inchiodò al suolo sentendo la mia presenza alle spalle. «Di già?»

Lei esitò un attimo, ma al contrario delle mie aspettative, non si voltò.

«Me ne vado.» Mormorò, stanca, senza fiato.

«Stai scappando, piccoletta?» Incalzai, senza controllo.

Lei mi rendeva senza controllo, lei aveva fatto si che si accendesse qualcosa dentro di me, di nuovo. Aveva fatto sì che mi sgretolassi, che sentissi per lei quello che non avrei mai più sentito per nessuna, era stata l'unica in grado di distruggermi.

Si voltò di scatto e si bloccò a fissarmi, scrutarmi attentamente. Mi studiò, come se volesse ricordarsi ogni cosa di me e non volesse perdersi niente.

Dio, quanto amavo i suoi occhi addosso, il desiderio nelle sue pupille e la bocca tremante che bramava baciare la mia pelle.

Alzai gli angoli delle labbra, soddisfatto di aver trovato dentro di lei quello che voleva nascondermi.

«Intendi, come hai fatto tu?» Incalzò, avvicinandosi. Tanto vicino da respirarmi sulla bocca. «Io non sto scappando, non c'é più niente tra di noi, non posso scappare da qualcosa che non esiste.»

Colpito e affondato.

Sentì gli occhi bruciare, qualcosa distruggersi dentro il mio petto. Serrai le mani in due pugni, tanto da voler sfasciare all'istante qualcosa, mente il sangue pompava velocemente nelle vene capendo quanto fosse diventata gelida.

A stento riconoscevo quello sguardo, avevo fatto di lei qualcosa di buio e freddo.

Era quello che volevo, che diventasse forte dopo essere stata debole per un amore che non la meritava, ma avevo fatto male il mio lavoro.

Fino ai tuoi occhi - Secondo volumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora