0: grilled salmon

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Quando Jimin si era svegliato quella mattina, nulla lo avrebbe potuto preparare alla catena di eventi che si stava per svolgere nella giornata, come una valanga che stacca pezzo per pezzo la neve depositata sulla montagna fino a farla precipitare tutta.

Innanzitutto, Jeon Jeongguk. Meglio di una sveglia, peggio di un capo-caserma militare, lo aveva costretto ad alzarsi fiondandosi con tutte le scarpe (letteralmente) in casa sua, portandosi dietro una serie di orme bagnate con contorno di neve fresca, rendendo vani i soldi che Jimin dava alla sua domestica per pulire il prezioso legno giapponese del pavimento. A nulla servivano con lui gli avvertimenti, le minacce, le suppliche o anche le semplici richieste. Piombando nel mezzo dell'open space della sua camera e aprendo le finestre a tutta parete che affacciavano sulle montagne che Jimin amava con tutto se stesso, gli aveva cominciato ad enunciare i benefici dello svegliarsi presto, della colazione precoce, della buona abitudine di una mattina impegnata. Jimin aveva sbuffato, chiuso in un rotolo di coperte morbide, candide e profumate, affondando meglio la faccia nel cuscino di piume d'oca e sperando che la sua mascherina da notte diventasse un'arma assassina e lo soffocasse.

«Cosa, Jeongguk, cosa. Cosa ho fatto io di male nella vita per meritarmi te.»

«Aw, anche io ti adoro! So che molti non mi meritano, ma tu sì, dai. Ora in piedi.»

Con un grugnito infastidito, Jimin si era messo a sedere. Con dei ciuffi di capelli biondi sospettosamente storti davanti agli occhi, aveva sbuffato un'altra volta e un'altra ancora mentre con le braccia si spingeva al bordo del letto. Infilò borbottando le ciabatte, mentre l'aria fredda invernale entrava dalle grandi vetrate insieme al canto timido degli uccellini già svegli.

«Ma che ore sono, scusa?»

«Le sei meno un quarto! Ovviamente sei già in ritardo, ma faremo finta di niente.»

Jimin si prese la testa fra le mani, il sonno che minacciava di incollargli di nuovo le palpebre fra loro. La mascherina da notte fungeva da cerchietto e, quando Jeongguk si girò a guardarlo, si ritirò fintamente inorridito. Jimin gli scoccò un'occhiata assassina che, come al solito, non ebbe effetto.

«Che aspetto orribile. Vai a domare quella criniera, per favore, l'ultima cosa che serve ora è una tua foto in prima pagina che mostri questo scempio al mondo così vicini alle olimpiadi.»

Sperando che le ciabatte di lana potessero inghiottirlo, Jimin si alzò e ciabattò fino al bagno, la cui porta di prezioso legno scuro venne aperta con poca grazia dalle sue mani infastidite. Jeongguk stava ancora blaterando qualcosa e Jimin decise che non voleva più sentirlo, così se la chiuse alle spalle, a chiave, con un tonfo che non arrivò mai.

«Maledetto sistema soft touch. Manco la porta in faccia posso sbattergli.»

Spogliandosi del suo pigiama, Jimin aprì l'acqua della vasca ampia e aspettò che si riempisse di acqua bollente, scegliendo, dall'armadietto sul muro, un sapone e dei sali profumati. Dopo che la vasca fu piena per più di metà e il fumo era già condensa sulle superfici in vetro della stanza, Jimin decise che quel giorno andava bene bergamotto e agrumi. Preparò il bagno canticchiando, sapendo che solo così si sarebbe svegliato decentemente e avrebbe potuto scordare il modo in cui lo aveva barbaramente svegliato Jeongguk.

«Non metterci troppo! Vado a decidere la colazione.»

«Silenzio.»

Immergendosi nella vasca e lasciando che il calore dell'acqua sciogliesse la tensione dei suoi muscoli, Jimin posò la testa sul bordo, Una maschera in tessuto giaceva sul suo volto e un cetriolo appena tagliato, di cui Jimin disponeva un barattolo fresco ogni mattina, era stato posto sui suoi occhi. Restò in acqua fino a che gli fu possibile, strofinandosi con il sapone e lavando i capelli con prodotti nuovi di zecca. Quando ebbe finito, si risciacquò e si passò sul corpo umido un olio al bergamotto, lasciando che fosse il profumo ad essere agli agrumi. Frizionò i capelli e li acconciò, anche se sotto la tuta sarebbero divenuti piatti e informi. Quando fu soddisfatto, si infilò dei capi di cashmere soffice e caldo, uscendo dalle sue stanze per vedere cosa avessero programmato per lui quella mattina i suoi cuochi.

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