Capitolo 13 : Niente è giusto.

6 1 0
                                    

Scattai con la testa in direzione di quella voce, senza trovarla in alcun modo familiare. Nella mia visuale entrò un ragazzo di elevata statura, i capelli neri come la pece, tanto che per un momento li credetti tinti. Si muoveva con controllata eleganza, con le mani dietro la schiena e una postura eretta. Indossava dei jeans e una camicia nera, tenuta fuori dai pantaloni.

Quando finalmente alzò gli occhi su di me vidi i suoi lineamenti spigolosi, la linea dritta della mascella, gli zigomi leggermente sporgenti. Era talmente alto che nonostante fossi ancorata alla roccia ad almeno un metro da terra, la sua testa arrivava comunque all'altezza dei miei fianchi.

Duncan.

Il ragazzo passò il suo sguardo calcolatorio su di me, scrutandomi con non poca attenzione, poi un'espressione divertita apparve sul suo volto, dandogli una svolta tutt'altro che umana.

<<Tutto quel sangue ti dona, davvero, risalta i tuoi occhi>>

Abbassai lo sguardo dove i miei vestiti erano sgualciti in più punti, ero completamente ricoperta di sangue ormai secco. Nonostante ciò non provavo alcun tipo di dolore, nemmeno un taglio era presente sulla mia pelle.

Assottigliai le palpebre mentre la rabbia mi saliva in corpo.

<<Dimmi dov'è Alex o ti giuro che mi assicurerò di prendere a calci quella faccia di merda che ti ritrovi>>

Duncan rise di gusto, prima che i suoi occhi incontrassero i miei.

Mi guardò con tale intensità, che dovetti resistere all'impulso di abbassare lo sguardo.

<<Non sei proprio nella posizione di dettare ordini, eh?>> Mi provocò.

Scattai verso di lui, il mio corpo non si mosse di un millimetro, le catene affondarono nei polsi e nelle caviglie, tenendomi in posizione.

<<La terra ti ha cambiata, quasi non ti si riconosce più, angioletto>>

Aggrottai le sopracciglia in un'espressione confusa, Duncan si limitò a scrollare le spalle.

<<Ah già, che peccato, il fatto che non ricordi toglie tutto il divertimento>> sbuffò.

Assottigliai le palpebre, pronta a rispondere, ma qualcun altro mi precedette.

<<Duncan...>> era una voce rauca, anziana, e ci misi qualche secondo a realizzare che era stato Pàn a parlare.

Dalle sue labbra uscì un lamento.

<<Per favore risparmiala>> pronunciò flebilmente, gemendo per lo sforzo fatto nel parlare.

Mi sporsi per incrociare il suo sguardo addolorato, il dio era pallido, le occhiaie evidenti, era chiaro quale sarebbe dovuto essere il suo destino, e che non molti giorni lo separavano da esso. La rabbia mi assalì prima di riportare la mia attenzione su Duncan, che razza di persona farebbe una cosa del genere alla propria famiglia?

Duncan lo liquidò con un gesto della mano, totalmente noncurante della sua situazione.

<<Sei un mostro, non puoi pensare davvero che tutto ciò sia giusto>>

Il ragazzo scrollò le spalle.

<<Il mondo è ingiusto ragazzina>> cominciò, poi il suo sorriso si fece più feroce.

In seguito i suoi lineamenti mutarono, il suo corpo si rimpicciolì, i suoi capelli crebbero e si schiarirono. Un attimo dopo a parlarmi non era più Duncan, ma la signora Smith, con le mani ossute e le rughe in volto. L'espressione che fece la riconobbi con orrore, quella di quando mi puniva, metteva le mani su di me e mi colpiva fin quando non fosse sicura che avessi imparato la lezione. Mi guardò di nuovo, un ghigno sul volto.

Cercando Giglio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora