4: wheat porridge

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Se Jimin avesse potuto, in sua difesa, si sarebbe davvero alzato e diretto fuori per far rientrare Yoongi. Ma con la febbre che ancora gli imperversava il corpo e la caviglia fuori uso, uscire e cercare a tentoni in un posto che non conosceva una persona e un cane era impossibile. O insomma, poco saggio. Così restò a rimuginare sulle proprie parole davanti al fuoco, fino a che non gli si chiusero gli occhi e si addormentò con la testa che posava sulla spalla.

Si svegliò solo quando sentì rumore di metallo e legno che cozzavano, come qualcosa fosse caduto sul pavimento. Ci vollero una manciata di secondi prima che capisse che non era casa sua, la luce fioca della stanza che illuminava un caminetto con le braci nere e rosse.

«Teo, fermo!»

Un sussurro urlato lo fece sistemare meglio sulla sedia, il collo che chiese immediatamente pietà per la posizione scomoda in cui aveva dormito. Issandosi sulle braccia, si guardò intorno, attento a non muovere il piede, i ricordi del giorno prima che erano confusi ma cominciavano a riaffiorare. Un muso dal naso nero si infilò nella sua visuale e lui si ritirò, sorpreso. Prometeo lo annusò un altro po', la coda dritta. Jimin si stropicciò gli occhi, ancora non del tutto sveglio, e sentì che la grande testa cappuccino del cane si avvicinava al suo grembo. Riaprendo gli occhi, vide come i suoi occhi grandi lo osservassero, il muso quasi appoggiato sulle sue gambe e la coda che restava dritta ma si muoveva leggermente da una parte e l'altra.

«Teo. Giù.»

Senza esitare un secondo, Prometeo si sedette, gli occhi sulla figura di Yoongi, che si avvicinava. Jimin pensò che avrebbe voluto volentieri farsi piccolo piccolo e sperare che la cosa potesse trasportarlo immediatamente a casa sua. Ma anche se stringeva gli occhi, riaprirli lo riportava lì, nel mezzo del nulla, su una montagna innevata, con una caviglia fuori uso. Yoongi lo guardava dall'alto, con in mano due ciotole. Ne posò una vicino a lui, sul tavolino che si trovava proprio di fianco alla sedia, e fece quasi per andarsene, ma Jimin si sporse (la cosa gli provocò una fitta per il collo) e afferrò a malapena la manica della sua giacca per fermarlo. Yoongi gli rivolse un'occhiata interrogativa da sopra la spalla e Jimin ci mise un attimo a formulare il pensiero che gli ronzava per la testa.

«Ehm... volevo dirti... cioè, chiederti scusa per ieri. Non avrei dovuto dire... ecco... quello che ho detto.»

Yoongi rimase un attimo fermo, ancora di spalle, e poi si girò, dedicandogli tutta la sua attenzione. Jimin si ricordò che senza di lui sarebbe probabilmente diventato un ghiacciolo per lupi e orsi. Facendogli un segno con il mento, Yoongi lo invitò a continuare.

«Però davvero non penso tu possa sapere cosa è meglio per me. In quanto riguarda il cibo, intendo.»

«Okay.»

«Quindi scusa. Però sul cibo non ti do ragione.»

«Okay.»

Jimin boccheggiò sotto lo sguardo fisso di Yoongi, che sembrava neanche dover sbattere le palpebre, le braccia conserte sul petto con la ciotola in mano e Teo che lo guardava, in attesa di ordini, la coda che spazzava leggermente il pavimento.

«Altro?»

«No...?»

«Bene. Segui anche cure speciali per le quali non posso guardare come hai ridotto la tua caviglia o...?»

«No. Solo dieta.»

Alzando leggermente gli occhi al cielo, Yoongi prese il cucchiaio e cominciò a mangiare la colazione (era un porridge, o sembrava un porridge), girandosi per andarsene. Jimin afferrò di nuovo la sua maglia, il tessuto morbido del bordo della stoffa che rimaneva fra le sue dita e impediva di nuovo a Yoongi di fuggire.

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