capitolo tredicesimo

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POV di Ester
La stanza è completamente buia, ma le mani di caleb trovano i miei fianchi quasi immediatamente, tirandomi a lui.
Sento una scossa elettrica attraversarmi per tutto il corpo, traducendo l'attesa e lo struggimento e l'apprensione degli ultimi giorni. Mi scappa un gemito e Caleb mi blocca contro la porta ormai chiusa alle mie spalle con tutto il suo corpo. Posso sentire il suo cuore battere velocemente sotto i miei palmi, gli mordo il lobo mentre lui mi posa una mano sul collo. Rabbrividisco.
Caleb fa scivolare un dito nell'elastico dei miei pantloni.
- "levali." boccheggio.
Riesco a prevedere il sorriso che curva le sue labbra alla mia richiesta. Si inginocchia di fronte a me e mi abbassa i pantaloni con uno strattone. Allungo una mano e afferro la sua, stringendola.
Un gemito scappa dalla bocca di Caleb. Ma non nel senso positivo del termine, sembrava più un lamento.
Entro subito in allarme.
- "Caleb?"
Lui mi accarezza le cosce e avvicina la bocca alle mie gambe.
- "sto bene, non preoccuparti." mormora.
Ci vuole tutta la mia forza di volontà per allungare di nuovo il braccio e cercare di riprendergli la mano, solo che Caleb è più veloce: afferra la mia coscia destra e posa la bocca in mezzo alle mie gambe.
Mi congelo sul posto. Un ansito mi sfugge dalle labbra.
Caleb muove la lingua su di me, sorride:
- "non hai idea di quante volte io abbia immaginato questa scena." mormora con voce rauca.
Anche io. Vorrei rispondere, ma tutto quello che mi esce è un gemito flebile. Caleb mi stuzzica con un dito e io sposto rapidamente il ginocchio, colpendolo sul torace. Caleb grugnisce e si allontana con un colpo di tosse.
Torno abbastanza rapidamente alla realtà. Cerco a tentoni l'interruttore della luce.
Caleb allunga un braccio per fermarmi.
- "sto bene, Ester-"
Ma è troppo tardi. Schiaccio sull'interruttore e illumino la stanza.
Caleb è ancora in ginocchio davanti a me, ma ha un livido giallastro intorno all'occhio sinistro e la mano gonfia, la stessa mano che io gli o stretto.
Aggrotto le sopracciglia.
- "novellina-"
- "fai silenzio." Mi abbasso per recuperare i miei pantaloni e rimettermeli, devo darmi un contegno. "fammi vedere." ordino.
- "che cosa?" chiede caleb, ma sa esattamente di cosa sto parlando.
- "fammi vedere o ti faccio giallo anche l'altro occhio."
Caleb si alza con un sospiro e si sfila la maglietta.
Abbasso lo sguardo sul suo petto. Ha un enorme livido sullo sterno, che si allunga per un pezzo delle sue costole sinistre.
Sgrano gli occhi, faccio un passo avanti e allungo la mano, ma caleb indietreggia.
- "non ne vale la pena." mormora.
- "sono rotte?" sussurro, lo sguardo sempre fisso sui lividi.
- "novellina-"
- "sono rotte?" ripeto più forte, questa volta.
Caleb stringe le labbra.
- "sì."
Stringo la mascella. Devo trovare Luke. Mi volto e faccio per andarmene, ma la mano, quella sana, di caleb si stringe sul mio polso e mi tira indietro.
- "non andare."
- "devo parlare con Luke."
- "ti ho detto che non ne vale la pena."
- "e io ho detto di sì, invece." Libero il braccio dalla sua presa e afferro la maniglia della porta. Caleb mi afferra le spalle e mi strattona violentemente indietro prima di sollevarmi da terra. Lo sento grugnire quando la mia schiena impatta con il suo petto.
- "lasciami stare sottospecie si rincoglionito!" sbraito, divincolandomi.
- "non è la tua battaglia." replica caleb con fermezza, trascinandomi con difficoltà fino al bagno.
- "credevo lo avessi capito ormai che le tue battaglie sono anche le mie!" esclamo dibattendomi.
Caleb mi posa finalmente a terra, nella vasca.
- "sì ma non voglio che tu combatta questa." si impunta lui.
Faccio per firsrgli uno schiaffo ma lui salta indietro e apre l'acqua, inzuppandomi i vestiti.
-" oh, perfetto, fai pure l'immaturo adesso?!" Cerco di alzarmi rapidamente ma scivolo sulla ceramica bagnata.
Caleb corre fino alla porta del bagno.
- "e non hai ancora visto niente," la chude di slancio e gira la chiave.
Arranco fuori dalla vasca.
- "caleb, che stai facendo?" i miei vestiti sgocciolano sul pavimento, lui posa la chiave a terra, a poca distanza dalla fessura della porta.
- "caleb?"
Lui sposta il piede e calcia la chiave oltre la fissura della porta e fuori dal bagno.
Mi butto a terra.
- "NO!"
Ma ormai è troppo tardi per riprenderla. Siamo chiusi qui.
Caleb mi fa l'occhiolino, appoggiato allo stipite della porta.
- "adesso ci divertiamo."

POV di Marti
Mi sporgo oltre il parapetto. La luna si affaccia sul mare nero con un riflesso tremolante. Il ponte è immerso in assoluto silenzio.... Tendo l'orecchio per accertarmi di non sentire i passi dei soldati di ronda. Alzo il braccio pronta a dare il segnale-
- "marti?"
Abbasso il braccio di scatto e mi volto. Come diamine ho fatto a non sentirlo arrivare?
Una ciocca di capelli biondo pece gli ricade sugli occhi, ma lui tiene le mani ficcate in tasca e continua a guardarmi.
- "Liam, che ci fai fuori a quest'ora?" chiedo con disinvoltura.
- "stavo per chiederti la stessa cosa."
Mi mordo il labbro.
- "credevo che il tuo turno per sorvegliarmi durasse solo fino alle sei."
- "non sono qui per sorvegliarti."
- "eppure lo stai facendo, no?"
Liam sospira, abbassa la testa, un'altra ciocca gli ricade sugli occhi. Allungo la mano per scostarla, ma il suo sguardo incorcia il mio. Non riesco a capire se sia implorante deluso o disperato. Ritraggo la mano.
Il vento si alza, facendomi volare in faccia i capelli. Mi volto verso il mare.
- "sinceramente non capisco proprio cosa ti aspetti da me." sbotto.
Liam sembra perdere parte della sua calma.
- "che tu mi accordi un briciolo di fiducia, per cominciare?"
- "non so proprio di che stai parlando."
- "mi credi stupido forse?"
Lo guardo confusa, senza capire.
Liam serra la mascella e si guarda rapidamente intorno, prima di afferrarmi la vita e tirarmi verso di sé con uno scatto.
Accosta le labbra al mio orecchio.
- "so che ci sono diverse persone diposte ad aiutarti a scappare. Persone che non sono io." Le sue labbra mi sfiorano l'orecchio, un brivido mi scorre per la spina dorsale, stringo gli occhi e spingo Liam indietro. Lui accenna un sorrisetto.
- "continuo a non vedere il legame tra questo e la fiducia." mormoro.
Il sorrisetto scompare.
- "perché questo dimostra semplicemente che non ti fidi abbastanza di me da aspettare che io trovi una soluzione, anziché correre sul ponte violando il tuo coprifuoco e la tua condanna per tradimento!"
- "una condanna che non meritavo!"
- "sapevamo entrambi cosa sarebbe successo una volta arrivati sulla barca."
- "no! no, non lo sapevamo! Perché Maria sarebbe dovuta essere pronta a portarmi via, ma come tutti gli altri se ne è andata! E io sono quella che si è fatta torturare per due giorni e due notti, e continuo a non sapere se e quando e come potrò uscire da qui!"
La rabbia negli occhi di Liam si spegne. Sto per aggiungere qualcosa ma sento dei passi alle sue spalle. Liam mi afferra immediatamente il polso e mi tira verso di se, parandomisi davanti e spingendomi contro il parapetto.
- "ma che fai?" sussurro.
- "fidati di me."
I passi si fanno più incerti.
- "Liam?"
Liam gira appena la testa, abbastanza per vedere il soldato di ronda con la coda dell'occhio.
- "scusa Fred... sono occupato..." mormora con un sorriso eloquente.
Quello che immagino sia Fred fa una risata e si allontana. Liam aspetta diversi secondi prima di tornare a voltare la testa verso di me.
La luna si riflette nei suoi occhi.
- "puoi anche spostarti adesso." mormoro.
- "ma non voglio."
Il suo sguardo ricade sulle mie labbra, sono fin troppo consapevole delle mani che mi tiene sui fianchi.
Chiudo gli occhi e lo bacio.
Liam mi spinge contro il parapetto con tutto il corpo e mi posa una mano sulla nuca. Posso sentire ogni centimetro del suo copro scottare contro il mio. Traccia dei cerchi con il pollice com la mano che mi tiene ancora sul fianco, mentre io gli allaccio le braccia attorno al collo e lo tiro a me.
Il bacio di Liam è esattamente quello che gli leggevo negli occhi: implorante, disperato, ma anche arrabbiato, deluso.
Liam stacca la bocca dalla mia e comincia a seminarmi baci sul collo, mi scappa un ansito. La sua mano scivola sotto la mia maglietta e mi artiglia la schiena.
- "Liam..."
Lui smette di torturarmi il collo e incorcia il mio sguardo.
- "vuoi che smetta?" ma continua a tenermi stretta.
- "no..."
La sua mano scende sulla mia schiena, le sue dita si fermano appena sopra la cicatrice che lui stesso mi ha lasciato, tagliandomi via il simbolo dell'agenzia.
Avvicina il viso al mio e mi bacia di nuovo, forse sono io a baciare lui. Lo sento premere contro di me mentre fa scivolare la lingua tra le mie labbra.
- "resta con me." sussurra sulle mie labbra.
- "non sto andando da nessuna parte." sussurro.
Liam ride.
- "per ora, forse." Fa scivolare la mano più giù, sospiro... e improvvisamente fa un passo indietro.
Una folata di vento freddo mi investe laddove prima i nostri corpi si toccavano. Liam si passa una mano tra i capelli.
- "ti accompagno in camera." mormora.
- "io lì non ci torno."
- "qui fuori sicuramente non puoi restare."
- "allora dormirai in camera mia."
Inarco un sopracciglio.
- "oppure puoi sempre... passare la notte in cella."
- " Liam, se non ti conoscessi direi che questo è un ricatto."
- "oh, no." mormora lui con un sorriso. "è esattamente un ricatto."

All the lines she crosses 3- so we downfall to heavenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora