NOVE.1

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"Giacomino, dobbiamo darci una regolata."

Giacomo, seduto al tavolo, era intento a spippolare sul ricalcolatore, dando il via libera alle ragazze di uscire dai propri dormitori. Nicolas era seduto sulla poltrona di fronte all'amico. Lo sguardo fisso. La scena di quel ragazzo sdraiato a terra davanti a scuola con il ginocchio del vigilante sulla schiena lo tormentava da giorni.

"Forse dovremmo smetterla." Sussurrò quasi più a se stesso che all'altro.

"Smetterla un cazzo." Lorenzo era appena rientrato dalla cena e aveva colto l'ultima frase della conversazione tra i due amici. Gettò le chiavi sul mobile insieme all'orologio che aveva al polso. Il suo perenne guinzaglio.

"Ciao anche a te." Lo canzonò Giacomo senza alzare gli occhi dal dispositivo e alzando le sopracciglia. "Sei sempre di buon umore quando rientri da casa dei tuoi." Continuò.

"Lore, i vigilantes sono come impazziti, ci stanno addosso come mosche sulle merde, cazzo." Nicolas si era alzato di scatto, seguendo Lorenzo che passava da una stanza all'altra come indemoniato.

"Sarai tu una merda." Aveva esclamato Giacomo con aria schifata.

"Lo fanno ogni anno di questi periodi. Ma non chiedermi come mai, perché a noi questo non è dato saperlo." Lorenzo lanciò un calcio al mobiletto di legno nell'ingresso che di tutta risposta aprì cigolante uno sportello ammaccato.

"Pianoooo." Aveva cantilenato Giacomo, che adesso era passato a sbloccare il chip di Nicolas, prima di procedere con il suo.

"E se mi prelevassero per uno dei loro interrogatori a sorpresa?" continuò a lamentarsi l'altro sempre in preda al delirio.

"Che vuoi che ti chiedano." Cercò di tranquillizzarlo Lorenzo a modo suo, con poco tatto e poco garbo. "Loro non sanno un cazzo di quello che stiamo facendo, e se tu ti lasciassi sfuggire qualcosa dovresti preoccuparti più di quello che potrei farti io, piuttosto che loro."

"Ok ragazzi, tregua." Giacomo si era alzato in piedi mettendo le mani a forma di T tra il loro visi. "Qui sono pronto, dove vogliamo andare stasera?"

"Stasera cambio di programma." Lorenzo aveva guardato Nico sbuffare e piagnucolare andando a prendere il giacchetto attaccato vicino alla porta. "Sono stufo di stare sottoterra."

                                      ***

"Io là sopra non ci salgo manco morto." Nicolas, con il naso all'insù, osservava smarrito il tetto del palazzo abbandonato, ai piedi del quale li aveva condotti Lorenzo.

"Non avevo dubbi." Aveva ribattuto sottovoce Alyssa, ironica come al solito.

"É soltanto un edificio abbandonato, erano i vecchi uffici dei pillars, prima che li spostassero sull'isola di fronte." Lorenzo l'aveva scoperto durante una delle sue passeggiate. Per questo preferiva muoversi a piedi: poteva scoprire cose che altrimenti non gli sarebbero mai saltate agli occhi. Si voltò verso Regina che, cucciata dietro di lui, osservava a sua volta la cima, con un velo di preoccupazione nello sguardo.

"Vedrai, non c'è niente di cui temere. Sono uffici vuoti da tempo. E noi non dovremo entrare, basterà salire la scala fino in cima. C'è un cancellino che separa il tetto dal resto dell'edificio."

"E tu hai la chiave?" chiese Nico incuriosito.

"No, genio." Cristiana aveva guardato quel ragazzetto rannicchiato in fondo a tutti nell'ombra del cespuglio dove si erano rifugiati. Poi spostò lo sguardo verso Lorenzo in capo alla fila. "Vuole che lo scavalchiamo." Disse, amara.

"Non siete obbligati a seguirmi se non ve la sentite."

Di tutta risposta Regina strinse la mano di Lorenzo avvicinandosi un po' di più a lui.

Ventunotrentuno - I figli dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora