𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑶𝑳𝑶 13

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| 𝗡𝗲𝘄 𝗬𝗼𝗿𝗸 𝗖𝗶𝘁𝘆,
New York

Lieky Foster

*

La famiglia Durand è sempre stata influente nella vita newyorkese. A partire dagli anni novanta, è subentrata nel campo giuridico, portando avanti alcuni dei casi più importanti della storia americana.

Di origini francesi, la famiglia Durand ha sempre vantato un nome invidiato da molti e posseduto da pochi.
Ora la famiglia Durand è composta da madre, padre e due gemelli, un maschio ed una femmina.

Anais e Louis Durand sono gli eredi di un impero creato dai loro nonni paterni.
I gemelli sembrano fatti con lo stampino: occhi celesti, capelli biondi e ricci.
Sono conosciuti ovunque qui nello stato di New York, portandosi sulle spalle un peso enorme.

«Sei pronto?» domanda mia madre, osservandomi con sguardo giudicante mentre scendo le scale.

Tiro la giacca, facendo combaciano le estremità per poter chiuderle con un bottone.
Muovo il collo, sciogliendo l'agitazione.

«Ci sarà anche Anais. Non possiamo fare cattiva figura, Lieky, capito?» tuona severa mentre mi esamina il volto.

I segni della violenza di Carlos persistono sulla mia pelle, dandogli un colorito violaceo.
Mia madre passa in po' di correttore sugli zigomi per poi sfumarlo con una spugnetta nera.

«Ora va meglio...» sospira, lasciandomi libero dalle sue grinfie.

Mi affretto a specchiarmi, potendo notare con mio grande stupore che i lividi sono stati coperti dal trucco applicatomi.
Fa un po' di contrasto a causa della leggera diversa tonalità, la non credo che ai Durand possa interessare.

Mi passò una mano sulla camicia per togliere le pieghe, poi mi dirigo verso l'entrata dove indosso le scarpe e vado a prendere la macchina, aspettando mia madre che sia pronta per andare. Mio padre è già lì.
È a casa loro da due ore, ad essere onesto.

«Devo sistemare degli affari, figliolo». Mi aveva dileguato così, in risposta alla mia domanda in cui chiedeva perché dovesse andare lì prima senza aspettarci.

Non mi sarei neanche aspettato una risposta da lui, in tutta onestà.
Non è un uomo di molte parole e odia chi si immischia o fa domande riguardanti i suoi affari personali o di lavoro.

Mia madre attraversa il giardino raggiante, tenendosi stretta la pelliccia che le copre il busto esile. Nella mano destra regge fiera una pochette luccicante ricoperta di Swarovski neri che riflettono la luce a cui sono sottoposti.

Oh mamma, non ti riconosco più.
O forse non ti ho mai conosciuta veramente.

Guido fino al ristorante scelto dai Durand, a pochi isolati da noi. Nella macchina nessuno fiata, ma c'è solo in sottofondo una sinfonia, scelta da mia madre, che smorza la tensione palpabile.

Mi hanno detto che si tratta di una cena importante, forse per questioni contrattuali su clienti in clienti.

E i miei genitori hanno deciso di trascinare anche il loro povero figlio.
Come se me ne importi qualcosa dei loro affari, ma non posso declinare di certo l'invito.

Giro a destra, poi a sinistra ed infine parcheggio nell'imponente parcheggio che occupa gran parte del piazzale del ristorante stellato che, imponente, si alza davanti ai miei occhi.

Almeno questa sera potrò stare tranquillo.
Sospiro, aprendo la portiera a mia madre e porgendole una mano per scendere con comodità a causa dei tacchi alti e il vestito lungo.

The Devil's NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora