Risveglio

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Mi risvegliai in uno strano letto e sicuramente non era quello di un ospedale.

La luce filtrava dalla finestra e illuminava tutta la stanza.

Mi guardai intorno: era una di quella casette del 1800, il letto era in legno di ciliegio, le coperte erano di un bianco candido, le pareti anch'esse di legno probabilmente d'abete.

All'improvviso, dalla porta, entrò un vecchio seguito da due ragazzi.

Il primo ragazzo, subito dopo il vecchio, era alto, con dei folti capelli scuri, gli occhi blu notte e uno sguardo penetrante.

Indossava una semplice camicia con le maniche risvoltate fino agli avambracci e un pantalone blu, probabilmente era un contadino.

Il secondo ragazzo era un po' più basso del secondo, aveva i capelli ricci e di un biondo cenere, gli occhi azzurri e uno sguardo molto dolce.

Indossava anche lui una camicia molto semplice leggermente aperta e i pantaloni con le bretelle.

Il vecchio invece, era il più bassino, le sopracciglia folte grigie come i capelli e gli occhi castano scuro.

Indossava una camiciola verde petrolio e un pantalone nero.

Li guardavo dalla testa ai piedi ma proprio non riuscivo a capire chi fossero.

«Bene, vedo che ti sei svegliata» cominciò l'anziano.

«C- chi siete? Perché sono qui?»

«Andrà tutto bene, sei a casa» continuò il ragazzo dallo sguardo penetrante.

Mi prese la mano tra le sue e la strinse.

«No. No, no, no io non sono a casa mia» sbottai divincolandomi da quella presa.

«In che anno siamo?»

«1864» disse il secondo ragazzo.

Cosa?! Ero tornata indietro nel tempo di secoli?!

Mi alzai di scatto dal letto e cercai un modo per tornare a casa.

«Sentite, se questo è uno scherzo, smettetela, non è divertente» dissi.

«Cora, non è uno scherzo, stai delirando» disse il riccio.

Avevo sentito bene? Aveva detto "Cora"?

Probabilmente erano delle persone che hanno avuto a che fare con Cora Fleming: qualcuno d'importante per lei.

«Cosa?! Io non sono Cora» dissi sicura.

«Cora, per favore, rimettiti a letto» disse il riccio.

«Io non faccio un cazzo di niente, intesi?!» sbraitai.

«Cora... ti prego» disse il ragazzo più alto.

«Non provare a prendermi per il culo» ringhiai.

Mi girai a guardare al di fuori della finestra e vidi una donna.

I lunghi capelli rossi, la pelle chiara e i miei stessi occhi verde smeraldo.

Era vestita con un abito tipico medioevale bianco, con le maniche a sbuffo e lunghe e i capelli raccolti in una treccia.

Mi fissava intensamente e insistentemente, come se mi volesse studiare.

Il ragazzo più alto, mi prese per le braccia e mi bloccò riportandomi di nuovo a letto.

«LASCIATEMI ANDARE! LASCIATEMI ANDARE!» urlai.

Ad un certo, punto mi svegliai.

Sentivo il rumore della macchina per il battito cardiaco che mi rassicurò.

Mi guardai attorno: questa volta ero in una stanza d'ospedale.

«Allison!» esclamò mio padre.

Mi abbracciò e mi strinse forte al suo petto.

«Abbiamo temuto tanto, Dio grazie di averla protetta» disse mia mamma.

«Cos'è successo?» mormorai ancora con la bocca impastata dal sonno.

«Hai avuto un attacco di panico e poi sei svenuta, non preoccuparti, ora stai meglio»

«Si può?» pigolò qualcuno.

«Certo, certo entra pure» rispose mamma.

Dalla porta, entrò Candy accompagnata da Alex.

«Siamo venuti a vedere come stavi, sai, non avevi un bell'aspetto»

«Vi lasciamo soli» disse papà.

A quel punto, mamma, papà e Madison, uscirono dalla stanza lasciando me, Candy ed Alex da soli.

«Come ti senti?» disse Alex prendendo tra le sue mani la mia.

«Sono ancora un po' debole, ma mi riprenderò, tranquilli»

«Sai, abbiamo pensato di portarti questi» disse Candice.

Mi porse una scatolina viola scuro con sopra un fiocco argentato sopra.

La aprii velocemente e vi trovai all'interno i miei cioccolatini preferiti!

«Fondenti, proprio come piacciono a te» aggiunse Alex.

«Così, per questi giorni che starai in ospedale, ti consolerai con queste delizie» disse Candy sorridendo.

«Grazie, grazie veramente di tutto» dissi abbracciandoli.

Posai la scatolina sul comodino di fianco al letto dove c'era anche il mio telefono.

«Ci siamo preoccupati molto, eri così... impaurita» disse Alex.

Si portò una mano ai riccioli corvini e se li sistemò.

I suoi occhi smeraldo erano fissi nei miei e potevo scorgere un velo di preoccupazione che gli annebbiava la vista.

«Il trauma del terremoto è tornato, vero?» sospirò.

«Purtroppo sì, è ancora qui questo bastardo»

«Beh, purtroppo questo trauma ci ha segnato e lo porteremo per tutta la vita» disse Candy con un espressione triste sul viso.

Dopo circa un'ora, Alex e Candice se ne andarono, ma dissero che mi avrebbero scritto.

A quel punto, approfittai per smanettare un po' sul telefono e controllare un po' anche i messaggi.

Avevo praticamente il telefono intasato di messaggi da Justin, Diana, Jessica, Ellen e Matt.

Eravamo come una famiglia e ci supportavamo avvicenda.

Volevo bene loro, come se fossero miei fratelli, la mia seconda famiglia.

Con un po' di pazienza, risposi a tutti i messaggi che mi erano stati inviati.

Ad un etto punto, tra quei messaggi, trovai quello di... Jane!

Non la sentivo da molto e mi faceva piacere ricevere un suo messaggio.

Chattai per un po' di tempo con Jane fin quando non mi fu portata la cena in camera.

Scossa da tutti i miei pensieri,
non mi resi conto di avere molta fame.

Divorai quel piatto in un nano secondo e poi guardai qualche film su Netflix prima di addormentarmi.

The Suicide Of Lauren MillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora