Capitolo 19
Il bacio più ardente che abbia mai ricevuto. La stringo tra le braccia, lei così calda e cedevole. Il suo corpo morbido sotto il mio corpo compatto.
-Rachele non lasciarmi, non andare via da me. Morirei. Senza te non sono altro che mezzo uomo.
Le sussurro all'orecchio.
-Oh Roberto. Ti amo.
Sospira.
-Fare l'amore con te è unico.
Con te. Solo te. Solo tu.
-Ti amo amore mio.-Roberto.
Rimbalzo sul letto impaurito. I miei occhi si fissano a quelli di Rachele che mi guarda raccapricciata. Sono completamente nudo e con un mostruoso "alza bandiera" in bella mostra.
Mi succede solo con lei.
Mi piego a coprirmi. Avrò parlato nel sonno? Dio no ti prego.
-Dormi sempre così?.
Sorrido colpevole.
-Ho paura di sì.
Mette le mani su quei meravigliosi fianchi: battendo un piede, calzato in una scarpa col tacco a spillo, di cui nome mi è sconosciuto, per terra.
-Queste abitudini dovranno cambiare, mio caro.
Spalanco gli occhi.
-Ma fa caldo.
Protesto.
-Non fare il bambino, dobbiamo metterci a lavoro. E per carità vestiti.
Scoppio a ridere come un pazzo.
Mi pizzica un'idea.
Sollevo un sopracciglio mentre ancora lei se ne sta li a fissarmi corrucciata: mi alzo in piedi in tutto il mio splendore.
Sì baby rifatti gli occhi.
Lei spalanca la bocca, inizia ad aprirla e chiuderla come in apnea.
-Roberto.
Urla ancora.
-Sei bello da morire però smettila.
Mi avvicino scrutandola sornione.
Le arrivo a pochi centimetri di distanza.
-Andiamo.
Mormoro allungando una mano nella sua direzione. L'afferro la stringo a me e le do un morso sensuale alle labba.
I suoi occhi schizzano fuori dalle orbite, fa mezzo passo indietro ancora avvinta a me. Sento, a questa distanza ravvicinata, il battito sordo del suo cuore.
In un istante divento mortalmente serio la stringo ancora, poi torno al mio solito sorriso sornione.
-Roberto smettilaaaa.
Ha l'affanno. Scoppio a ridere e la lascio andare.
-Ti prendevo in giro dài.
-Non farlo mai più. Ho avuto un accidenti di paura del diavolo.
-Non lo faccio più giuro.
Mi guarda scettica.
-Sicuro?.
Le lencio un sorriso misterioso e mi avvio nel bagno della camera.
***
-Bene. Da cosa si comincia oggi?.
Stiamo facendo colazione in giardino mentre Cloe e Lucky giocano.
-Farò impostare il trasferimento chiamata su un nuovo numero e ti consegno il telefono.
-E oggi?.
Alzo un sopracciglio, leggermente confuso.
-Oggi cosa tesoro?.
-La scheda andrai a farla tu... Io che faccio?.
-Andremo sul campo insieme
Le si illuminano gli occhi.
-Ti vedrò all'opera!.
Non è una domanda.Non riesco a crederci è un casino. Non ricordavo di aver accettato questa pubblicità.
Rachele ha il viso imporporato e un espressione tesa mentre fissa con gli occhi socchiusi; la scena pietosa che si sta svolgendo con me protagonista: un bacio selvaggio.
È proprio di fronte a me. Le sue labbra tremano leggermente, chiude per un attimo gli occhi poi li riapre.
Sembra che le provochi dolore vedermi baciare un'altra.
Per un attimo l'assurda voglia di stringerla tra le braccia e rassicurarla mi serra la gola: vorrei urlarle che è lei, solo lei, che mi scombussola la vita, solo lei che mi fa fremere dall'interno, solo lei che mi fa sentire uomo nel vero senso della parola.
-Roberto adesso distendetevi forza.
La piego sul letto e lei intreccia le sue gambe alle mie. La guardo un attimo: lunghi capelli biondi, profondi occhi verdi, corpo ossuto e grossi seni siliconati.
Mi pervade il solito senso di disgusto. Sento il mio stomaco ribaltarsi, la nausea mi attanaglia.
-Senti il suo profumo adesso. Mettiti carponi su di lei.
Con la vista periferica vedo Rachele sussultare e il mio cuore si restringe.
È solo una stupida pubblicità per uno stupido profumo, non è reale. Non sono così. Non sono così. Urlo con tutto me stesso dentro di me.
Passo le labbra nella sua gola, scorrendo col naso verso i seni: la modella sotto di me si inarca all'improvviso e sussulta. Mi affonda una mano nei capelli.
-Perfetto ragazzi, abbiamo quello che ci serve.
Mi rimetto gli abiti e mi avvicino a Rachele. I suoi occhi sono velati di quello che sembra tristezza o rammarico.
-Vogliamo andare?.
Mormoro infinitamente imbarazzato.
-Sì sì. Andiamo.
Sussurra.
Mentre sto guidando verso il primo centro telefonico il suo cellulare comincia a squillare.
-Pronto.
Dice tutta allegra.
-Sì. A lavoro... Non so...
Mi volto a guardarla in tralice.
-No. Accetterò.
Piccola pausa di qualche minuto.
Dall'altro capo del telefono: la voce di un uomo si eleva di diverse ottave.
-Fai come ti pare.
"Ti sto avvertendo" urla quella voce.
-Massimo, vattene al diavolo.
Ringhia Rachele bloccando la comunicazione.
Lo stronzo... Avrei voglia di strozzarlo. Mi volto a guardarla: i suoi occhi sono velati di lacrime, le labbra tremano in modo convulso. La voglia di farle delle domande mi attanaglia. Ma l'unica cosa che mi ritrovo a fare è accostare nella corsia d'emergenza e stringerla tra le braccia.
-Oh Roberto.
Ansima, ora, tra i singhiozzi.
-Shhh.
Sibilo. Stringendola più forte.
-Che cosa c'è?.
-Non ho più un posto dove vivere, non so che fare...
-Sta tranquilla tesoro. Tranquilla. Troveremo un modo.
Le bacio dolcemente il sommo della testa aspirando il suo dolce profumo di pesche.
Pian piano i singulti si placano.
Le prendo il viso tra le mani asciugando le lacrime coi pollici.
Sono tentato di baciarla... Più che tentato. Ad un tratto le sue palpebre si fanno pesanti, spinge il mento leggermente in avanti. "Un atto di coraggio... Avanti stupido idiota. Vuoi un invito per iscritto?"
Sfioro le sue labbra con le mie. Il contatto scarica nel mio corpo milioni di elettroni, sento il pene tirare nei pantaloni. Immagini sfocate di cinture mi fanno sussultare, mi sposto come ustionato. Rachele poggia quel suo sguardo dolce e un po' confuso su di me.
Mi prenderei a schiaffi, a testate sul volate, mi farei saltare volentieri per aria; ma che razza di coglione sono?. Intanto il mio amico li sotto mi ha salutato ancora una volta. La paura è un nemico che non sconfiggerò mai...
-Che cosa c'è.
Sussurra con voce arrochita.
Raccontarglielo?.
Mai. No. No. Impossibile. Umiliante, vergognoso, sono meno di zero: dovrei farmi impiantare una una bella insegna al neon con su scritto: statemi alla larga donne non sono buono nemmeno per scopare.
Come posso guardare la dolcissima ragazza che ho di fronte e confessarle che... Che... Sono stato... Che mi hanno... E che a quattordici anni non sono stato in grado di difendermi.
E che la notte tengo le luci accese per paura degli incubi...
Incubi che arrivano anche con le luci accese...
Incubi che mi fanno male, che mi umiliano, che mi rendono l'essere inutile che sono adesso.
Indosso quella maschera di freddezza che porto sempre con me, le lancio uno sguardo annoiato.
-Niente volevo consolarti.
Le rispondo freddamente.
-Ah
Sillaba. Si raddrizza e con lo sguardo corre alla punta delle scarpe.
Non ci scambiamo più parola per il resto del tragitto.
Accosto al primo negozio di telefonia che trovo.
Lo sguardo corre ai cellulari esposti. Due telefonini con lo stesso numero?, telefono fisso?. Un cellulare attira la mia attenzione: tutto rosa con uno schermo touch enorme, e un brillantino in fondo proprio al centro.
Esco dal negozio col mio prezioso fardello tra le mani.
-Per te.
Annuncio con un sorriso porgendole il pacco.
-Devo parlarti.
Sollevo un sopracciglio e annuisco incitandola a proseguire.
-Penso che mi licenzio.
Rimango per un attimino basito cercando nella mente una collocazione per quelle parole.
-Perché?.
Chiedo fintamente distaccato e disinteressato.
Fa spallucce. Per tutta risposta lei... Fa spallucce.
La mia maschera di indifferenza, superiorità e freddezza è al suo posto: non trasmetto nessun emozione. Il problema è all'interno: dentro sto annaspando in un mare senza fondo, riesco solo a vedere acqua, acqua e oscurità, e soprattutto incertezze. Devo togliere la maschera?, le posso chiedere di rimanere con me senza cadere nel ridicolo?.
-Rachele perché vuoi licenziarti?.
-Ho paura.
Bisbiglia senza guardarmi.
-Ti prego, guardami negli occhi.
Mi sento dire con voce non mia. Lei alza lo sguardo su di me i suoi stupendi occhi di nuovo lucidi.
-Tesoro. Non devi avere paura di me. Nemmeno per il tuo futuro.
Adesso mi ascolta fiduciosa.
-Ho una casa enorme. Vivrai lì.
Annuisco convinto della mia brillante idea
-Vivremo lì insieme?.
Sussurra diventando bordeaux.
Le faccio un sorriso sornione.
-Tranquilla bellezza. Sarà, quasi, come se non ci fossi.
E le faccio l'occhiolino.
-Allora?.
Dico allungando la mano a mo d'accordo.
-Che ne pensi?.
-Voglio dividere le spese però.
La guardo raccapricciato. Che proposta assurda!.
Lei allunga la mano quasi a sfiorare la mia.
-O così o niente.
Chiarisce irremovibile.
-Venti e ottanta?.
Mercanteggio.
-Cinquanta e cinquanta.
Faccio un sospiro addolorato molto teatrale e lei sorride.
Le stringo la mano.
-Affare fatto.
Macchè! Non accetterò un centesimo. Ma al momento la voglio a casa con me. Tutta per me.
-AFFARE FATTO.
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ROBERTO incasinatamente io
RomansRoberto è lì sempre sulle "sue", una vita sfrenata(?), meravigliosa(?). Palate e palate di lusso, di belle donne palesemente rifatte. Dichiarato dalla stampa mondiale "l'uomo più bello del mondo" modello di professione, con una prorompente carriera...