UNO

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Il mobile sopra il lavandino nel bagno di sua madre era sempre pieno zeppo di cose. Barattoli di crema, spazzole, strani flaconcini arancioni con etichette dai nomi più disparati. Il ragazzo strinse gli occhi individuando quello che stava cercando nascosto dietro un tubetto di dentifricio schiacciato.

"Lorenzo muoviti a uscire dal bagno, la cena si fredda."

"Arrivo."

Sentì i passi di suo padre allontanarsi dalla porta. Era già un mezzo miracolo che non l'avesse spalancata entrando senza bussare. Forse, adesso che suo figlio aveva quasi raggiunto la maggiore età, il pudore aveva avuto finalmente la meglio su qualsiasi altro istinto da guardia che aveva.

Lorenzo trattenne il fiato per un attimo e chiuse lo sportello del mobiletto. Lo specchio restituì immediatamente la sua immagine riflessa. Quello sguardo perennemente scocciato, come gli ripeteva sempre il suo compagno di stanza, e le labbra carnose che difficilmente si piegavano in un sorriso. I capelli erano leggermente allungati e si muovevano dolcemente in onde castano chiaro sopra la sua fronte. Spinse più a fondo possibile nelle tasche dei pantaloni l'oggetto che stringeva nella mano e spense la luce preparandosi alla consueta cena della domenica a casa dei suoi.

Si sedette al tavolo proprio nel momento in cui sua madre metteva in tavola una teglia di lasagne fumanti. Gli passò dietro la schiena prima di accomodarsi al suo posto, strusciandogli una mano sopra la testa, scompigliandogli i capelli. Lorenzo guardò suo padre osservare quel gesto di affetto e lanciare a sua madre uno sguardo di rimprovero, subito prima di afferrare una porzione di lasagne e riempirsi la bocca con un'abbondante forchettata.

"Sono squisite, Adele." Sorrise a sua moglie che con un'alzata di spalle imbarazzata si affrettò a sminuire quel complimento.

"Sono il suo piatto forte." Confermò il ragazzo, masticando più in fretta. Aveva una voglia matta di spolverare il suo piatto e scappare da quella cena nel minor tempo possibile. Non voleva cadere in quelle conversazioni che presto o tardi si sarebbero trasformate nel solito terzo grado di sempre.

"Allora..." cominciò suo padre buttando giù l'ennesimo boccone "...tra poco farai diciotto anni, Lorenzo."

"Già." Lorenzo strinse i pugni sotto il tavolo. Sentiva gli occhi di suo padre su di sé, come chiodi che lo ancoravano allo schienale della sedia. Avrebbe voluto ribaltare il tavolo e scappare verso una meta qualsiasi, il più lontano possibile dalle prossime domande.

"Ancora nessun match interessante sul tabellone dell'aula magna?" continuò imperterrito il padre, dopo essersi rinfrescato con un sorso di acqua ghiacciata.

"Non ci ho fatto molto caso, sinceramente." Era stanco di questi stupidi match. Sembrava che l'intera sua esistenza girasse intorno a questo momento. Il momento in cui avesse compiuto diciotto anni, scoprendo finalmente quale sarebbe stata la sua vita. Che fine avesse dovuto fare. Con chi avrebbe spartito il resto dei suoi anni e a fare cosa. Ogni giorno era solo un lungo scorrere del tempo che avrebbe portato semplicemente a questo. Un lungo e monotono rotolare di test ed esami per capire chi era e che ruolo avrebbe dovuto svolgere all'interno della società in cui era destinato a vivere.

Suo padre sbatté la forchetta sul piatto vuoto.

"Insomma, figliolo non sei minimamente curioso di scoprire la ragazza che ti assegneranno? In fin dei conti è un evento importante."

"Tu eri curioso di sapere che avresti passato il resto della tua vita con mamma?" Lorenzo guardò sua madre abbassare gli occhi e distogliere lo sguardo, prima di alzarsi per togliere i piatti.

"Ovviamente, che discorsi." Afferrò la mano della moglie portandola alle labbra per baciarla. "E ricordo anche di essere stato il ragazzo più felice del mondo scoprendo il mio match."

Ventunotrentuno - I figli dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora