12 Novembre 2130

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Caro Di,

ho paura.

I controlli a scuola si stanno intensificando. In questi giorni ho notato che i vigilantes hanno raddoppiato i loro turni delle ronde intorno ai due edifici che separano i gruppi di studenti dai gruppi di studentesse. Il tutto durerà una settimana o due, come è successo altre volte. Ma se questa volta non fosse così, se fosse diversa? Se non si trattasse solo di una settimana di inasprimento di controlli? Ogni mattina, in classe, almeno una volta al giorno, entra un vigilante per ritirare i nostri zaini. Li ispezionano e poi ce li riportano prima della fine delle lezioni. Può anche succedere che i professori chiamino una di noi, in modo casuale, per l'interrogazione a porte chiuse in direzione con una Regia o qualcuno per sue veci.

Non avevo mai fatto molto caso a questa semplice operazione prima d'ora, ricordo che una volta mi capitò ma non era nulla di che, ero molto tranquilla, anzi, molto curiosa di entrare in un ufficio, e desiderosa di aiutare dove possibile; non mi sono chiesta mai il perché. Adesso me lo sto chiedendo, perché so che, nel caso in cui chiamassero me, tutto potrebbe trasformarsi in un disastro.

So che qualunque cosa ci sia sottoterra non può uscire da lì.

So che quello che stiamo facendo può metterci in pericolo. Ovviamente lo sapevo anche prima, ma non ero pienamente consapevole di cosa ci fosse di sbagliato in quello che facevo. Perché niente di quello che facevo prima poteva essere giudicato sbagliato, in realtà. Con il bunker è cambiato tutto. Con il bunker, l'adrenalina della scoperta viaggia direttamente proporzionale al rischio di conseguenze inimmaginabili.

Tutto è cominciato la mattina dopo la notte lì sotto. Con Alyssa e Cristiana ci siamo incamminate svogliatamente, zaini sulle spalle, verso il marciapiede per raggiungere la scuola. Guardavo i volti pallidi delle mie amiche e pensavo a quanto somigliassero a due cadaveri. Le guance scavate e tendenti al grigio verde, come il colore di quei teschi ritrovati sotto le lenzuola del bunker. Ricordo che mentre alzavo distrattamente lo sguardo dall'altra parte del marciapiede lui era lì, piedi strascicati uno pesantemente davanti all'altro, mani a pugno. Ha distolto subito lo sguardo da me, e io ho fatto lo stesso. Entrambi sentivamo la stanchezza, avevo un malessere che mi percorreva tutto il corpo, sentivo ancora il bruciore di stomaco per quella bevanda che avevamo assaggiato la sera prima. La testa mi girava.

Ho continuato a camminare, cercando di trascinarmi in avanti normalmente, per arrivare in classe e mettermi finalmente seduta, così il resto dell'ambiente intorno a me avrebbe smesso di girare.

Poi un urlo. Proveniva da un punto non bene identificato dietro le mie spalle. La mia fila si è bloccata. Cristiana ha sbattuto leggermente la fronte contro la nuca di Alyssa, davanti a lei. Noi tre ci siamo voltate simultaneamente, anche il resto della fila lo ha fatto. E anche quella di là, dall'altra parte della strada. Prima di girarmi, lentamente, del tutto su me stessa, ho guardato Lorenzo. Occhi sgranati su di me, che si sono poi spostati al centro della strada dove si stava consumando la scena.

Due vigilantes avevano strattonato per le braccia un ragazzo, facendolo uscire in malo modo dal suo percorso insieme agli altri. Era a terra, adesso, con la schiena schiacciata da un ginocchio della guardia sopra di lui.

"Lasciatemi stare!" ha gridato. Mi ero portata la mano sul viso, poi l'altra. Non volevo guardare. Poi di nuovo le urla. Quel ronzio infernale. Il taser. Ho aperto gli occhi giusto in tempo per vedere che glielo avevano azionato dietro il suo collo.

Ho sentito la mano di Cristiana sostenermi il fianco per un tempo infinito. Mi stringeva fino alle costole.

Sentivo il ragazzo che diceva "Che cosa ho fatto? Ditemelo!" e piangeva. Piangeva forte, tra le urla. Ho pensato solo che avevo voglia di andare dalla mia mamma. Eravamo tutti agghiacciati dalla scena. E appena prima di sentire l'ultimo colpo del taser su di lui ho alzato gli occhi altrove, ho guardato Lorenzo. Che guardava me con due pupille dilatate che gli avevano colorato gli occhi di scuro. Le mascelle si sono fatte tese. Ma la sua figura è sparita improvvisamente, coperta da una divisa che ha chiuso ogni cosa intorno a me. Era Costantino. Mi ha messo le mani sulle spalle, allontanando con un gesto brusco quella di Cristiana e mi ha detto: "Tutto bene?"

Ventunotrentuno - I figli dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora