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Layla stava dondolando il piede dal nervoso. Non era una cosa che riusciva a smettere e di fare quand'era nervosa, e ora, lo era molto. Era chiusa in una saletta per bambini, di quelle che si usavano per far attendere i bimbi che aspettano di essere adottati o presi in custodia da almeno un'ora. No, non stava per essere adottata ma presa in custodia dal padre, che non aveva mai visto in vita sua. Quelle quattro pareti verde pastello ricoperte da disegni di bambini la stavano soffocando. Si mosse nervosa sulla sedia, attirando su di lei gli occhi di una delle due assistenti sociali, Mrs.Pears, e quelli del suo gatto.

"Tutto bene, tesoro?" le domando l'altra, Mrs. Jackson. Layla annuì, mentendo.

Non andava nulla bene un cazzo. Non aveva mai conosciuto il padre, la madre l'aveva quasi ammazzata e i nonni materni non la volevano in casa perché — parole loro — non era una ragazza pura. Layla ancora non poteva credere a quello che le era successo nel giro di due mesi.

Sospirò pesantemente scuotendo la testa e allungando l'indice verso la gabbietta del suo gatto. Giotto era un gatto randagio che Layla aveva trovato per caso un anno prima. Era tutto marrone, come un caffè macchiato, e con gli occhi verdi. Era bellissimo e Layla l'aveva nascosto in casa da quando l'aveva trovato. La madre con tutte le droghe che assumeva non l'aveva minimamente notato.

Gli ultimi sei mesi erano stati totalmente infernali.

"Scusate ma tra quanto arriva?" domandò la bionda dopo qualche minuto di assoluto silenzio. "Dovrebbe essere qui fra pochi minuti" sorrise calorosamente Mrs. Pears. Era la più vecchie fra le due assistenti sociali, doveva avere almeno sessant'anni.

Layla sentiva su di sé tutti gli occhi puntati. Erano tutti pronti a vederla crollare ma non la conoscevano. Non sarebbe crollata di fronte a tutti e di certo non prima di aver conosciuto suo padre. Su di lui aveva poche aspettative, d'altronde l'aveva abbandonata con quella pazza e non s'era mai fatto vivo in quasi diciotto anni della sua vita. Non sapeva nemmeno come immaginarlo ma era consapevole che gli somigliava, non aveva preso nulla dalla madre, né il colore candido della pelle né quello dei capelli, che aveva poi tinto di biondo in un attimo di pura follia. Una cosa che forse aveva preso da lei era il naso. E non era totalmente entusiasta. Non era dritto e lo reputava un po' troppo stretto e di profilo non osava neanche guardarsi. Peccato che in realtà quel naso era proprio carino, per lei.







Layla stava guardando scorrere le lancette dell'orologio da venti venti minuti. Era stanca di aspettare. Erano solo le undici della mattina e lei era sveglia dalle cinque. Aveva passato la mattinata a sistemare quella che negli ultimi due mesi era stata la sua camera nella casa d'affidamento. Non che avesse granché eh. Tre libri messi in croce che le sue infermiere le avevano regalato durante la convalescenza, vestiti, pigiami, spazzolino e spazzola. Nulla di più. Da quello che sapeva, grazie a Mrs. Jackson, il padre era stato a Detroit qualche volta e aveva preso le sue cose, per portarle a Seattle. E, per quanto non volesse ammetterlo, avrebbe voluto suo padre vicino nel periodo di convalescenza.

𝐓𝐇𝐄 𝐍𝐈𝐆𝐇𝐓 𝐖𝐄 𝐌𝐄𝐓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora