7. Che mi sta succedendo?

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Passò una settimana da quella partita e al pensiero mi sentivo ancora scosso.
Non successe niente di particolare da allora: lavorai come al solito, uscii con Liam e altri amici quasi ogni sera e mi incontrai con Eleanor nel weekend. Tutto normale, insomma.
Harry non mi aveva più scritto, nonostante ci fossimo salutati con un "a domani", nessuno dei due aveva poi ripreso la conversazione il giorno seguente, né quello dopo, né quello dopo ancora. Un po' mi mancava sentire le sue cavolate, così decisi di scriverle per primo.

[tu] Harry, ma sei ancora viva? Non ti sei più fatta sentire...

Nessuna risposta. Strano, di solito risponde dopo due secondi. Mi stavo un po' preoccupando, ma la ragione prevalse sulle sensazioni negative e decisi di lasciar perdere: probabilmente aveva di meglio da fare che rispondere ad un tizio conosciuto in una chat.
Mi misi al piano e suonai qualche accordo, cercando di sfogare le mie emozioni contrastanti e di trasformarle in musica. Il pensiero di Stan non mi abbandonava mai. Non capivo cosa volesse da me, perchè mi scattava foto di nascosto e mi venisse a vedere durante le partite nonostante non mi conoscesse affatto o perchè per salutarmi mi aveva dato un bacio sulla guancia pur non essendo per niente intimi. Ma più di ogni altra cosa mi chiedevo perchè tutto questo non mi desse più di tanto fastidio a livello personale. Non capivo cosa mi stesse succedendo, ma di una cosa ero sicuro: era la prima volta che provavo questi sentimenti - se così vogliamo chiamarli - per un ragazzo.
Sto diventando gay?, mi misi a riflettere. Non essere sciocco, non è che lo si diventa, in un modo o nell'altro lo si è da sempre - o almeno così dicevano i giornali che da piccolo rubavo a mamma e leggevo di nascosto - e comunque non mi sono mai piaciuti i ragazzi, non in quel senso, almeno. Annuii, convinto: non avevo mai sentito il desiderio di baciarli o andare oltre e di questo ne ero certo al 100%. A volte però, quando incontravo ragazzi di bell'aspetto, mi capitava di pensare a quanto fossero carini, ma non sapevo se interpretare tutto questo come un segnale per capire se fossi gay o meno. I ragazzi normalmente pensano a cose del genere?
Ricordai che la prima volta che avevo visto Liam mi ero incantato a guardarlo, forse invidioso del suo fisico, o forse semplicemente ammaliato dalla sua figura. Muscoloso, tonico e proporzionato, con due occhi color cioccolato dentro cui amavo perdermi, Liam è sempre stato il mio modello. Inizialmente desideravo essere come lui, ma per vari motivi - corporatura, mancanza di forza di volontà - sono sempre stato l'amico esile e basso con la voce molto acuta che per attirare comunque l'attenzione su di sé faceva il buffone di corte. Non cambiare discorso, Louis, mi rimproverai.
Cosa era successo quindi con Stan? Mi piaceva esteticamente? La risposta fu abbastanza semplice da capire: no. Okay, la prossima. Mi piaceva caratterialmente? Anche in questo caso, no. Non lo conosco per niente. Allora cos'erano quelle vibrazioni che avevo sentito la settimana prima quando a fine partita mi aveva raggiunto, chiedendomi se mi andasse di conoscerci meglio e di andare a prendere un caffè nel tempo libero, lasciandomi poi un rapido bacio sulla guancia? Perchè sono scappato via e il mio cuore aveva cominciato a battere senza ritegno?
Immerso nei miei pensieri, le mie mani stavano dado vita a una melodia nuova, assolutamente meravigliosa. Mi concentrai per ricordarmi gli accordi appena suonati e li trascrissi prima che fosse troppo tardi. Ero soddisfatto. Mi ero sfogato e avevo anche creato una musica davvero bella. Non vedevo l'ora di sciverci su un testo, ma non quella sera, ero troppo stanco per farlo.
Controllai il cellulare - nessuna nuova notifica - prima di scivolare nel mondo dei sogni.

Il giorno dopo mi alzai un po' in ritardo e dovetti correre per arrivare in tempo al lavoro. Non ero mai stato puntuale a dir la verità, evidentemente non era nella mia natura esserlo, quindi non ne fui sorpreso. La cosa che però mi meravigliò fu vedere una persona davanti al negozio che aspettava che qualcuno lo aprisse. Ottimo, pensai, gran bella figura. Mi avvicinai e, senza degnare di uno sguardo il tizio che stava aspettando, aprii il portone e gli dissi un veloce e imbarazzato: "Puoi entrare adesso". Perchè in fondo sapevo chi era, lo avevo capito non appena mi ero avvicinato abbastanza da definirne i contorni: quel ragazzo era Stan.
Lui entrò dopo di me e si mise ad osservare in silenzio il locale, mentre io finsi di essere occupato a risistemare alcuni cd.

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