Inforcammo una stradina stretta e lunga, lasciando il paese; le luci si assopirono alle nostre spalle e il velo della notte calò ancora una volta su di noi. La mantide religiosa apriva la strada, saltellando allegra sulle sue zampette lunghe. Io la seguivo con passo incerto, temendo ancora una volta di capitombolare a terra. La luna ci illuminava con la sua aurea lattea, ma non era sufficiente per permettermi di muovermi con disinvoltura. Afferrai così il puntatore laser e pigia più volte il pulsantino, che vibrò con leggeri click, ma senza accennare neanche un flebile fascio di luce. Esasperato, lo ricaccia in tasca.
Non so per quanto tempo camminammo, ma quando la struttura elegante e tondeggiante di un basso ponticello di legno dalla fattura orientale si materializzò d'incanto davanti a noi, la mantide vibrò euforica.
«Siamo quasi arrivati» mi informò, facendo un grande salto sul passamano del ponte e attraversandolo senza aspettare che la seguissi. Quella frenetica corso sulla superficie di legno, mi ricordò il fruscio di un topo e, solo quando non la udì più quel fastidioso zampettare, la seguii. Non sapevo come aspettarmi al di là di quel ponte che faceva da collegamento a tra l'asfalto della paese e l'ignoto, la scarsa illuminazione lasciava molto spazio all'immaginazione. Camminai a passo deciso, ignorando la forte ansia che mi stava montando addosso, consigliandomi di non andare oltre. Arrivato metà del ponte, sollevai il piede che, una volta appoggiato, si scontrò contro il nulla. La pavimentazione legnosa si smaterializzò davanti ai miei occhi, insieme ai contorni legnosi del ponte, facendomi scivolare nel vuoto. Sentii in lontananza gli acuti strilli della mantide urlarmi qualcosa, ma non capii le sue parole. La mia caduta in poco tempo divenne fulminea, la gravità mi arpionò l'ombelico trascinandomi come fossi un macigno, la braccia ci si spalancarono dolorosamente verso l'alto, la maglietta si gonfiò di aria. Tentati perfino di urlare, ma la voce non voleva saperne di uscire. Fu con un fragore sordo che arrivai a infrangere uno specchio d'acqua gelida e un sapore salmastro mi inondò la narici, facendomi bruciare la gola. Ancora stordito dalla forte botta, nuotai alla cieca per risalire verso la superficie, ma la mia testa cozzò contro qualcosa di duro, sembrava un tronco, che mi rispinse sotto. A tentoni, spostai quella forza coriacea che per fortuna rispose positivamente alle mie spinte, riuscendo a tirar fuori la testa e prendere respiro. Lanciai un occhio sulla superficie trasparente, scorgendo quella cosa che mi aveva colpito, trascinata ora dalla lieve corrente. Sembrano vestiti galleggianti e, solo dopo aver stretto gli occhi e ed essermi abituato al buio, che capii che quegli indumenti ospitavano un corpo, riverso a faccia in giù.
«Ehi ehi, da questa parte» strillò la mantide con la sua vocina sgraziata. Ancora sotto shock per il forte impatto con l'acqua e, per la vista di quel cadavere, la vidi su una zolla di terra galleggiante, che saltellava muovendo spasmodicamente le tenaglie. I suoi occhietti vispi riflessati della luna, brillavano di una strana luce inquietante. Con poche bracciate, arrivai su quel fazzoletto di terra e, una volta issatomi, il mio sguardo si lasciò irretire da quell'isolotto.
«Che posto è questo?» domandai incantato. Nella quiete di quella notte stellata, un mare rosso cremisi di fiori dall'aspetto austero si estendevano per diversi ettari. I raggi argenti della luna bagnavano i petali sottili come spilli che si ergevano dal lungo gambo, inarcandosi indietro in una contorsione elegante.
«Questa è la terra dove coloro son sospesi» rispose la mantide, facendo un balzo su un petalo rosso, che traballò sotto il suo peso esiguo.
«Che vuol dire?»
«Vuol dire che qui prenderemo la vita che ti serve» tagliò corto, senza perdersi in spiegazioni. Un fastidio, che già avevo provato in passato, si ripresentò a quella risposta lapidaria, ricordandomi il parapsicologo e le bugie che mi aveva detto, dietro quel perenne velo di mistero.
Non potendo più tollerare quel comportamento omertoso, insistetti nelle mie domande senza celare il fastidio per quella risposta.
«E che cosa facciamo qui?» tuonai.
«Ma è logico» rispose la mantide, per nulla turbata dal mio tono aggressivo «se la vita ti è stata tolta, allora dobbiamo prendere un'altra vita. Guarda lassù» mi disse la mantide portando la zampetta verso il cielo. La mandibola si spalancò dallo stupore ma non emisi un fiato, incredulo osservavo sopra di me una moltitudine di piedi penduli, braccia sospinte dalla brezza della notte, teste che ricadevano di lato in modo innaturale e sguardi vuoti che osservavano il nulla. Quel cielo nero d'inchiostro era invaso da una marea umana di corpi svotati dell'anima.
«S-sono morti?» balbettai.
«Ancora no, qui viene chi sta per varcare la soglia tra la vita e la morte».
«E che dovremo fare?»
«È semplice, guarda».
La mantide religiosa si portò le zampette sui lati della bocca e, come volesse imitare un megafono, trillò con la sua vocetta acuta.
«Ehi lassù, mi sentite? Sono qui per riscuotere una vita da uno di voi, che di vita non ne vuole più sapere. Il mio amico qui è morto, e sarebbe cosa gradita se voleste concedergli la vostra».
Tra quei corpi inermi nessuno si mosse, nessuno fiatò. Un'immensa inquietudine mi pervase. La mantide religiosa non sembrò arrendersi a quel silenzio di rassegnazione e proseguì.
«Su, dai! Non siate avari. Perché sprecare qualcosa che avete? Questo ragazzo è stato ingiustamente strappato alla vita, concedetegli la vostra invece che impacchettarla e metterla sottoterra».
A quelle ultime considerazioni, in quel silenzio di rassegnazione si sollevò alto un forte lamento carico di dolore e pianto che mi fece accapponare la pelle.
«Eccolo, forse lo abbiamo trovato!» mi informò la mantide felice.
Cercai di scorgere con lo sguardo, tra quei corpi sospesi, chi avesse parlato. Era un uomo o una donna? Un giovane o un vecchio? Quei pensieri sembrarono non passare per nulla nella mente dell'esserino, che proseguì scrutando il cielo.
«Vuoi concederci la tua vita?» domandò senza celare la nota di urgenza che le incrinava la voce. Di nuovo quel mugugno divenne più forte, ma non capii se fosse un segno di assenso o meno.
«È fatta strillò l'esserino, ci siamo riusciti. Tornerai in vita». Esultò, saltellando come un'ossessa sul petalo ricurvo che si spezzò cadendo in quel mare rosso sangue. Il cuore mi batté all'impazzata. Solo in quel momento, realizzai che finalmente avrei avuto la mia vita indietro.
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Mnimi-Lo scrigno dei ricordi
FantasiE se dovessi scoprire di aver dimenticato il tuo passato? Cosa accadrebbe? Lo sa bene Cariol Lioy, un uomo qualunque, che un giorno si estrae uno scrigno dalla bocca, dando così inizio ad un'avventura fantastica senza precedenti. In un mondo magico...