CAPITOLO 13

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Capitolo 13

Non posso rimanere qui! No, non da solo.
Mi alzo precipitosamente, sono le tre del mattino. Non importa devo uscire. Posso rischiare d'impazzire. Non voglio vivere tutta la vita con una camicia di forza, dentro ad una stanza di un metro e mezzo con le mura di gomma.
Arrivo di corsa a quella schifosa festa a cui non avrei mai voluto partecipare, non me ne frega niente ci ciò che mi sta attorno! Ho solo bisogno di bere, ed esorcizzare i fantasmi del passato...
Esci dalla mia testa!.
Il bancone bar è completamente deserto, non c'è neppure il barista; però le bottiglie stanno tutte in bella vista. Faccio il giro del bancone prendo due bottiglie: le prime che mi passano davanti agli occhi rum e vodka. Mi siedo nell'alto sgabello dando le spalle a quello che succede dietro di me. Dalle casse fuoriesce una musica strana monotona una specie di cantico lamentoso che mette i brividi. Corpi distesi sul prato. Le luci rosse danno al tutto un aspetto che di sensuale non ha proprio nulla, sembra quasi una di quelle camere di tortura nel film 'Saw l'enigmista'. Stappo la prima bottiglia e ingollo il contenuto senza utilizzare bicchiere.
Sbatto le palpebre e barcollante recupero la sesta, quel mio stupido cervello è rintanato chissà dove, e trema ancora di paura.
Tutto il veleno che immetto in corpo entra in rotta di collisione facendomi alleggerire il cervello e appesantire le gambe. Mi guardo attorno sorridendo come un ebete. Vedo una donna avvicinarsi tutta sorridente; al dire il vero ne vedo all'incirca tre o quattro.
-Ciao amore.
Le dico sorridendo come un decerebrato, chissà che faccia ha!.
-Ciao Roberto, bellissimo come sempre.
-Eh-eh.
Faccio ad alta voce una strana risata, la prendo per i fianchi e me la struscio addosso.
-Dove mi porti.
Biascico con la bocca impastata. Intuendo che ci stiamo spostando.
-Voglio, restare qui ho sete.
Mi mordo la lingua e faccio una smorfia di dolore.
-Berrai a casa mia, bello. Poi ci divertiremo un mondo io e tu.
Le faccio qualcosa di simile ad un sorriso. Ci avviamo stretti l'un l'altra, improvvisamente incespico cadendo di faccia sul prato. Mi sento leggermente un idiota mentre navigo nel mio stato di semi coscienza, giuro che sono quasi sicuro di aver fatto una figura pietosa. Ma sono ancora disteso con la faccia atterra? Sento l'odore del terriccio e l'erba umida su tutta la faccia.
La mia cara amica strana, tenta di tirarmi su. È davvero un impresa. Ho sonno. Riesco a tirar su la mia inutile carcassa, le sorrido sghembo e mi lascio gettare nel sedile posteriore di un auto, come un sacco di patate.
Gli scossoni che si avvertono da dentro l'abitacolo disturbano il mio stato di semi incoscienza. Il mio stomaco fa un salto carpiato all'indietro con doppio avvitamento e buona parte del suo contenuto si sparge sui sedili. Forse anche addosso a me. La persona al volante urla una lunga serie di epiteti, ma che le prende?.
Apro gli occhi mentre vengo scarrozzato su per una rampa di scale, l'equilibrio torna a mancarmi e scivolo rovinosamente dalle scale. Il dolore della botta è lontano, attutito dall'intontimento. Senza sapere come, mi ritrovo seduto sul divano con la testa reclinata sulla spalliera e un bicchiere ricolmo di un liquido ambrato pericolosamente invitante. Lo bevo d'un fiato e allungo ancora il bicchiere verso l'immagine distorta che troneggia di fronte a me. Lei prontamente lo riempie accovacciandosi, ed io lo faccio fuori in un lampo.
Una canzone che mi ricorda quel film... Come si chiama? Ah sì: nove settimane e mezzo. Suona da qualche parte.
Vengo spogliato lentamente, i miei occhi si chiudono da soli, ma il contenuto del mio stomaco si ribella ancora una volta. Vomito in gran parte sulla testa della malcapitata che urla scatta in piedi e corre via.
Il sonno mi vince chiudo gli occhi, un attimo, solo un attimo...
***
La luce ferisce i miei occhi nel preciso istante in cui faccio la fesseria di aprirli. Ci riprovo aprendo appena un occhio solo il tanto per notare un ambiente completamente estraneo. Mi sollevo a sedere, una saetta di dolore mi trafigge la mente.
-Mmm.
Mugulo. Sposto le lenzuola per provare a mettermi in piedi, sgrano gli occhi. Casa estranea, completamente nudo...
"Buon giorno idiota. Cos'è successo ieri?" Buon giorno anche a te caro...
Da una porta appare una donna matura sulla cinquantina, capelli corti sfrangiati biondo svedese, fisico da ventenne e la mia camicia a coprire le nudità.
Ma che cosa ho fatto stanotte?
-N'giorno...
Dico fissando la mia camicia. Lei mi lancia uno sguardo abbastanza freddino.
-Vedo che sei sveglio finalmente.
-Sì ma...
-Non sai cosa ci fai qui!.
Mi muovo a disagio.
-No infatti. Mi dispiace, in questo momento nella mia mente c'è una gran confusione.
Ritornano a galla flash: cadute rovinose, tanto alcool, coma etilico...
-Come mai mi trovo qui? Non avremmo...
-Bè purtroppo eri troppo ubriaco e il tuo amichetto.
Dice indicando con un movimento della testa la parte del mio corpo ancora coperta, poi continua.
-Non ne ha voluto sapere.
Fa spallucce.
-Potremmo recuperare. Che te ne pare? Magari dopo colazione, anche se sono le dodici e mezza.
Anche se la prima parte del discorso mi ha reso nervoso, la seconda mi fa letteralmente schizzare fuori dal letto portandomi dietro il lenzuolo. La guardo con gli occhi sgranati.
-Chiedo venia ma, devo scappare è tardissimo il mio povero cane sarà affamato.
Mi guarda disgustata. Solleva l'indice e inizia a punzecchiarmi il petto, con la sua unghia laccata di rosa.
-Ascolta stronzo, mi sono subita il tuo schifosissimo vomito ovunque e non ti ho rimproverato. Penso che tu questo me lo debba.
Questa sua stupidissima osservazione mi manda su tutte le furie.
-Io non ti devo assolutamente nulla, non sono io quello che raccatta ubriachi e se li porta a casa.
Adocchio i miei pantaloni. Li indosso velocemente e... Dov'è la mia stupida macchina? Dove mi trovo con esattezza?
-Dov'è la mia macchina?.
-Alla villa.
Risponde altezzosa
-In quale villa?
Urlo ormai cieco di rabbia.
-Vedi di darti una calmata. È lontano da qui, ti ci porterei volentieri ma, vedi, sei stato un emerito idiota!.
Sono... Sono stato un emerito...
-Scusa?.
-Mi hai capito... Lì c'è la porta.
Ma questa cos'ha nel cervello segatura?.
-Dovrei uscire così?.
-Me ne frego!.
Replica arcigna, incrociando le braccia al petto.
-Bene.
Prendo le scale indossando solo la giacca sopra le spalle nude e i pantaloni.
Guardo nel portafoglio; per fortuna i soldi sono tutti presenti, e anche il biglietto da visita con l'indirizzo di quello schifoso.
Prendo un taxi che mi lascia di fronte ad una stupenda villa. Sono stato qui ieri?. Guardo all'interno e per fortuna la mia Ferrari è parcheggiata lì.
Mi accoglie una inserviente. Dopo avergli spiegato la situazione si precipita a recuperare le mie chiavi.
Penso che la buona sorte sia dalla mia parte, perché il proprietario, di cui mi disgusta anche solo il nome, non si trova in casa.
Il mio cucciolo mi accoglie affamato, gli riempo la ciotola di crocchette. Nel cellulare decine di telefonate e messaggi a cui risponderò appena possibile.
Mi spoglio completamente, del completo insozzato di vomito. E con uno slancio mi tuffo nell'acqua fresca e rigenerante della piscina come mamma mi ha fatto. Risalgo in superficie nel momento preciso in cui quel... Quel... Sta orinando sui miei abiti.
-LUCKY!!!.
Addio fortuna...

ROBERTO incasinatamente ioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora