𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑶𝑳𝑶 10

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| 𝗡𝗲𝘄 𝗬𝗼𝗿𝗸 𝗖𝗶𝘁𝘆,
New York

«Daniel

Una voce mi risveglia. Mi stiracchio, socchiudendo gli occhi per mettere a fuoco. Un raggio di sole mi arriva dritto in faccia, riscaldandomi il volto infreddolito per la neve che ricopre gran parte delle strade di New York.

«Daniel! Muoviti, cristo santo!» urla in preda ad una crisi di nervi una donna. Non ho mai sentito questa voce, non saprei decifrarla.

Quando riesco a sollevare un po' di più le palpebre, noto una signora abbastanza grande, con i capelli rossi e gli occhi verdi.
È una bella donna, dai tratti dolci e gli occhi piccoli. È alta, slanciata e con curve morbide.

Assomiglia molto a Lieky...

Cazzo.

«Chi sei tu? E cosa ci fai in casa mia?!». Mi toglie di dosso la coperta, lanciandola ai piedi della portafinestra alla nostra destra. Non faccio in tempo neanche a reagire in qualche modo, che la donna mi afferra un braccio e mi strattona per alzarmi in piedi.

Lieky, dove caspita sei finito?

Non molla la presa, restando salda con le sue dita intorno al mio esile polso.
Mi esamina il viso, fissa i miei occhi e mi studia dall'alto verso il basso.

Mi sento così in difetto che vorrei solamente sparire, volatilizzarmi nell'aria come polvere di stelle.

Mi sto disperando inutilmente.
Spero che Foster si alzi il prima possibile e che possa spiegare la situazione.

La Rossa, mi ricorda Reed dai capelli, mi afferra il mento tra l'indice e il pollice, spostandomi la testa verso l'indietro.
Sono paralizzata, non riesco ad aprire bocca e spiegarle perché io sia lì, giustamente.

«Cos'hai da dir in tua difesa, straniera?» sottolinea avida l'appellativo che mi ha assegnato.

Cos'ho da dire in mia difesa? "Che ho aiutato suo figlio a non farsi ammazzare da un ex sicario" basterebbe? Oppure dovrei dire suo figlio mia portato in un luogo proibito per scoparmi?

Ho talmente tante cose da dire che non saprei quale scegliere in mia difesa.

«Io-io non so cosa dire, S-signora», borbotto, abbassando lo sguardo sulle sue mani. Sembrano morbide, candite come il culetto di un neonato, abbellite con le unghie smaltate di un rosa cipria.

Cambia la stressa, apprendendo dal collo, sotto la mandibola e conficcando le unghie nella carne. Stringo gli occhi, non riuscendo a parlare.

Cazzo, ecco da chi ha preso tutta questa brutalità Lieky.

«Mamma! Che cazzo stai facendo? Lasciala andare!» sbraita Lieky da sopra le scale.
È appoggiato alla balconata che sul piano terra.
La madre si gira subito verso il figlio, mollando la presa.

Faccio un sospiro di sollievo.

È ancora provato, ma sembra abbastanza riposato dalla notte appena trascorsa.

«Lieky! Chi ti ha conciato così?!» esclama presa dal panico, notando le ferite che coprono gran parte del busto del figlio.

«Va tutto bene, mamma. Ho solo avuto un piccolo incidente in moto: sono caduto per il ghiaccio, non ti allarmare per nulla. Lei è un'amica, mi ha aiutato a tornare a casa e mi ha medicato. L'ho fatta dormire in casa così che non dovesse tornare al campus».

The Devil's NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora