13. Scarlett

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Appena notai l'auto di Gavin nel vialetto di casa Reed, il mio buon umore sparì all'istante. Il bel pomeriggio che avevo passato con Connor e Jesse, un lontano ricordo.

Non credevo l'avrei rivisto così presto.

Connor spense il motore e mi guardò. <<Volevo chiederti di entrare per farmi compagnia, ma non credo sia una buona idea>>.

Scossi la testa. <<No, mi dispiace>>.

Sembrava triste e incazzato. <<Lo immaginavo. Quindi direi che ci vediamo dopo?>>.

<<Potresti sempre venire da noi. Mason sta sera cucinerà i suoi famosi spaghetti prima di uscire>>, proposi. La verità era che non volevo restare sola.

Sorrise. <<Andiamo. Non posso dire di no alla cucina di Mason Martin>>.

Quando entrammo in casa, c'era un gran baccano proveniente dalla cucina. Andammo in quella direzione. Mason stava tagliando dei pomodori, Louis stava stonando una canzone che usciva dall'impianto stereo.

Io e Connor ci guardammo. <<Non crescerà mai>>, borbottai. Louis era il più grande e in teoria doveva essere il più maturo. Sbagliato.

Connor rideva. <<Ora lo riprendo e lo carico su TikTok>>. Così fece. Louis non ci aveva ancora visto arrivare alle sue spalle. Improvvisò anche un balletto.

Imbarazzante.

Avevo le lacrime agli occhi. <<Oh, Dio! Non respiro>>, mi lamentai.

Louis si accorse della nostra presenza. <<Oh, ciao! Da dove arrivate?>>, chiese come nulla fosse. Non conosceva la vergogna mio fratello.

<<Dallo studio di Jesse>>, risposi mostrando il polso fasciato con la pellicola.

<<Forte>>, rispose. <<Connie, mostrami il tuo>>.

Connor si alzò la camicia. Distolsi lo sguardo e andai ad aprire il frigo per impormi di non guardarlo con la bava alla bocca. Avevo già dato per un intero pomeriggio.

<<Questo mi piace un botto>>, disse Louis.

<<Ehi, Scar, ti andrebbe di apparecchiare fuori in veranda?>>, mi chiese Mason.

Annuii e mi misi all'opera. Mentre stavo distendendo la tovaglia nella lunga tavola da giardino in legno, sollevai lo sguardo e mi ritrovai a fissare quelli azzurri di Gavin.

Alzò una mano e mi salutò. Ricambiai titubante. Lo prese come un invito a venire da me. Non potevo scappare. <<Ehi>>, disse evitando i miei occhi.

<<Ehi>>, risposi.

<<Dove sono tutti?>>.

Indicai la mia cucina con un gesto della testa. <<Dentro>>.

<<Ti dispiace se entro a salutare?>>. Prima non aveva mai chiesto. Era decisamente un passo in avanti.

<<Certo, vai pure>>.

Fece due passi, poi si bloccò. <<Giuro che non tirerò più fuori l'argomento Scar. Volevo solo dirti che rispetto la tua decisione. È quella giusta per entrambi. Ero così arrabbiato con me stesso che ho detto e fatto cose che non avrei dovuto. Scusami. Non ti starò fra i piedi>>.

Lo apprezzavo, davvero. <<Ehi Gave>>, lo richiamai. <<Non devi evitare i miei fratelli per me. Puoi venire a casa quando vuoi>>.

<<Grazie, lo apprezzo>>. Sparì dentro casa mia.

Temporeggiai fuori in veranda e quando finii di preparare il tavolo, andai a sedermi in una sdraio a bordo piscina. Non volevo rientrare e trovarmi nella stanza di Gavin.

Connor venne a cercarmi poco dopo. Si sedette accanto a me. Ci guardammo e non servirono molte parole. <<Ti stai nascondendo qui?>>.

Annuii. <<Sì, non mi andava di vederlo ancora>>.

<<Lo capisco. Sappi che si unisce a noi per la serata>>.

<<Dovrò farci l'abitudine immagino. D'altronde frequentiamo anche lo stesso College. Lo vedrò spesso in giro>>.

<<Non sei obbligata a stare con lui. Se vuoi possiamo andarcene>>.

Con quella frase aveva acquistato punti. Era dolce e premuroso. Connor era di un altro pianeta. Adoravo come pensasse a me. <<Mi piacerebbe ma allo stesso tempo non voglio dargli quel potere>>.

Allungò la mano e me la appoggiò sul ginocchio nudo. La pelle mi formicolò all'istante. <<Quando vuoi, sono qui>>.

Appoggiai la mano sopra la sua e gliela strinsi. <<Grazie, Connie. Davvero>>. I suoi occhi verdi bruciarono nei miei.

I miei fratelli uscirono facendo casino -come il solito- e rovinarono il momento -come il solito-. <<E' pronto>>, disse Mason appoggiando al centro del tavolo gli spaghetti.

Connor si alzò e mi porse la mano. La afferrai subito, senza esitare. Mi aiutò a rimettermi in piedi. Si sporse in avanti per sussurrarmi nell'orecchio: <<Se vuoi scappare, basta un cenno e ti porto via>>.

Mi sciolsi ai suoi piedi. Nessuno aveva mai detto qualcosa del genere a me. Prima di lui. Era sempre stato lui che mi aveva messa al primo posto. Da sempre.

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