🏔️Capitolo 11❄️

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💗SANEM💗

Apro gli occhi con difficoltà, li sento pesanti. Abbiamo fatto l’alba, ma non a causa del veglione… cioè, il veglione l’abbiamo fatto noi due, io e Can, se così possiamo definire questa lunga e meravigliosa notte.
Avverto il suo respiro pesante, segno che sta ancora profondamente dormendo. Mi giro verso di lui e sorrido nell’osservare i lineamenti del suo viso rilassato. Non so se ritenermi la donna più fortunata del mondo ad avere al mio fianco un uomo tanto bello sia fuori che dentro, a volte mi sembra incredibile che Can abbia scelto proprio me: una semplice ragazza di quartiere che non ha nulla a che vedere con le donne di un certo rango o semplicemente attente al proprio aspetto, come sua cugina Polen, ad esempio, che ama vestire in maniera raffinata ed elegante, con i capelli sempre impeccabili, sia che li porti sciolti che legati in una coda alta, seppure sia una donna modesta, consapevole, sì, della propria classe, ma senza atteggiarsi a gran donna. Ci sono, poi, quelle come Ceyda: appariscenti e ricercate, snob e sicure di sé, delle vere e proprie galline da allevamento che chiocciano davanti a qualsiasi gallo dall’aspetto di un pavone avvenente.

🌬️ “Stai dicendo che Can è un gallo dall’apparenza di un pavone?”

Sbarro gli occhi. Effettivamente, forse il mio pensiero è stato un tantino esagerato.

🌬️ “Però l’hai pensato.”

«Sono ancora intontita di sonno. Cosa vuoi di primo mattino?»

🌬️ “Primo mattino? Credo sia abbastanza tardi!”

Mi volto per prendere il telefono e vedere l’ora. È quasi mezzogiorno. Strabuzzo gli occhi ancora di più e mentre vado per alzarmi due vocine urlanti si avvicinano creando un immenso frastuono nella mia testa.

🌬️ “Mi chiedo come fanno ad avere tutta questa energia. Mi fanno impazzire con le loro grida. Forse un giorno di questi sparirò davvero.”

«Dici questo da tre anni e sei ancora qui!» esclamo beffarda.

«Aspetta, non correre! La mamma ha detto di non correre per le scale che possiamo cadere e farci male!» urla una delle due vocine all’altra.

Sorrido, perché già so che tra meno di cinque secondi entreranno in camera e si tufferanno sul letto, per meglio dire su me e loro padre, come se stessero tuffandosi in piscina.

🌬️ “Sei ancora nuda.”

Se prima ho strabuzzato gli occhi, adesso stanno per uscirmi letteralmente fuori dalle orbite. Disperatamente cerco qualcosa con cui coprirmi, qualcosa che non siano il lenzuolo o la coperta, o quel vestito da “Noel Baba” che Can ha avuto la brillante idea di farmi indossare ieri sera. Come per magia, ai piedi del letto trovo una maglia del mio mastodontico compagno e la infilo alla svelta, così come i miei slip che questa notte sono volati, per fortuna, sull’abat-jour sul comodino.

«Anne, anne!» grida il mio piccolo albatros entrando in camera e fiondandosi tra le mie braccia come un uccello in picchiata.

«Ma così non vale, sei più veloce di me!» lo rimprovera sua sorella, mettendo il broncio e fermandosi sulla soglia.

Con un cenno furbo degli occhi le indico suo padre. Non se lo fa scappare e, come un tornado, corre, saltando sul letto, gettandosi a peso morto sul corpo di Can.

🌬️ “Anche lui sarebbe nudo.”

Nemmeno fossi un uragano, lascio andare il mio piccolo albatros e mi precipito a recuperare la bambina, ma è già avvinghiata al collo del papà e tirarla via sarebbe un’impresa titanica.
Can apre gli occhi, o per meglio dire sono le piccole manine a sollevargli prepotentemente le palpebre. Mi viene da ridere, ma il piccolo albatros me lo impedisce.

☃️Solstizio❄️d'inverno🏔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora