Capitolo 2 : Amica della sfiducia.

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Entrando in casa notai che l'interno era piuttosto semplice, la luce entrava abbondantemente dalle numerose finestre, che davano sul salotto e sulla cucina. L'arredo era generico e moderno, con un bancone e qualche sgabello alto nell'ala cottura, un tavolino da pranzo al centro della cucina e diverse credenze contenenti vari oggetti della casa.

Il salotto era dotato di un divano che sembrava alquanto confortevole, posizionato davanti ad una televisione. Ai lati erano presenti delle semplici librerie bianche, contenenti vari libri di diversi colori, forme e dimensioni. Per un qualche motivo questi mi portarono a mente sensazioni piacevoli e familiari.

Andando avanti trovai il bagno, una stanza di medie dimensioni, così accogliente che per un momento mi incantai a guardarla.
L'odore era dei più piacevoli che avessi mai sentito, ispirava ad un'aroma misto tra il dolce della vaniglia e l'aspro dell'arancia.

Mi costrinsi a proseguire e finalmente trovai la camera da letto, non era poi così grande ma era provvista di tutto ciò di cui avevo bisogno. Al centro della stanza, con la testiera attaccata al muro, era presente un letto di almeno due piazze. Il materasso invitante era coperto da candide lenzuola, mentre all'estremità del letto c'erano un'abbondante quantità di soffici cuscini. Tutte e quattro le pareti erano di un giallo pastello, che donava alla stanza un tono caldo e solare, mentre un armadio di modeste dimensioni era posato accanto al muro.

Sospirai, tornai in bagno e mi posizionai davanti allo specchio.
Avevo l'impressione di sembrare una ragazza molto giovane, non più di sedici anni, come aveva detto l'omino quando ero arrivata. La mia pelle pallida non faceva affatto contrasto con il vestito bianco candido che ancora indossavo. I miei lunghi capelli biondi cadevano morbidi sulle spalle scoperte, contornando il mio viso asciutto.

Le lentiggini mi ricoprivano parzialmente naso e guance, dandomi un aspetto ancora più giovane e rendendo i miei tratti di una morbidezza unica. Eppure, ciò che spiccava ancora di più nel complesso, era il colore dei miei occhi, talmente di un azzurrino chiaro e puro, da poter confondersi nel cielo.
Il mio corpo era magrolino, le mie curve leggermente accentuate, in proporzione con tutto il resto.

Angel.

Così mi aveva chiamata Kyla, sottolineando la particolarità del mio aspetto.
Cercai una spazzola con cui tirare su i miei capelli, guardai nei vari cassetti sotto il lavandino e finalmente la individuai. Trovai anche molteplici elastici per capelli, in uno dei tanti borsini riposti lì sotto.
Raccolsi le varie ciocche spettinate, stando attenta a slegare tutti i nodi, infine le avvolsi con l'elastico in una coda alta.

Fu allora che, una volta lasciate le spalle completamente scoperte, un dettaglio attirò la mia attenzione. Si trattava di una striscia più chiara della mia stessa pelle, che partiva poco più spostata dal centro del mio petto, per poi passare dalla clavicola fino ad arrivare alla spalla opposta.

Una cicatrice.

Ci passai sopra con le dita, lentamente, poi sussultai, quasi fossi consapevole di quanto una volta doveva aver fatto male.
Improvvisamente l'ansia ingiustificata mi assalì, spingendomi a trovare un modo per nasconderla, per coprire quel marchio permanente sulla mia pelle. Corsi in camera da letto, aprii in fretta l'armadio e cercai qualcosa, qualsiasi cosa, che potessi mettere per scacciare quella sensazione.
Finalmente trovai una felpa di colore beige con una zip al centro, la indossai immediatamente e trassi un respiro di sollievo.
Non sapevo perché mi stessi facendo tutti quei problemi, ma avere delle cicatrici significava mostrare che, almeno una volta nella vita, si era stati vulnerabili, che si aveva perso contro qualcosa di più grande.
Ed io non ero pronta a scoprire quel lato di me davanti ad un mucchio di sconosciuti, soprattutto perché era una sfaccettatura di me stessa che ancora non conoscevo.

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