Scusa se ti scrivo su Facebook... non ho il tuo numero. Però, Barto, ho letto della tua perdita e sono davvero dispiaciuta per te. Forse ti sembrerà fuori luogo, ma vorrei chiederti se posso venire a trovarti... se hai tempo. Se hai voglia.
Messaggio visualizzato quasi subito: con molta probabilità era online per rispondere alla tempesta di messaggi di condoglianze da parte di amici che avevano avuto il buon senso di non tagliare i rapporti con una persona tanto speciale.
La risposta arriva quasi un'ora dopo.
Susanna, mi fa tanto piacere sentirti. Non sei fuori luogo, non lo sei mai stata. Passa quando vuoi. Sono solo a casa stasera, ti mando la mia posizione
Susanna non ci sperava. Non sapeva neppure cosa aspettarsi, ma sapeva che lei doveva esserci, doveva stargli accanto perché era stata la sua più cara amica e in un momento così luttuoso non era maturo trincerarsi dietro questioni di principio vecchie di dieci anni.
Andò, tremando, non sapendo se fosse necessario portare una bottiglia di vino, un mazzo di fiori, un piatto di lasagne da scaldare... portò tutto. Portò soprattutto il suo cuore spezzato, rimesso insieme e fatto andare avanti in solitaria per un intero decennio. Era malandato il suo cuore, ma sarebbe stato forte sicuramente per quell'anima buona che era la sua più cara persona.
Al citofono le rispose una voce scura, lontana: era certamente la voce di Barto, ma priva di tutto ciò che l'aveva da sempre caratterizzata. Arrivò al secondo piano in ascensore e lo vide attenderla sulla soglia del proprio appartamento: jeans comodi ma di un certo stile, maglioncino di filo firmato, scarpe casual ma ricercate... il classico abbigliamento dell'architetto nei giorni di ferie. Ma il suo viso era pallido, assente; il suo sorriso che, Susanna ricordava bene, era capace di illuminare il mondo adesso appariva finto, di circostanza.
Ed era proprio una circostanza quella che la portava lì. Non era più la sua amica, non la stessa sorella-per-scelta di un tempo. Ora era solo una vecchia collega di università che arrivava per fare visita al vedovo. Una visita di circostanza, appunto.
«Ciao Susanna»
«Ciao Barto»
Rimasero così, immobili uno di fronte all'altra: lui fagocitato in un sentimento di angoscia e dolore, lei paralizzata da risentimento e rabbia incrostati sulle pareti interne del proprio cuore; lui preda dell'intensa sofferenza legata a una perdita attuale, lei avvinghiata a una frustrazione che non aveva più nulla a che vedere col presente.
«Che porti?»
«Un po' di tutto... non sapevo se avessi bisogno di qualcosa ed eccomi qua! Sono una pessima cuoca, ma la lasagna mi viene bene»
«Sì, lo so! Entra pure»
La casa di Barto era... diversa.
Bartolomeo aveva sempre avuto uno spiccato senso dell'estetica, Susanna gli diceva spesso che i suoi gusti erano troppo ordinati: superfici lisce, pochi dettagli o soprammobili, linee pulite, colori tenui e grandi finestre per convogliare la luce all'interno degli ambienti. Invece quel posto era vivace: drappi di pesanti stoffe con ricami di mandala a prendere polvere sulle pareti, acchiappasogni ad ogni porta e finestra, gingilli etnici raccolti, presumibilmente, agli angoli del mondo e sistemati ovunque nella grande sala da pranzo e che sembravano disposti a casaccio, senza un ordine o una disciplina precisi. Verde, fuxia, giallo, blu... colori accesi che colpirono la retina di Susanna quasi disturbandola.
«Carina la tua casa!»
«Piantala! Lo so che ti fa schifo»
Susanna si voltò di scatto per porgere le sue scuse, le sue giustificazioni, ma lo vide sorridere: un sorriso lontano nel tempo e nello spazio, ma un sorriso che raccontava un'intimità persa, un'intimità tipica di chi non ha bisogno di mettere alcun filtro tra pensiero e parola, perché tutto è lecito, tutto è pura verità.
«È che... non sembra tua»
«Infatti era nostra»
«Oh, Barto... mi dispiace così tanto»
Susanna posò la sporta su un tavolo e si avvicinò all'amico per abbracciarlo: non era sicura che questo gesto le fosse concesso, ma lo fece lo stesso e da quel momento tutta la serata cambiò.
Barto la abbracciò fortissimo, talmente stretta da non permetterle di guardarlo in viso per svariati minuti. Susanna non era in imbarazzo: loro erano così, erano spontanei e avevano sempre fatto liberamente quello che sentivano necessario momento per momento, senza scuse, senza spiegazioni o giustificazioni. Bartolomeo aveva bisogno di stringere un corpo amico, di essere stretto da un corpo amico, e Susanna era lì per questo.
Quando si sentì in equilibrio sciolse quella stretta e le fece un accennatissimo gesto con la testa, come a dirle che ora stava bene. La invitò a sedersi sul divano per fare due chiacchiere ma non ne aveva voglia, così rimasero in silenzio per molto tempo.
È strano... è tutto così privo di imbarazzo! Sono seduta sul suo divano, in una casa in cui non ero mai stata, a piangere una moglie che non ho mai conosciuto, dopo dieci anni di chiusura ermetica, eppure non sono affatto a disagio. Questo silenzio non è per niente fastidioso.
Così Susanna cercava di razionalizzare qualcosa che di razionale non aveva proprio nulla.
È tornata! Dopo dieci anni è qui. Pensavo che nulla al mondo avrebbe potuto smuovere il suo orgoglio, invece la morte di Matilde ha scosso, in qualche modo, anche Susanna. Il suo odore non è cambiato, neanche il suo abbraccio è cambiato. Sono contento che lei sia qui ora.
Bartolomeo ripercorreva rapidamente i cinque anni di amicizia con quella donna, un'amicizia sulla quale ognuno dei loro colleghi aveva ampiamente speculato dal primo all'ultimo giorno e anche oltre. Ma sentiva, come aveva sempre sentito, nel profondo quanto il loro legame fosse puro, senza malizia, senza sessualizzazioni di sorta.
Tutti quei pensieri non se li dissero: questa era la vera stranezza. Barto e Susy non avevano mai avuto peli sulla lingua l'uno per l'altra, avevano un patto che prevedeva, tra le altre cose, di non tenersi mai nascosto nulla: fu proprio per questo che Susanna, un giorno, sbatté la porta della casa dei genitori del suo amico per non rivederlo più.
«Ora mi manderai a quel paese, ma... come stai?»
«Vuoi sapere una cosa? Da stamani sei l'unica persona che me l'abbia chiesto»
«Forse perché sono la più indelicata e banale!»
«O forse perché hai sempre saputo dirmi le parole giuste, anche se ad altri sembrano quelle sbagliate»
«Ti conosco! O forse... ti conoscevo»
«Beh, non hai perso il tuo tocco! Sto molto male, Susanna. Malissimo» fece una pausa che lei non osò interrompere. «Non si può essere pronti per una cosa del genere. Matilde era tutta la mia vita»
«Barto, sono così dispiaciuta per te. Cosa posso fare?»
«Niente, come al solito. Se ti va di stare qui a fare niente, te ne sarei davvero grato»
E così Susanna scivolò sul divano ancora più vicino al suo amico, fece scorrere il proprio braccio intorno al suo e poggiò la propria testa sulla sua spalla.
In silenzio, passò un'intera mezz'ora.
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La seconda vita di Barto
Short StoryNon si vedono da oltre 10 anni, ma durante l'università hanno condiviso più di quanto fosse necessario. Bartolomeo e Susanna si ritrovano in un momento drammatico, in cui lei cerca di offrire al vecchio amico il conforto che sa essergli fondamentale...