Capitolo 2

100 31 89
                                    

Il primo segno che mi fece intuire che quella mattina sarebbe stata diversa dalle altre, fu il mio risveglio. Di solito era la sveglia a riscuotermi dai miei sogni strillando come una vecchia megera: Su, alzati che devi andare a lavoro! Quella mattina, invece, mi svegliai in modo naturale, godendomi per la prima volta, dopo tanto tempo, il dolce chiacchiericcio degli uccellini e il calore dei raggi del sole che filtravano dalla finestra, accarezzandomi il viso.

Aprii gli occhi e mi stiracchiai con il risultato che la mia schiena protestò dolorante per la notte trascorsa. Non ci badai, la mia mente era sgombra da ogni pensiero, sembrava quasi fossi sotto l'effetto di qualche stupefacente potente.

Mi insospettii nel vedere il lampadario sopra la mia testa, decisamente diverso dal design morbido di quello della camera da letto. Ancora irretito dal velo del sonno, frugai tra i mei ricordi. Avevo fatto un sogno strano, questo lo ricordavo, ma cosa avevo sognato?

Come per rispondere alla mia silente domanda, le immagini di quello che era accaduto la notte passata avanzarono con rapidità nella mia mente, facendomi un resoconto: il fastidio diventato dolore, la rabbia collerica, la scellerata decisione di cavarmi un dente con la pinza e il senso di soffocamento che mi stava portando alla morte.

Non c'era che dire, era stato un sogno davvero insolito, ma perché ero finito in bagno?

Avrò camminato nel sonno, pensai bloccando quelle domande che si stavano accavallando nella mia mente.

Ancora frastornato, mi misi in piedi e mi avvicinai allo specchio del bagno, ricambiando lo sguardo del giovane dagli occhi verdi intento a scrutarmi. Sembrava tutto in ordine: vidi le pesanti occhiaie scure sotto gli occhi fare contrasto con il viso pallido estraneo al sole estivo; la matassa vaporosa di capelli riccioluti neri disordinati, la barba scura di tre giorni che ricopriva le guance e il mento e infine, il mezzo busto nudo che mostrava pettorali, purtroppo, poco scolpiti.

«Devo essere impazzito» furono le prime parole che pronunciai quella mattina, grattandomi il mento ispido. Ruotai la manovella dell'acqua fredda del lavello, lasciando scorrere il forte flusso d'acqua che scrosciò sulla ceramica bianca, e ne raccolsi una generosa quantità, tuffandoci dentro il viso più e più volte. L'acqua fresca risvegliò subito i miei sensi e, una volta ruotata la manovella in senso antiorario, tamponai il viso con un asciugamano. Feci mentalmente un passo indietro, pensando ancora alla sequela di avvenimenti della notte passata, fin quando un forte rimbombo mi risuonò nelle orecchie. Ricordai, infatti, del fracasso di vetri infranti che avevo sentito prima di svenire. Mi avvicinai il più possibile allo specchio, studiandolo la superficie perfetta, priva di qualunque tipo di scalfittura.

«Sì» confermai, tirando un sospiro di sollievo «è stato solo un sogno».

Quella considerazione però si sgonfiò subito non appena mi voltai per uscire dal bagno e lo vidi. Non era lo specchio ad essere stato rotto bensì il vetro del box doccia che presentava un grosso buco al centro della parete di vetro temperato, come fosse stato perforato da una cannonata. Non fu neanche quello che mi sconcertò, ad attirare la mia attenzione fu un oggetto lucente che se ne stava tranquillo tra i frammenti irregolari di vetro. Strizzai gli occhi per mettere meglio a fuoco. «Uno scrigno?» bofonchiai, scioccato «ma da dove è saltato fuori?»

Mi avvicinai facendo attenzione a non calpestare i vetri disseminati sul pavimento, e lo raccolsi. Non era pesante, anzi, sembrava quasi che non avesse un peso; unendo i pollici delle mani e sollevando gli indici, si poteva facilmente ricavare la grandezza. Aveva una manifattura elegante, dalle forme arrotondate: la superficie di madreperla lucida era rifinita con decorazioni floreali delicate dalle tonalità scure, infine, leggeri spruzzi verde acqua, ne definivano i contorni. Il coperchio leggermente bombato era fissato alla parte inferiore del corpo tramite una chiusura a forma di conchiglia piatta.

Mnimi-Lo scrigno dei ricordiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora