Capitolo 1 : Sgradevoli incontri.

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Un fischio nelle orecchie.
Una cascata di dolore.
Era così forte, così intenso.
Poi tutto svanì.

Aprii le palpebre, che si erano fatte pesanti, come coperte da due massi.
Il mio corpo era tutto intorpidito, non riuscivo a sentire sensazioni che non fossero il vuoto nella mia mente.
C'era silenzio intorno a me, una quiete quasi inquietante.
Mossi le dita delle mani, poi quelle dei piedi, che capii fossero scalzi dal modo in cui li sentivo liberi, non bloccati da qualche scomoda calzatura.
Infine, lentamente, piantai i palmi contro il terreno, liscio al tatto, e mi tirai seduta.

Per un attimo la mia testa girò, non riuscii a vedere nient'altro che candido bianco.

Abbassai lo sguardo sul mio corpo, che scoprii magrolino e accarezzato da un delicato vestito, anch'esso di un bianco latteo.
Il tessuto mi scendeva morbido sulle gambe, arrivando appena al di sopra delle ginocchia.
La parte superiore aderiva leggermente al mio corpo, sottolineando le curve, non troppo abbondanti, del mio seno.
Le spalle erano scoperte, mentre l'abito mi fasciava una piccola porzione delle braccia.
Sentii i capelli scesi accarezzarmi la pelle nuda sulla schiena, in un punto non coperto dal vestito.

Senza alcuna fretta, mi alzai da terra, aspettando che i ricordi riaffiorassero a mente.
Cercai di ricordare qualsiasi cosa di ciò che era successo, della persona che ero, perfino di come mi chiamavo.
Eppure, nessuna di queste informazioni vollero arrivare.
Mi guardai intorno, davanti a me comparve, come per magia, una strada di ciottoli argentati.
Inizialmente esitai, ma qualche forza inspiegabile mi spinse a proseguire cautamente per quella via.
Quel luogo infondeva un senso di pace nuovo, quella sorta di tranquillità che provavi quando non dovevi far fronte ai problemi che la vita ti poneva.
E seppur non ricordassi niente, seppi di non aver mai provato nulla di simile prima d'ora.
Era come se una voce dentro di me, mi sussurrasse dolcemente che ero al sicuro, che nessuno mi avrebbe fatto del male, che ero finalmente arrivata a casa.

Casa.

Quella parola, quel significato, non lo riuscii ad attribuire a niente che già conoscessi.
Cos'era quel posto? Dov'erano finiti tutti?

Non sembrava fossi ancora sulla terra, quel luogo mi dava la sensazione di essere completamente ultraterreno.

Arrivai alla fine della strada ciottolata, davanti a me si ergeva una postazione che assomigliava vagamente a quella di una segreteria. Con la scrivania coperta di fogli, con su scritto nomi completamente sconosciuti. Dietro ad essa era presente una sedia vuota, che dava l'impressione di essere alquanto confortevole, completamente imbottita da chissà quale soffice materiale.
Sporsi la testa verso il lato opposto della scrivania, con semplice curiosità.

Improvvisamente una nuvola di fumo inondò tutta la postazione, talmente velocemente che non feci in tempo a scostarmi.

<<Questi umani, non esiste neanche più la pausa pranzo oramai!>>

Sobbalzai, davanti ai miei occhi un omino di bassa statura comparve sulla sedia, vuota fino a qualche secondo fa.
Aveva una vocina buffa, realizzai, leggermente stridula, di certo in accordo col suo aspetto insolito.
In quel momento lo sguardo dell'omino si posò su di me, osservandomi con circospetto.

<<Salve>> sussurrai, stupita di non essere in grado di riconoscere nemmeno la mia stessa voce.

L'omino si sforzò di rivolgermi un sorriso di cortesia, visibilmente irritato.
Il suo modo di porsi, sembrava stonare con la tranquillità del posto, ma cercai di fare finta di niente.

<<Nome?>> Chiese lui schiarendosi la voce, cercando di sembrare professionale.

Una sensazione di panico mi si posò alla bocca dello stomaco, lasciandomi senza idee su come replicare.
Eh già, nome?

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