𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑶𝑳𝑶 9

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| 𝗡𝗲𝘄 𝗬𝗼𝗿𝗸 𝗖𝗶𝘁𝘆,
New York.

Solo per te, Delaney.

La vita è sempre stata cattiva nei miei confronti, facendomi vivere le peggio cose.

A dieci anni mio padre è andato via; a quattordici mia nonna è morta; a sedici mia madre è ricaduta nella trappola dell'alcol.
Ho iniziato a correre all'età di diciassette anni e in soli due sono riuscita a scalare le classifiche stilate dal Pura.

Grab mi ha fatto conoscere questo mondo, per puro divertimento ho voluto provare e ora mi sento come imprigionata in un corpo che a volte mi sta stretto.

Regola numero uno: non puoi uscire dal Pura.
Se ci entri dentro, non potrai più liberarti di una realtà malata e devota alla morte.

Lo sai. Sai già che, qualsiasi cosa accada, tu resterai lì, intrappolata nelle fiamme dell'inferno che ardono. Che ti bruciano fino allo sfinimento.

Conosci dinamiche; vedi orrori; conosci brutte persone. Quando decidi di entrare nel Pura, stipuli indirettamente un contratto con il Male. Ti scavi la fossa da sola, andando incontro alla morte sui tuoi stessi piedi.

Insomma, si è artefice del proprio destino.
Ti condanni da sola.

«Delaney...»

Solo per te, Delaney. Solo per te.

Carlos è seduto dietro la scrivania mentre si versa del Jack Daniel's in un bicchiere in cristallo. È lui il capo, ora. Il Direttore conta poco o niente. Carlos ha avuto il coraggio di ereggere questo impero di illegalità.

«Torres», abbasso il capo in segno di saluto. Avanzo verso la sua direzione, lisciando lo schienale dei divanetti in pelle nera.

Il rumore dei tacchi rimbomba nell'aria tetra che caratterizza tutti i suoi studi o locali.

Cammino convinta, sposto la poltrona che sta dall'altro capo della scrivania e mi sedendomi sopra. Accavallo le gambe per non fare intravedere l'intimo sotto alla gonna.
Indosso ancora gli stessi abiti di qualche ora fa.

Appoggio i gomiti sui braccioli, assottigliando lo sguardo. Le mani si incrociano all'altezza del mento.

«Sono contento tu stai bene, Delaney, dopo quell'incidente.» Sottolinea avido.

Accenno un sorriso infastidito, stringendo le labbra in una linea. «Spero tu stai meglio. Sembri piuttosto messo male, capisci?» Rispondo pungente.

Carlos scuote la testa, finendo il poco whisky che è rimasto sul fondo del bicchiere. Quando appoggia quest'ultimo sul ripiano, rimbomba un rumore abbastanza irritante.

«Perché mi hai chiamato qua? Avevo di meglio da fare, ad essere onesta». I suoi occhi si illuminano, brillando di gioia per la domanda che gli ho appena posto.

«Sai, Delaney, ho avuto sempre una certa ammirazione per te. Nonostante io non ti abbia mai conosciuto di persona, certo, ma le voci girano...»

«Ma?» aggiungo io, incalzandolo a continuare. Sono stanca, ho male a qualsiasi parte del corpo e non sono in vena di giochetti, Carlos.

«Ma da quando conosci Lieky Foster sei cambiata». Carlos si alza, costeggiando la scrivania. Si appoggia sullo spigolo alla mia sinistra, incrociando le braccia le caviglie.

I suoi occhi neri sono puntati sulla mia figura esile e abbandonata.

«E questo non va bene...» sottolinea con la sua solita ironia. Testa montata di uno spagnolo.

The Devil's NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora